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FootSofia

“FootSofia”: In un tempo di gioco

30 Aprile 2020

“FootSofia”: In un Tempo di Gioco – Scelte, consapevolezza, illusioni

– Alice: Per quanto tempo è per sempre?
– Bianconiglio: A volte, solo un secondo.

Lo Sport è parente stretto del Tempo, da sempre. Da quando i Greci misuravano il loro tempo sul tempo delle Olimpiadi (“il tal dei tali è nato al tempo della trentasettesima Olimpiade”, “il tale evento è avvenuto a tempo della cinquantaseiesima Olimpiade” ecc.). Kronos e Kairos, il tempo cronometrico, quantitativo, misurabile e il tempo propizio, qualitativo, il momento opportuno sono figli di quella cultura. Che sia il tempo che scorre, quello da battere o da fermare, oppure il momento  giusto di compiere un’azione decisiva, è sul tempo che si giocano i destini delle vite sportive: pizzicando cordoli e tagliando curve per raccogliere millesimi come pepite, slanciando corpi oltre il loro limite per frantumare i frammenti di un secondo, reagendo di istinto come un fremito. Decidendo in un attimo. Minuscoli grani di tempo che sono decisivi e segnano la differenza tra un esito e un altro, spesso tra la vittoria e la sconfitta (a volte, tra vivere e morire, come i centimetri di un celebre discorso di Al Pacino sul Football).

Anche nel gioco del Calcio il tempo è un elemento fondamentale. Il tempo delle interazioni tra calciatori, che chiamiamo Timing, è decisivo nelle scelte di gioco. “Adesso!” E’ l’attimo giusto di passare la palla, di smarcarsi, di calciare in porta. Il timing è un fatto di centesimi e di intuiti, di cronologia e di momenti opportuni, kronos e kairos. Ma cosa accade dentro un tempo di gioco? Addentrarvisi è un po’ come cadere nella tana del Bianconiglio. Rovesciamenti, paradossi, rimbalzi prospettici, giochi di inganni e riflessi, rimandi misteriosi.

Alessio passa la palla a Luca, tra loro c’è una distanza di 9 metri. Se il passaggio viaggia a 25 km/h (6,9 m/s) il pallone impiega qualcosa più di un secondo (1,3) per trasferirsi da un compagno all’altro (non è proprio cosi perché la velocità non è costante, Luca può accorciare lo spazio andando incontro alla palla, ci sono interferenze, del terreno, ecc.). Quello che conta però per noi è che in quel secondo circa Luca deve effettuare una scelta: eseguire, ad esempio, un controllo orientato ad aprire e andare in un’altra direzione oppure chiudere il controllo e proteggere palla?

Un particolare studio sperimentale di Benjamin Libet dimostra che la consapevolezza di Luca arriva in ritardo rispetto alla sua risposta motoria. Se il pallone parte al tempo zero T0, Luca diventa consapevole di quello stimolo circa 500 millisecondi dopo (mezzo secondo dopo). Ma soprattutto la sua risposta motoria è iniziata ad avvenire prima della consapevolezza: il suo cervello ha visto, percepito, il pallone partire 50 millisecondi dopo e ha iniziato a “istruire” la risposta del corpo – la preparazione a ricevere il passaggio – 100/200 millisecondi dopo che il pallone è partito. La sua risposta comportamentale e motoria inizia ad avvenire cioè in modo inconscio, prima che Luca ne sia consapevole. Il pallone si sta avvicinando e Luca riconosce la direzione, la traiettoria, la situazione che coinvolge compagni ed avversari, in modo inconsapevole. E decide come rispondere in modo altrettanto inconsapevole, almeno all’inizio.

Dopo mezzo secondo il cervello di Luca inizia a produrre la consapevolezza di quello che sta avvenendo. Luca può decidere cosa fare, modificare consapevolmente la sua risposta motoria, cambiare idea, ma questo richiede ulteriore prezioso tempo: tra la valutazione cosciente della situazione, l’intenzione di agire consapevolmente (per esempio per cambiare decisione) e l’azione effettiva (mettere in moto una diversa postura del corpo) passano almeno inesorabilmente altri millisecondi. [Tra l’intenzione volontaria di agire e l’azione ne passano almeno 200; Libet dimostra però che anche in questo caso il cervello si era già attivato prima dell’intenzione volontaria di agire, come se sapesse in anticipo dell’intenzione di Luca. Questo ha implicazioni sconvolgenti: siamo davvero soggetti capaci di scegliere “liberamente”, dotati di libero arbitrio? Meglio non scendere più giù nella tana del Bianconiglio].

Insomma, tra il tempo “al buio” incosciente e quello della consapevolezza “in chiaro” di dover fare una scelta efficace, la palla ormai sta arrivando e nel frattempo anche la situazione relativa a traiettoria, compagni e avversari può mutare dinamicamente. Il tempo si è sbriciolato rapidamente sotto ai piedi di Luca, che ha dovuto intanto scegliere.

  • 1. La scelta (la decisione) sarà influenzata dal riconoscimento della situazione.

Non può esserci (almeno per la maggior parte delle azioni di gioco) il giocatore pensante. Ci sono scelte, decisioni da prendere (giocatore scegliente?). Che sono per lo più al buio, inconsce. Moltissime attività e scelte di gioco avvengono senza l’intervento della nostra coscienza. Luca sceglie inconsciamente  cosa fare, in modo automatico diremmo, se nel suo bagaglio motorio è già presente quel tipo di risposta. Se cioè è in grado di riconoscere quella situazione di gioco. Allora il riconoscimento produce una risposta immediata, automatica. Se invece Luca non riconosce quella situazione, allora la sua risposta deve essere “mediata” dalla consapevolezza. Questo significa più tempo e più energie, probabilmente minor qualità. Quelle energie e quel tempo che invece potrebbero essere impiegati per la lettura contestuale di altre variabili di gioco (circostanziali) che influenzano l’efficacia della scelta stessa.

Ecco perché è importante che l’allenamento ricrei le situazioni e le condizioni contestuali per produrre delle scelte efficaci e flessibili (adattabili al contesto, che in gara è sempre diverso). Usando le impressioni passate, la memoria, il cervello crea delle mappe  per gettare un ponte al futuro: calcola rapidamente dove arriverà il passaggio di Alessio e quale è la scelta più efficace in quella configurazione di gioco, adattandosi. È la memoria che salda e che unisce i diversi processi sparpagliati, i diversi timing o tempi di gioco.

“Anche l’uomo con la più scarsa memoria ricorda tutto quello che vorrebbe dimenticare.”

Mirko Badiale

  • 2. La scelta sarà influenzata da “quello che siamo”

Se la consapevolezza è il risultato di processi cerebrali inconsci che “scelgono”, “prendono la decisione” prima che ne diventiamo, appunto, consapevoli, ciò non significa che il cervello sia una tabula rasa che si lascia imprimere la risposta una volta dato lo stimolo ambientale: quello che siamo, le informazioni che abbiamo nella nostra memoria, lo stato del cervello in quel particolare momento giocano un ruolo chiave nei processi di scelta, “dando corpo” a quei 500 millisecondi che precedono la consapevolezza (Insomma ogni situazione è qualcosa di unico e di nuovo perché è l’interazione tra i sempre diversi stimoli ambientali e i sempre diversi noi stessi).

A livello emozionale. Il nostro stato emotivo, per esempio, e la nostra memoria emozionale agiranno inconsciamente e avranno un ruolo chiave nel valutare le alternative, nelle anticipazioni (vedi l’articolo sui marcatori somatici). L’emotività di Luca accompagna il suo timing di scelta.

A livello semantico. Il senso del gioco, i significati sedimentati, i principi di gioco interiorizzati accompagneranno allo stesso modo la scelta di Luca: saranno una sorta di trigger che fa scattare delle risposte automatiche piuttosto che altre.

Questo significa che l’esperienza di gioco viene continuamente modulata e modificata dal bagaglio emotivo-emozionale e di significati con cui ci approcciamo al gioco. Noi non vediamo il gioco per quello che è, ma per i significati e le emozioni che ci vediamo.

  • 3. La scelta sarà influenzata anche dalla consapevolezza.

Sembra un paradosso. Perché abbiamo detto finora che le scelte di gioco avvengono per la maggior parte “al buio”, in maniera inconsapevole. Ed è cosi. Ma quando c’è una situazione di gioco sono migliaia gli impulsi sensoriali diversi che contemporaneamente colpiscono il cervello: non c’è solo il pallone che parte dai piedi di Alessio, c’è la posizione dei piedi di Alessio, la sua postura, la presenza/distanza dell’avversario, la condizione di luce, il legame figura-sfondo, la zona di campo ecc. Solo pochi di questi stimoli raggiungono la consapevolezza (anche se tutti influenzano la decisione): non possiamo diventare coscienti di tutto, saremmo sovraccaricati da una inutile confusione. La selezione e il filtro degli eventi e degli argomenti che raggiungono la coscienza può essere influenzata dall’attenzione: essa sposta il focus su quegli elementi più rilevanti piuttosto che altri. E l’attenzione è un processo allenabile “in chiaro”: Luca può essere cioè allenato consapevolmente a dirigere l’attenzione ad alcuni segnali o stimoli più decisivi di altri nella presa di decisione: la postura e la posizione dei piedi del compagno quando esegue il passaggio, la presenza/distanza dall’avversario ecc.

Questo influenzerà in futuro la sua scelta: riconoscere la posizione dei piedi anticiperà per esempio i tempi della risposta automatica. L’apprendimento passa cioè per fasi “consapevoli” che poi vengono interiorizzate in risposte inconsapevoli e automatiche. Ecco perché il giocatore consapevole non fa a pugni col giocatore che deve scegliere al buio: anzi la consapevolezza che interviene prima e dopo l’esecuzione, può favorire l’esecuzione stessa.

La conclusione è un trucco da prestigiatore del cervello. Noi siamo convinti di agire e di essere consapevoli nello stesso momento, senza distanza temporale (Luca crede di esser diventato consapevole del passaggio di Alessio nello stesso momento in cui inizia a rispondervi). Libet ha scoperto che il cervello, a posteriori, retrodata la consapevolezza al tempo della risposta, senza che ci appaia insomma quel ritardo di quasi mezzo secondo. Il varco temporale si salda, si chiude. Ma appunto, la retrodatazione è illusoria: il tempo neurale (risposta motoria prima della consapevolezza) non corrisponde al timing soggettivo (risposta motoria e consapevolezza della stessa al medesimo tempo). Ciò significa che, anche se ci sembra di vivere nel presente e di appropriarci dei suoi attimi, viviamo sempre un po’ in ritardo: facciamo esperienza del presente tramite un evento che è avvenuto 500msec prima. L’Adesso, l’attimo decisivo in cui siamo consapevoli di aver fatto una scelta decisiva è già avvenuto, ed è, in fondo, una illusione.

“E’ come il punto dove l’arcobaleno tocca la foresta: ci sembra di intravederlo, ma se andiamo a guardare non c’è”.

La citazione è dal bellissimo libro del fisico Carlo Rovelli, “L’ordine del tempo”. Perché anche la scienza, in fondo, si sta rendendo conto che la temporalità è ”l’espressione della nostra ignoranza del mondo. Il tempo è l’ignoranza”.

E allora dobbiamo lasciarci coinvolgere dal mistero e dalla bellezza di ogni scelta di gioco, perché in fondo ha ragione il Bianconiglio: in quel secondo, a volte, può esserci un per sempre.

 

Foto: https://www.emotionrit.it

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