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In Viaggio Verso

“Vado in Spagna” – Capitolo 5, di Claudio Misani

25 Maggio 2018

“Vado in Spagna” – Capitolo 5, di Claudio Misani

Nel corso di questi anni ho sempre dato spazio alle esperienze di amici e colleghi che sono emigrati all’estero in cerca di fortuna o, più semplicemente, di riconoscimenti personali che nel nostro paese faticano a raggiungere.

Oggi è il turno del collega Claudio Misani che, in questa rubrica, ci racconterà della sua avventura in Spagna.

In questo e nel prossimo capitolo parlerò di una intervista che ho avuto la possibilità (e l’onore) di fare ad un preparatore fisico spagnolo, Albert Altarriba Bartés.

Dopo aver terminato gli studi (numerosi e notevoli) Albert entra nel Barcellona (dove precedentemente aveva svolto il tirocinio), più precisamente con la seconda squadra del Barca come “readaptador”, per poi diventare responsabile dell’area di prevenzione delle lesioni e della forza, in cui rimane per quasi 7 anni, fino al 2013. Dal 2013 al 2015 è stato il preparatore fisico della prima squadra dei New York Red Bulls, mentre questa stagione ha ricoperto il ruolo di preparatore fisico del Birmingham City in Inghilterra.

Inoltre è anche professore all’università di Vic e responsabile dello sviluppo dell’area di preparazione fisica della metodologia MBP.

Avendo lavorato per molti anni nel Barcellona la sua visione di “Preparazione fisica” è fortemente influenzata dalla metodologia Barca e in particolare dal pensiero di Paco Seiru-lo.

Dopo questa breve premessa per cercare di inquadrare la figura professionale e le esperienze di Albert, vi lascio con la sua intervista che spero possa essere spunto di riflessioni per qualcuno.

D: Parliamo della filosofia Barca…

R: La filosofia del Barca è una filosofia particolare e peculiare, che ha avuto bisogno di tempo per potersi consolidare. Iniziò ad essere disegnata da Johan Cruijff che non ottenne però i risultati immediati anche se in parte qualcosa già si intravedeva già. Infatti, la sua esplosione definitiva avvenne  qualche anno dopo perché richiedeva tempo e soprattutto pazienza, quello che oggi manca a tutti noi. Noi siamo quelli che vogliono avere tutto subito, senza avere la pazienza di aspettare per vedere i risultati nel lungo termine.

Questo tipo di filosofia non si può applicare in qualsiasi squadra, perché bisogna tenere in considerazione una serie di caratteristiche come il paese del club, la cultura del club, allenatori che capiscano come allenare, giocatori con determinate caratteristiche e tutto ciò richiede mezzi economici e organizzativi importanti.

D: Avendo allenato giocatori provenienti dalla cantera nel Barca B quali sono le differenze tra coloro che poi arriveranno a giocare nella massima Liga o quelli che si fermano nella Segunda o Segunda B?

Come sappiamo il calcio è uno sport complesso e non c’è una sola motivazione, non c’è una ricetta da seguire che ti assicura di arrivare alla vittoria. Ci sono giocatori che li vedi nelle categorie giovanili e pensi che “arriveranno sicuramente” ma poi, per mille motivi, non arrivano. Altri invece, come Busquets ad esempio, titolare nella sua categoria senza mai essere convocato nelle nazionali giovanili, grazie anche alla fiducia riposta da Guardiola, è un punto fermo del centrocampo Blaugrana e della nazionale Spagnola.

Non c’è un’unica ragione per cui un giocatore “non arriva“, potrebbe anche essere che l’allenatore in quel momento ha bisogno di un giocatore con un profilo differente, oppure anche per motivazioni non proprie del gioco, come a livello mentale, di relazione con i compagni. Tutto ciò influisce.

D: Qual è la grande differenza tra il Barca e le altre società Spagnole?

Al Barca non improvvisano nulla, sanno il perché fanno le cose, la chiave non è fare “cose dell’altro mondo”. Al giorno d’oggi tutti fanno le stesse esercitazioni: rondos, giochi di posizione, possessi palla, ecc.. A volte la gente può cambiare il nome di un’esercitazione ma in definitiva i concetti sono gli stessi.

La grande differenza sta nel perché si fanno certe proposte e nella pianificazione, non tanto nella prima squadra (che alla fine giocando ogni 3 giorni deve solo recuperare la forma per la partita successiva), ma quanto nelle categorie giovanili, che è realmente quello che differenzia il Barca dalle altre “cantere”.

Alcuni cercano di replicare questo modello ma farlo senza conoscere il perché lo si fa fin dalla base diventa molto difficile.

D: Qual è stato il fattore che ha influenzato e modificato il calcio spagnolo in questi ultimi 10-12 anni?

L’effetto Guardiola ha inciso molto. Col suo passaggio in Germania abbiamo visto come abbia influenzato il calcio Tedesco, sia nel Bayern che nella selezione Campione del mondo. In Inghilterra, dopo una prima stagione “difficile”, la gente lo criticava ma come abbiamo detto poco fa, non c’è la pazienza di aspettare, le società e i tifosi vogliono tutto e subito. Questo non solo nel calcio ma anche nella vita quotidiana. Il calcio invece è pazienza. Alla fine Guardiola applica la sua metodologia, che non è né migliore né peggiore di altre però risulta efficace e soprattutto ci crede fortemente.

Nella nazionale Spagnola una delle chiavi è stata questa. Del Bosque, selezionatore della nazionale molto intelligente, vedendo che aveva una base molto forte già fatta di giocatori che venivano dallo stesso club, il Barca, (Puyol, Piqué, Busquets, Xavi, Iniesta, Fabregas, Villa) si è preoccupato solo di migliorarla e potenziarla inserendo i vari Xabi Alonso, Fernando Torres, Ramos, Capdevilla etc…

Oltre a questo c’è stato un miglioramento delle strutture di allenamento che prevedono campi in erba sintetica per tutti e ciò ha naturalmente comportato una maggior qualità negli allenamenti e nelle partite.

Non c’è una chiave che assicura il successo. Come abbiamo più volte visto, nel corso degli anni si è vinto un Mondiale o un Europeo con differenti filosofie. Il punto principale sta nel fatto di credere in quello che si fa e soprattutto sapere il perché lo si fa, anche perché il calcio non è una scienza esatta come la matematica in cui 2+2 fa 4. Ci sono molte strade per arrivare al successo.

D: In Spagna si parla molto di Microcilo Strutturato, di che cosa si tratta?

Il Microciclo Strutturato nasce con Paco Seiru-lo che iniziò a lavorare nel Barca all’epoca di Cruijff, il quale essendo una persona molto intelligente sapeva circondarsi dei migliori. Seiru-lo all’epoca era il preparatore fisico della squadra di pallamano del Barcellona e fu allora che iniziò ad avere contatti con lo stesso Cruijff. Proprio Paco sviluppò in seguito tutta la metodologia, diventando il preparatore fisico della squadra di calcio del Barcellona.

Non è qualcosa di complicato ma ha la sua logica soprattutto in quegli anni in cui si allenavano ancora gli sport di squadra come sport individuali, in cui si prendeva il giocatore durante il pre-campionato e lo si portava a correre in montagna per “caricare le pile”, pensando che il solo pre-campionato fosse sufficiente per tutta la stagione, togliendo il giocatore da quello che è il suo “habitat” naturale ovvero il campo da calcio.

Paco disse qualcosa di molto semplice, ossia, che si stavano allenando calciatori come atleti e questo non aveva nessuna logica, noi dobbiamo allenare i giocatori come calciatori perché gli sport collettivi hanno caratteristiche completamente differenti dagli sport individuali, in cui ci sono 1-2 competizioni all’anno e devi arrivare in forma per quella determinata gara. Nel calcio devi competere ogni settimana, quindi prese il modello tradizionale dell’allenamento e lo riadattò e sviluppò in maniera che fosse utile per il calcio.

La pianificazione che prima era annuale, o comunque a lungo termine, venne ridotta ad una settimana, da qui la parola microciclo. Secondo Paco bisogna pianificare di settimana in settimana, non due o tre perché nel calcio le cose possono cambiare molto velocemente e per questo motivo è meglio concentrarsi solo sulla partita successiva (si sta parlando di prime squadre e non di settori giovanili).

Continua…

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