“Tactical Board”: la fase difensiva del tecnico boemo
“Da piccolo a Praga mi dissero ‘prendi quella posizione’ e mai ‘prendi quell’uomo”.
Di Zdenek Zeman si è scritto tutto. Soprattutto, dal punto di vista tattico si sono spesso analizzate le sue squadre, cercando di sviscerare le linee guida del suo 4-3-3 in fase offensiva (anche se in realtà un’opera completa che lo analizzi non è stata ad oggi pubblicata).
Molto meno, per non dire nulla, si è detto della sua fase difensiva. Si sono sì sottolineate i limiti delle squadre del boemo in non possesso palla, rimarcando il numero di gol da queste subiti (spesso le compagini allenate da Zeman sono risultate essere fra le peggiori difese dei vari tornei). Nessuno si è mai soffermato sull’analisi tattica dei principi di questa fase difensiva, quasi che fosse qualcosa di utopistico (nel senso etimologico del termine, vale a dire non esistente), di non allenato. Di conseguenza, non si è quindi nemmeno posto il problema della discussione sul rapporto fra questi principi e la loro applicazione da parte delle squadre di Zeman.
In questo contributo, cercheremo invece di analizzare proprio l’aspetto difensivo delle compagini allenate dal tecnico di Praga, andando ad analizzarne le linee guida.
Tanto per cominciare occorre sottolineare come, a fronte di una ricerca meno esasperata della trappola del fuorigioco manifestata negli ultimi anni, la fase difensiva di Zeman (così come quella offensiva) è rimasta pressoché inalterata dai tempi di Foggia.
In generale, il concetto che sottintende il non possesso dell’allenatore ceco è quello di una fase difensiva di tipo globale. Con questo termine si intende come la squadra venga allenata interamente alle situazioni difensive. Questo significa anche che, se si effettua un lavoro analitico ad inizio ritiro, la linea arretrata non viene esercitata in maniera a sé stante ma insieme agli altri due reparti.
Così, anche se il gioco di Zeman è stato sempre definito un calcio per schemi, quest’affermazione risulta vera soltanto per la fase offensiva mentre, per quella di non possesso, la metodologia è più situazionale.
Nel calcio di Zeman il principio non è difendere la palla, ma attaccare la palla. In questo senso i difensori, specie i centrali, sono i primi depositari del principio base del suo calcio: chiudere gli spazi agli avversari stando alti, applicando sistematicamente il fuorigioco ed assumendo come linea guida, in prima battuta, il posizionamento proprio della sfera.
In questo senso, la fase difensiva del boemo può essere definita (con un termine contemporaneo) proattiva, cioè volta a dettare il contesto tattico. La squadra deve quindi essere protagonista anche in non possesso.
Elementi chiave di questa fase difensiva sono la linea alta e il portiere-libero. Per quanto riguarda la prima, la retroguardia deve accompagnare la pressione di attaccanti e centrocampisti accorciando in avanti; mentre i difensori non fanno che proseguire il lavoro già iniziato dagli altri due reparti. Questo sia a livello di linea che di singoli, con centrali e terzini pronti a rompere la linea per uscire in avanti in pressione.
Per questo le difese del tecnico di Praga andrebbero valutate guardando al lavoro complessivo dell’intera squadra in fase difensiva e non soltanto a quello che succede negli ultimi sedici metri di campo.
A proposito invece delle funzioni del portiere, Zeman ha sempre voluto no.1 come Franco Mancini o Michael Konsel (per citare i nomi forse più noti), vale a dire elementi in grado di uscire molti metri fuori dell’area di rigore per giocare da ultimo difensore alle spalle di una linea che, come detto, ha molto campo da difendere alle spalle.
Al giorno d’oggi vedere all’opera degli sweeper-keeper come Neuer o ter Stegen non è una novità. Tuttavia, si deve tener presente che questo tipo di approccio è stato utilizzato dal boemo fin dai primi anni ’90, quando era certamente inusuale vedere i portieri operare così lontano dai pali della porta.
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