“FootSofia”: Il Corpo e lo Spazio di Gioco
Credo che uno sguardo ai fenomeni complessi del gioco non possa prescindere da un punto di vista fenomenologico sulla corporeità, al senso che essa esprime.
La rappresentazione di corpi in movimento su un piano bidimensionale (pedine sulla lavagna o su un foglio da disegno) è ovviamente astratta. Ma lo è doppiamente, rispetto a quello che si può pensare. Perché la rappresentazione può rimandare ad una concezione puramente posizionale (o cosale) del corpo, anch’essa astratta e deviante. Essa infatti “astrae”, cioè estrae, tira fuori il corpo dal suo ambiente, rifiutandone i legami e le interconnessioni. In che senso?
Possiamo intendere il corpo come cosa (körper) scissa dell’anima razionale (cogito), una cosa tra le altre cose; oppure possiamo intenderlo come corpo-vivente (Leib), il nostro essere originario nell’unità mente-corpo che si rapporta al mondo. Solo in questo secondo senso il corpo viene ad essere l’increspatura, la fluttuazione prima del sistema, lo scambio originario di Informazione ed Entropia con l’ambiente, la situazione che lo circonda.
Merleau-Ponty scrive che lo schema corporeo deve essere considerato in questo secondo senso, in maniera flessibile e dinamica, perché la spazialità del corpo “non è, come quella degli altri oggetti esterni o come quella delle sensazioni spaziali, una SPAZIALITÀ DI POSIZIONE, ma una SPAZIALITÀ DI SITUAZIONE”.
Una spazialità di posizione è astratta perché prescinde dai legami “situazionali” in cui il corpo interagisce con ciò che lo circonda su molteplici dimensioni: di distanza relazionale, di relazione affettiva, di potenzialità di azione, di tempo di azione, di linguaggio ecc. Il corpo in questo senso non è mai “nella posizione”, ma è sempre presso altro, nelle possibilità di interazione con ciò che lo circonda. Solo nella interazione della situazione in cui il corpo è immerso emerge una posizione, non viceversa.
Da questo modo di vedere si desume una cosa molto importante: non sono le posizioni dei corpi in campo (ruoli) che determinano dei comportamenti, ma sono i comportamenti dei corpi in situazione che fanno emergere dei ruoli.
Quando alleniamo solo “per posizioni”, quando alleniamo preoccupandoci del “singolo corpo” slegato delle interazioni presenti nelle situazioni, stiamo astraendo dal gioco, stiamo trattando i corpi come mere cose.
E quando in gioco si considerano concetti come volume del corpo del giocatore o densità di di giocatori, essi non vanno trattati in maniera “posizionale”. Il volume è, al contrario, “dove-posso-arrivare” con l’ azione, e la densità dei giocatori deve tenere conto degli spazi vuoti, è apparente e mai assoluta.
Questo ha una implicazione molto importante. Il corpo concretamente considerato (non in astratto), il CORPO in SITUAZIONE, interagisce sempre con qualcosa come un NON-SPAZIO (il vuoto della densità, il contorno del volume posizionalmente considerato). Questi non-spazi possono rappresentare delle barriere molto reali, zone dove si annida il freno della paura. La paura di attraversare: attraversare la densità con un passaggio filtrante, il volume con un dribbling per esempio. Ma sono anche quei non-luoghi dove avviene concretamente la possibilità d’azione, il miglioramento, l’agire oltre.
Prendiamo ora le scelte riflesse di gioco, quelle immediate (che secondo Libet avvengono all’ombra della consapevolezza). Esse non sono mai cieche. Non sono mai pienamente “oggettive”, ma nemmeno completamente padroneggiate dal soggetto.
Scrive Merleau Ponty: “??? ????? ???????? ??? ???? ??? ???????? ????ℎ?, ?? ?? ???????? ?? ?? “?????” ????? ??????????, ????????? ????? ?? ?????? ???????????? ????? ?? “???????? ?? ?????????????”, ?????? ?’?????? ????’???????? ?????????? ?? ?? ???”.
Le scelte di gioco non sono dettate solo dagli stimoli parziali e contestuali che cambiano di volta in volta: esse sono fatte valere ed esistere per l’organismo, per il corpo; esse si adeguano al senso del ?????-??-??????????.
E’ il corpo vivente che investe gli stimoli parziali e discreti di senso che non hanno come agenti fisici, ma che hanno solo in quanto situazione.
“?? ???????? (?? ?????? ?? ???? ?? ????? ?? ??? ??????????) ? ?? ?????????? (?? ?????? ??? ???? ??????????????? ?? ??????? ?? ?????????? ?? ?́ ??? ?????????? ??? ?????? ?????? ??????) ???? ??? ????????̀ ?? ??? ?????? ????????????, ?? ????? ?́ ???̀ ?ℎ? ?ℎ??????? ?’?????? ?? ?????”.
La percezione e l’atto di risposta che determina una scelta non sono pura passività, nemmeno attività volontaria, ma una “?????? ???-?????????” che esprime il senso del corpo che si esprime nel gioco. Le scelte di gioco non sono cioè oggetti di conoscenza, cose, ma scambi di corpo e mondo. Di esse non possiamo avere conoscenza, ma possiamo interagire con il loro senso.
Alias: non ci sono scelte giuste, ci sono scelte che hanno senso per me, per te, per noi…
Le scelte di gioco non sono atti volontari di coscienza, nemmeno una somma di riflessi dell’ambiente, sono una “veduta pre-oggettiva”, “??? ????? ??????? ????? ?????????? ?? ?????????”, del corpo vivente, del corpo-in-gioco che interagisce col mondo.
Questo spazio non oggettivo e non soggettivo è uno spazio fenomenologico, è uno spazio di interazione. Uno spazio di scambio tra il corpo vivente e l’ambiente di gioco.
Complessità nella complessità, rumore nel rumore. A volte, risonanza sublime.
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