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“FootSofia”: Rottura di simmetrie

26 Marzo 2020

“FootSofia”: Rottura di Simmetrie

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Comunque si sia formato questo cosmo, o chiunque lo abbia creato, vi è in esso una affascinante bellezza che ravvisiamo nella regolarità delle sue forme.

Da sempre molti pensatori hanno indagato questa recondita geometria universale. Negli intrecci tra arte, natura e universo le forme strutturali di esseri viventi e non viventi si ripetono, secondo un disegno misterioso.

Così il Demiurgo di Platone, ad esempio, crea l`universo come una melodica sinfonia di elementi, utilizzando il cubo (Terra), l’icosaedro (Acqua), il tetraedro (Fuoco), l’ottaedro (Aria), il dodecaedro (il Quinto Elemento, la decorazione dell`Universo).  Questi poliedri o SOLIDI PLATONICI, con la loro perfetta simmetria, sono l’intelaiatura e la bellezza del cosmo che conosciamo.

Thomas Browne, medico e filosofo inglese del 1600, vede nel QUINCONCE (cinque punti messi a X, come sulla faccia del dado) la geometria di Dio, ravvisabile nelle strutture cristalline, nel girasole, nelle stelle marine, nelle vertebre dei mammiferi, nelle piramidi d’Egitto, nelle file di piantine in agricoltura, nel gioco della dama ecc…insomma un po’ovunque.

Anche noi tendiamo a vedere strutture regolari nei modelli con cui interpretiamo la realtà del gioco. Nei Moduli, ad esempio, che interpretiamo come intelaiatura geometrica della squadra. E con un po’di fantasia, potremmo vedere i prodromi del calcio liquido nel 3-4-3 dell’Ajax, a icosaedro (elemento acquatico non caso).

La tetraktýs o tetrattide, simbolo mitico della scuola pitagorica che rappresentava l’armonia del tutto, nel modulo ad “albero di natale” del Milan di Ancelotti.

Ma anche nei Principi di Gioco e persino nelle esercitazioni d’allenamento con cui li vogliamo perseguire e portare avanti; potremmo vedere la quinconce, in questo senso, come struttura nevralgica e portante nei principi della fase di costruzione del gioco, o nei Rondos.

Questo passaggio tra Principi di Gioco ed Esercitazioni che li riprendono, rimanda peraltro alla “dimensione frattale” del Modello di Gioco. I frattali sono forme con motivi simili a differenti scale di misura: se si zooma una qualunque parte dell’intero si ottiene una figura simile all’originale (omotetia interna). Osservando un cavolfiore romano ci renderemmo benissimo conto di cosa significhi questo (o potremmo ingrandire al microscopio rami di alberi e fiocchi di neve, rimarremmo affascinati dalla armonia frattale tra le scale del piccolo e del grande). I frattali sono matematicamente un passo in avanti rispetto alla geometria euclidea: la complessità della realtà col cavolo (ops!) che si lascia ridurre a forme perfettamente regolari come coni, sfere, cerchi ecc, ma a strutture ben più complesse… I frattali naturali sono molto più imprecisi, approssimativi di quelli prodotti artificialmente, o di strutture perfettamente simmetriche e regolari. I motivi, per esempio del nostro cavolo romano, sono simili, ma non esattamente gli stessi alle differenti scale, le forme più irregolari.

Questo si traduce in una dimensione matematica superiore (sembra peraltro che questa imprecisione catturi molto di più l’attenzione, essendo il cervello maggiormente affascinato da questa dimensione frattale più elevata): immaginiamo di essere ad un incrocio di quattro strade senza nessuna auto, una calma regolarità. Poi inizia a scorrere il traffico e ci sembra di essere in mezzo ad un gran caos. Ma se potessimo salire su un edificio e osservare l’incrocio dall’altro potremmo scoprire quello che sembra, in un caos complesso, delle regolarità di ordine superiore.

Ora, se il calcio è un sistema complesso, potremmo immaginare che anch’esso sia dotato di una sorta di omotetia interna. Le parti (i suoi sottosistemi) assomigliano al tutto (al sistema); cosi il modello di gioco dovrebbe provare in parte a rappresentare ciò che avviene in partita, una organizzazione frattale del gioco.

Al contempo la metodologia di allenamento e le esercitazioni “rispecchiano” in modo frattale il modello di gioco: in termini molto pratici, i Rondos sul quinconce, ad esempio, riproducono in allenamento un modello di costruzione del gioco dal basso (per esempio a due difensori, due centrocampisti-o due terzini- e un play interno) che rispecchia una organizzazione che vogliamo dare alla gara.

Ad ogni livello (su ogni scala) vogliamo riprodurre ciò che avviene in contesto di gioco, ecco cosa significa avere un modello.

Il problema è che trattiamo la COMPLESSITÀ del gioco in maniera troppo geometrica. Come la geometria euclidea è una “artificializzazione” semplificata della realtà che non riproduce i frattali che troviamo in natura, così un modello di gioco “troppo geometricamente euclideo” non può rendere conto della complessità che accade nel gioco stesso e che è soggetta a continue ROTTURE DI SIMMETRIA.

Per esempio, nell’interazione tra dei giocatori che partono disposti diciamo a rombo (ad esempio nei Rondos o in costruzione di gioco con il portiere, i due centrali che si allargano e il play), la forza del primo passaggio, il posizionamento dell’avversario/i, le condizioni diverse del terreno di gioco, lo stato emotivo dei giocatori ecc., determinano subitaneamente una rottura della simmetria iniziale: qualsiasi struttura regolare si dissolve immediatamente nella non-linearità.

Ecco perché al posto di una geometria spaziale sarebbe più opportuno ed evoluto parlare di una GEOMETRIA RELAZIONALE (per esempio tra i cinque componenti del quinconce), in cui è la relazione tra i giocatori a determinare l’occupazione dello spazio (e non viceversa).

Eppure i nostri modelli e le nostre esercitazioni continuano a ricercare quella regolarità euclidea, rimanendo astratti: rombi, quinconce, pentagoni, esagoni ecc., interpretati spazialmente, moduli geometrici, Rondos poligonali, sequenze mono-corda, principi come algoritmi di sè.

I cinesini perfettamente disposti, le ripetitività che cercano la standardizzazione, il punto di partenza e di approdo (di un esercizio) che rimane lo stesso, la sincronicità nella partenza di un esercizio, il pallone che parte da un solo e medesimo punto, canalizzazione unidirezionale di obiettivi, disegni con linee e righelli.

Se vogliamo un calcio meno “artifcializzato e più vicino al naturale dovremmo destrutturare e de-geometrizzare modelli ed esercitazioni, inserendovi elementi caotici (pluri-partenze, secondo e terzo pallone, biforcazioni pluridirezionali, asincronismi, geometrie irregolari…).

Se vogliamo inseguire la complessità dovremmo lasciar perdere le simmetrie e gli incroci regolari, cercarne la rottura, lasciare andare il traffico sulla strada e alzarci di un livello: in questo senso, le TRANSIZIONI, rompendo simmetrie (producendo traffico irregolare) rappresentano un livello d’ordine più elevato (o recondito) delle fasi di possesso e non possesso: sono le situazioni con le transizioni e repentini cambi di situazione a gestire la complessità meglio dei Rondos, dei Possessi, o dei Giochi di Posizione.

L’affascinante bellezza della regolarità delle forme che cosi tanto ci attira, non è data da qualcosa che rimane sempre com’è, ma da ciò che fluisce, muta, transita, cambia di livello, di scala.

Trovando in questo cambiamento la sua armonia.

«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».

 

Credit Immagine: https://starealtempopresente.it

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