Laurea Magistrale in Management dello sport e delle attività motorie. Metodi e didattiche delle attività motorie. Tesi di Vito Episcopo
INTRODUZIONE
L’allenamento nel calcio è una disciplina articolata e sofisticata che richiede un approccio metodologico mirato per massimizzare le prestazioni dei calciatori.
Queste metodologie si basano su una combinazione di principi scientifici, conoscenze anatomiche e fisiologiche, nonché sull’esperienza pratica degli allenatori.
Lo scopo dell’allenamento nel calcio è quello di sviluppare una serie di abilità fisiche, tecniche e tattiche che consentano ai giocatori di raggiungere il massimo livello di prestazioni durante le partite.
Le componenti principali della metodologia di allenamento nel calcio includono:
- Preparazione fisica: Questa fase si concentra sullo sviluppo della forza, dell’agilità, della resistenza e della velocità dei giocatori. Gli allenamenti possono includere esercizi di forza, corsa, agilità e allenamenti specifici per migliorare la resistenza cardiovascolare.
- Tecnica e abilità individuali: Gli allenamenti mirano a migliorare le abilità tecniche dei giocatori, come il controllo di palla, il dribbling, il passaggio e il tiro. Questa fase può coinvolgere esercizi di routine per migliorare la precisione e la velocità nell’esecuzione delle abilità.
- Tattica e strategia di gioco: Gli allenamenti si concentrano sull’organizzazione tattica della squadra, inclusa la disposizione in campo, le transizioni difensive e offensive, il pressing e le situazioni di palla inattiva. Gli allenatori lavorano anche sull’analisi delle partite e sull’adattamento delle strategie in base all’avversario.
- Mentalità e concentrazione: Gli allenamenti includono spesso sessioni volte a sviluppare la concentrazione, la motivazione e la resilienza mentale dei giocatori. Questo può coinvolgere tecniche di visualizzazione, meditazione o preparazione mentale per affrontare la pressione delle partite.
- Prevenzione degli infortuni e recupero: È importante includere nel programma di allenamento sessioni dedicate alla prevenzione degli infortuni e al recupero dagli sforzi intensi. Ciò può includere esercizi di stretching, lavoro di stabilità e recupero attivo per ridurre il rischio di lesioni e migliorare il recupero muscolare.
Inoltre, la metodologia di allenamento nel calcio è spesso adattata in base all’età, al livello di competizione e alle esigenze specifiche dei giocatori.
Negli ultimi anni sempre più spesso si parla e si approfondiscono nuovi approcci all’allenamento calcistico. Per esempio alcune proposte si dedicano in modo specifico a nuovi strumenti di allenamento, mentre altre hanno un approccio globale e quindi metodologico.
Tra le più rilevanti innovazioni che hanno modificato il modo di avvicinarsi al calcio troviamo sicuramente l’avvento della preparazione fisica prelevata dall’atletica leggera, che ha innalzato l’espressione delle qualità atletiche dei calciatori negli ultimi decenni del secolo scorso, e l’avvento della tecnologia della video analysis. Questa, sviluppatasi a cavallo tra la fine del millennio scorso e i primi anni del 2000, sta permettendo uno studio tattico più approfondito delle partite e delle caratteristiche specifiche dei singoli giocatori.
Da circa un decennio, invece, sta suscitando interesse e curiosità una metodologia di allenamento che porta sul campo diverse influenze, provenienti da differenti campi scientifici, con spunti che spaziano, per appartenenza, dalla sociologia alla psicologia, dalla teoria dei sistemi complessi alla cibernetica passando per le neuroscienze, si tratta della Periodizzazione Tattica.
Tale metodologia prende in considerazione in tutte le esercitazioni, in modo integrato, le quattro principali componenti della prestazione, ovvero quella tattica, quella tecnica, quella fisica e la psicologica, e la sua logica prende le distanze da quelli che sono i dogmi delle teorie dell’allenamento tradizionale; infatti, non prevede né periodi preparatori né allenamenti prettamente fisici che hanno lo scopo di creare atleti che giocano a calcio piuttosto che giocatori che “pensano” calcio.
Inoltre, questa metodologia cambia in modo radicale la maniera di intendere l’allenamento calcistico e l’approccio al calcio stesso. Fondamentale in questa proposta sono l’apporto e il contributo portato dagli studi del professor Frade che, nei trent’anni di evoluzione della Periodizzazione Tattica, ha saputo sapientemente selezionare e adattare spunti e concetti di altre scienze e studi apparentemente non direttamente connessi a questo sport, portando sul campo da calcio la neurobiologia, la filosofia e le scienze sociali.
CAPITOLO I
La Periodizzazione Tattica
Prima di addentrarci e approfondire questa metodologia di allenamento, è fondamentale conoscere la periodizzazione, che è presente negli sport già dai primi anni 50 come modello di allenamento applicato originariamente a discipline diverse dal calcio. Secondo il modello originario, un atleta risponde a uno stress fisico attraverso tre fasi successive. Nella fase iniziale, denominata fase di allarme, l’atleta registra, sia a livello corporeo che mentale lo shock provocato da uno stimolo esterno, come un nuovo esercizio che causa dolore e rigidità muscolare.
Successivamente, nella fase di resistenza, il corpo dell’atleta si adatta progressivamente allo stimolo ricevuto. Infine, nella fase di esaurimento, l’atleta, a causa di stanchezza o assuefazione allo stimolo, non riesce più a rispondere adeguatamente, e la sua prestazione inizia a diminuire.
L’obiettivo principale della periodizzazione degli allenamenti è mantenere l’atleta costantemente nella fase di resistenza.
Durante questa fase, l’adattamento provoca un rafforzamento progressivo sia a livello fisico che mentale, migliorando così le prestazioni dell’atleta.
È inoltre fondamentale evitare che l’atleta entri nella fase di esaurimento, per farlo, si alternano periodi di recupero adeguati o si introduce uno stimolo differente, come un cambiamento nell’esercizio da eseguire.
Gli studi e le proposte legate alla Periodizzazione Tattica nascono in Portogallo circa quarant’anni fa dalle geniali intuizioni di Vitor Frade, professore all’Università di Oporto, che fu il primo ad accostare l’assimilazione dell’organizzazione tattica di una squadra di calcio a quella di uno stress fisico.
Tale metodologia propone un differente punto di vista rispetto alle precedenti logiche di allenamento che fino ad allora avevano dettato le linee guida teoriche e metodologiche in quasi la totalità degli sport.
Nata e sviluppatasi in Portogallo presso la facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Oporto, la Periodizzazione Tattica è diventata nota grazie ai risultati sportivi ottenuti dagli allenatori che ne hanno applicato totalmente o in parte i principi, come José Mourinho, André Villas-Boas, Carlos Queiroz, Paulo Sousa, e Vitor Pereira.
Per Vitor Frade (2010, citato da Tamarit, 2013), ideatore della Periodizzazione Tattica: “la scelta del nome ‘Periodizzazione Tattica’ è provocatoria poiché esiste una periodizzazione, ovvero l’utilizzo di un determinato tempo per portare a compimento un determinato ordine, però se questa periodizzazione è ‘Tattica’, il tempo viene utilizzato per conseguire e dare enfasi al lato tattico. Anche il significato di tattica non coincide con quello che normalmente gli si attribuisce, ma risulta essere un aspetto meramente organizzativo e intenzionalizzato del gioco, il quale prevede l’assimilazione di principi nella dinamica del gioco di una squadra. Se questo gioco richiede qualità, ci vorrà più tempo affinché si costruisca. Quindi riguardo al nome che gli ho dato inizialmente, che è precisamente questo, Periodizzazione Tattica, è provocatorio poiché già sapevo che si sarebbe detto -la periodizzazione è un’altra cosa e non è tattica- e questa è la mia intenzione, che appaia in un modo diverso, poiché secondo le regole generali tutte le periodizzazioni che si utilizzano sono in funzione della dimensione fisica e delle capacità condizionali, mentre questa è in funzione della sovradimensione tattica”.
1.1 La matrice concettuale
Per la pianificazione dell’allenamento, la Periodizzazione Tattica si basa su una matrice concettuale che fa riferimento esclusivo al gioco. Nel rispetto di questo principio viene dunque costantemente ricercato durante tutte le sedute di allenamento, che sia nei periodi preparatori precampionato o che sia durante il campionato, lo sviluppo di un’identità tattica di squadra che definisce la natura stessa della squadra e che viene determinata da un’intenzionalità collettiva fondata sui principi di gioco appartenenti a uno specifico modello di gioco.
Tuttavia, nonostante la globalità che gli esercizi acquisiscono, le quattro dimensioni che compongono il calcio (fisico-tecnico-tattico-psicologico), non possono essere considerate allo stesso livello di preoccupazione pertanto necessitano di essere gerarchizzate in base all’esercitazione in questione.
Se il modello di gioco è il riferimento per l’intero processo, l’aspetto/dimensione tattica sarà sempre la guida di ogni esercizio, con gli altri fattori che emergono come conseguenza.
Prima di approfondire la matrice concettuale della Periodizzazione Tattica, si deve individuare cosa la differenzia dalle altre metodologie di allenamento esponendo brevemente i concetti metodologici su cui si fondano i metodi d’allenamento fino ad oggi conosciuti e maggiormente utilizzati nel calcio.
In ordine cronologico o storico, è giusto presentare in primis la metodologia di allenamento tradizionale o classica, una tipologia di allenamento prettamente meccanica e analitica che vuole curare nei minimi dettagli tutti gli aspetti fisiologici dei calciatori separando tutte le componenti atletiche quindi allenando in maniera specifica gli aspetti condizionali (forza, resistenza, velocità) prima di cominciare coi lavori di campo tecnici e tattici.
Per la pianificazione degli allenamenti il metodo tradizionale prevede:
✔️ la separazione delle componenti fisiche, psicologiche, tecniche e tattiche dell’allenamento a causa di una visione meccanicistica e riduzionista di chiara derivazione Cartesiana;
✔️ la divisione della seduta di allenamento in parti in cui vengono allenate separatamente le componenti della prestazione e massimizzate tramite una pratica analitica, con l’obiettivo di ottenere un transfert nella prestazione sportiva (globale) di gara;
✔️ la centralità della componente fisica nel ciclo di allenamento stagionale secondo la visione ‘atletica’ del calciatore;
✔️ il lavoro condizionale svolto a ‘secco’ senza pallone.
La metodologia di allenamento integrato indica appunto l’integrazione (unione) tra l’allenamento tecnico-tattico e la preparazione fisica (compresi gli aspetti motori) e la pianificazione dell’allenamento prevede:
✔️ il tentativo di combinare tra loro le componenti fisiche, psicologiche, tecniche e tattiche ma sempre secondo una logica riduzionista;
✔️ la divisione della seduta di allenamento in parti che, pur promuovendo l’integrazione di tutte le dimensioni del gioco, hanno finalità di sviluppo della singola componente;
✔️ la centralità della componente fisica nel ciclo di allenamento stagionale secondo la visione ‘atletica’ del calciatore;
✔️ allenamenti svolti con la palla in cui le principali preoccupazioni sono di carattere fisico come nella metodologia classica, ma nascoste dall’utilizzo del pallone.
È evidente come la Periodizzazione Tattica si discosti sempre più dai punti di vista delle metodologie tradizionali. Essa considera infatti la tattica come una dinamica di comportamenti e di relazioni che la squadra deve comprendere e acquisire attraverso allenamenti di tipo esperienziale, per poterli di conseguenza proporre ed eseguire in partita in funzione delle situazioni e dei momenti del gioco.
Ciò è in netta contrapposizione con la visione standardizzata in cui la tattica viene confinata in meccanismi chiusi e preimpostati allenati in forma decontestualizzata, che andranno successivamente ricercati in partita dove, l’interferenza contestuale propria del gioco, impedirà ad essi di manifestarsi con continuità.
“Quando mi metto a studiare gli avversari e tento di identificare i loro comportamenti, i loro schemi, spesso mi rendo conto che lo sviluppo della loro dinamica di gioco è più un automatismo meccanico che una vera dinamica di gioco.”
José Mourinho
Seguendo questa linea di pensiero, gli allenatori credono di riuscire a ottenere il modello di gioco desiderato in modo più rapido. Che errore metodologico! Si sono forse dimenticati che il calcio è estremamente complesso e non lineare?
Per capire questo concetto, prendiamo un esempio dalla nostra infanzia: immaginiamo un alunno con una grande predisposizione per i dettati che si trova di fronte a un testo che gli è stato già dettato e che ha studiato, scritto e riscritto fino a impararlo a memoria. Niente di più facile: nemmeno un errore. Ma quando gli chiederanno di svolgere una relazione su un argomento a piacere o su un tema proposto dal maestro, riuscirà altrettanto facilmente? Quell’alunno sperimenterà quantomeno dei limiti nella sua capacità di creare e ricreare a partire dal nuovo contesto che gli è stato presentato. La versatilità, la spontaneità, l’invenzione sono qualità che non ha sviluppato adeguatamente. Al contrario, un alunno con una grande capacità di svolgere temi su qualunque argomento (purché ovviamente sia un argomento che conosce) sa scrivere, creare, ricreare, adattarsi, inventare di continuo. Con questo semplice esempio speriamo di avere chiarito la differenza tra l’allenamento meccanico tradizionale e l’attuare dinamiche della Periodizzazione Tattica.
Allenando, l’allenatore dà un tema, ma sono i giocatori a doverlo svolgere. In tal modo egli permette loro di mettere in pratica quelle dinamiche che diverranno automatiche, nel senso positivo del termine: meccanismi non meccanici, automatismi che lasciano ampi margini di libertà.
Se quanto avviene a livello di allenamento non è, in termini di predisposizioni, adeguato allo sviluppo che si intende ottenere, l’allenatore interviene, senza dare risposte o soluzioni. È questo uno degli aspetti più complessi di questa metodologia ed è strettamente legato al modo in cui l’allenatore gestisce l’istante, il qui e ora, cioè al modo in cui dirige il processo di apprendimento. La messa in pratica di questa metodologia, pur basandosi su principi immutabili, è sempre sui generis, ha sempre un approccio originale che deriva dalla singolarità di chi dirige il processo: l’allenatore. Parliamo pertanto di un processo che, pur basandosi su un insieme di principi metodologici invariabili che garantiscono una logica (lato tecnico), determina una costruzione di gioco strettamente legata al presente, al momento, alla partita precedente e a quella successiva, al modo in cui l’allenatore, con il suo intervento «negli esercizi» influisce sul processo.
La Periodizzazione Tattica non dà soluzioni ma indica le strade da percorrere, è più un’arte delle traiettorie che una teoria degli obiettivi. È questa la logica procedurale che permette di arrivare con maggior rapidità al modello di gioco desiderato. Non basta acquisire un saper fare specifico, è necessaria anche una consapevolezza relativa a questo saper fare, che è conseguenza della partecipazione cosciente e autonoma al processo.
L’obiettivo finale è che i giocatori, attraverso l’esercitazione (allenamento), passino dalla sfera della competenza (intesa come abitudine che si acquisisce con l’azione) a quella della consapevolezza relativa a questo saper fare, che ha a che vedere con la comprensione di un determinato rapporto tra mente e abitudine. Tale rapporto si crea quando ci si allena per stimolare un adattamento dove il processo è visibile a livello di competenza, ma per introiettare un principio di gioco, e applicarlo con regolarità, l‘allenamento dove essere di tipo acquisitivo, ovvero dall’azione, in termini di propensione, deve scaturire un’alta percentuale di quegli aspetti che caratterizzano i principi di gioco, e i giocatori dovranno averne coscienza. In altre parole, grazie alla ripetizione sistematica degli esercizi sarà possibile mettere in pratica i principi di gioco e identificarli come tali, permettendo allo stesso tempo la crescita della conoscenza relativa a quel saper fare della squadra, cioè, del livello di cultura tattica.
José Mourinho a questo concetto ha dato il nome di scoperta guidata: “Non è facile passare dalla teoria alla pratica, soprattutto con giocatori di altissimo livello, che a stento rispettano l’autorità di chi dà loro indicazioni. È importante mostrare certezza di fronte ai giocatori. Con me, il lavoro tattico non è un lavoro in cui qualcuno dà ordini e un altro ubbidisce. Mi piace definirla «scoperta guidata», perché i giocatori scoprono le cose a partire dalle tracce che io propongo, costruendo situazioni di allenamento che li conducono attraverso un determinato percorso. Loro cominciano a rendersene conto, ne parliamo, discutiamo e arriviamo a conclusioni. Molte volte mi fermo e chiedo la loro opinione. Rispondono, per esempio, che la difesa è troppo arretrata rispetto al centrocampo. «Va bene, proviamo a avvicinarla per vedere come va». Procediamo insieme per tentativi, e mi fermo spesso per chiedere le loro impressioni. Così, tutti insieme, arriviamo a una conclusione.” (2)
1.2 Le dimensioni che interagiscono ma non si sommano
La Periodizzazione Tattica concepisce il calcio come un sistema costituito da componenti (i giocatori) che si inter-relazionano tra di loro con il fine raggiungere un obiettivo di interesse comune, e dalle interazioni-relazioni (le connessioni temporalmente dinamiche) che si instaurano tra i componenti del sistema stesso (la squadra).
Alla definizione di periodizzazione si lega il termine “ tattica”, cioè la vera e propria base coordinatrice su cui vengono costruiti gli allenamenti e dal quale si svilupperanno in modo correlato le altre dimensioni che determinano la prestazione.
📝 2 Oliveira, Amieiro, Barreto, Resende, (2009), Questione di metodo, Tropea Italia, (IT).
📝 3 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perché, Editoriale Sport Italia, (IT)
Analizzando la figura 1 possiamo notare come le quattro componenti della prestazione sportiva non siano da intendere in modo separato e isolato, ma vengono considerate come un tutt’uno; quindi, sono gestite contemporaneamente e in costante interazione all’interno di una proposta globale. L’obiettivo principale è quello di sviluppare l’organizzazione del gioco di squadra mediante la tattica, facendo interagire le quattro dimensioni prestative. (4)
Nella Periodizzazione Tattica, quindi, la dimensione tattica ha il ruolo di guida in tutte le esercitazioni diventando il punto cardine che ingloba le altre dimensioni al suo interno, di conseguenza l’organizzazione di squadra a tutti livelli diventa la base su cui si fonda questa metodologia.
Per il professor Frade: “Ciò che è tattico non è tecnico psicologico o fisico… ma ha bisogno di tutto per manifestarsi!”.
Da questa citazione nasce il concetto di sovradimensione tattica ovvero la grande coordinatrice dell’intero processo di allenamento. Per poter al meglio affrontare le sedute di allenamento sarà necessario che i calciatori siano molto coinvolti durante gli allenamenti poiché le esercitazioni andranno svolte in costante “concentrazione tattica”, ovvero mantenendo un livello di attenzione massimo su quelle che sono le finalità tattiche richieste, sulle opportune scelte da prendere per poterli efficacemente conseguire e sulle infinite opportunità che il contesto di allenamento presenta nel suo sviluppo.
1.3 La forma non è fisica, la forma è molto di più
Abbiamo visto che una delle differenze tra il metodo tradizionale e quello integrato sta nell’utilizzo della palla come variante nelle proposte di lavoro per raggiungere obiettivi di natura fisica, ovviamente non bisogna riportare questo esempio nella Periodizzazione
📝 4 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perché, Editoriale Sport Italia, (IT)
Tattica perché non è contemplato il risultato dal punto di vista fisico come obiettivo, ma come già specificato è una conseguenza, nel senso che la pretesa di risultati in ogni seduta di allenamento non è vincolata dall’aspetto fisico e le esercitazioni non sono un mezzo per salvaguardare l’acquisizione di capacità astratte come la forza, la resistenza o la velocità.
“L’esistenza dei cosiddetti picchi di forma è, secondo la nostra opinione, associata a un determinato modo di allenare che è diverso dal nostro. I picchi di forma sono tipici di discipline sportive nelle quali si richiede un lungo periodo preparatorio a cui fa seguito un breve periodo di competizione. Nel calcio invece c’è una competizione che dura dieci mesi per un periodo di preparazione pari a un mese, un mese e mezzo: non ha senso ragionare per picchi. È più conveniente che durante il periodo competitivo la squadra mantenga il massimo livello di rendimento senza incorrere in oscillazioni.” Rui Faria (5)
Da queste dichiarazioni del Prof. Rui Faria si arriva alla logica conclusione che nel calcio, una competizione che dura nove mesi, non esistono “picchi di forma” e nessun tipo di preparazione atletica precampionato può preparare un organismo a sostenere periodi competitivi così prolungati.
La Periodizzazione Tattica non concepisce concetti come essere i più veloci, i più forti o i più resistenti. Ciò che conta è la capacità di sostenere il proprio modello di gioco nello spazio e nel tempo in cui si svolge. Questo richiede un’interazione tra componenti fisiche, tattiche e psicologiche.
Ad esempio, si può allenare la resistenza organica attraverso una partita con obiettivi tattici, ampliando molto gli spazi del campo, oppure si può allenare la potenza muscolare giocando in spazi più ristretti e inserendo temi che costringano i giocatori a eseguire certi tipi di contrazioni muscolari.
Ogni esercizio ha sempre un motivo e un obiettivo tattico. Forza, velocità e resistenza devono essere integrate in un contesto tattico chiaro, preciso e definito.
📝 5 Oliveira, Amieiro, Barreto, Resende, (2009), Questione di metodo, Tropea Italia, (IT).
È naturale che il massimo livello di rendimento cui si aspira non coincide con il massimo della condizione fisica, bensì con un ottimo livello di espressione collettiva e individuale rispetto allo standard di gioco desiderato, è questo il livello di rendimento da tenere costante lavorando con la Periodizzazione Tattica.
“Non esiste qualcosa come la forma fisica. La forma è molto di più, il fisico è l’elemento meno importante nel conseguimento della forma sportiva. Non saprei dire dove comincia la parte fisica e dove termina quella psicologica, o quella tattica. Per me il calcio e anche il calciatore è globalità e non riesco proprio a fare scomposizioni.” José Mourinho (6)
La pretesa di un allenatore che lavora con questa metodologia nei confronti della squadra è che riesca ad adattarsi al tipo di sforzo richiesto dalla forma di gioco per la quale lavora fin dal primo giorno.
Ciò vuol dire che lavorando sulla componente tattica in condizioni simili a quelle che ricerchiamo in partita e al tipo di gioco a cui miriamo, sviluppiamo la componente fisica nella sua specificità.
📝 6 Oliveira, Amieiro, Barreto, Resende, (2009), Questione di metodo, Tropea Italia, (IT).
CAPITOLO II
La Sottodimensione Fisica
Come evidenziato precedentemente, la Periodizzazione Tattica è una metodologia di allenamento che pone le sue fondamenta sulla specificità del calcio.
Questo approccio si pone l’obiettivo, attraverso l’applicazione dei principi metodologici che la governano, di sviluppare tutte le dimensioni della prestazione sportiva in maniera congiunta durante l’allenamento.
Il processo di allenamento, però, deve essere sottoposto sempre alla sovradimensione tattica e tattico-strategica, posta a un livello superiore rispetto alle altre, poiché è quella che assicura che tutto ciò che viene proposto sia specifico di un determinato modo di giocare, ovvero riferito a un determinato Modello di Gioco.
Si può cadere nell’errore di intendere la Periodizzazione Tattica come una metodologia che non pone la giusta attenzione sullo sviluppo della componente fisica. Si tratta di un’incomprensione piuttosto grossolana, poiché, in realtà, il potenziamento della dimensione fisica per la Periodizzazione Tattica non solo è importante, ma diventa un’esigenza fondamentale. Ovviamente si tratta di una dimensione fisica non concepita secondo i canoni classici, che la sviluppano in termini generici grazie a una preparazione atletica, finalizzata a innalzare i livelli delle varie capacità condizionali alla ricerca dell’“atletismo”, bensì di un aspetto condizionale specifico per i modello prestazionale del calcio. Quest’ultimo sarà sempre supportato dallo stesso profilo metabolico (principalmente a opera del metabolismo anaerobico-alattacido) e non farà riferimento al calcio in generale, ma al tipo di calcio sviluppato nel proprio modello di gioco.
Chi lavora con la Periodizzazione Tattica non smette mai di vedere il gioco come una totalità, non concepisce alcuna divisione in fattori distinti, subordina l’intero processo di allenamento alla sovradimensione tattica, all’introiezione gerarchizzata dei suoi principi di gioco e ciò permette di spostare la sottodimensione fisica al livello di cui il suo gioco ha bisogno.
La squadra sarà, perciò, fisicamente preparata quando sarà in grado di sostenere con qualità il modello di gioco cui tende e il profilo metabolico che ne consegue, ovvero quando raggiungerà la cosiddetta “forma sportiva”.
“Il concetto di forma sportiva appare associato al modello di gioco e ai suoi principi, ovvero, associato a un particolare stile di gioco e alla base di un processo di preparazione che abbraccia l’allenamento e la competizione” (Faria, 1999).
“Nel calcio, il gran numero di competizioni e la loro concentrazione implicano livelli di forma relativamente inferiore, con meno fluttuazioni e più piccole, in funzione di una maggiore stabilità. Sembra quindi più corretto evitare ampie oscillazioni, sostenendo l’adozione dei cosiddetti ‘livelli di rendimento’ a scapito dei propagandati ‘picchi di forma’ che si regolano soprattutto per gli sport con un breve periodo competitivo” (Garganta, 1992 citato da Faria, 1999).
2.1 Intensità e concentrazione: un concetto unico
Nelle altre metodologie di allenamento, il periodo di precampionato è quel momento della stagione dove preoccuparsi principalmente della condizione atletica dando importanza alla quantità di lavoro fisico (che comunemente si intende per volume) per ottenere una specie di “resistenza di fondo” (un sostegno aerobico) che permetta poi di lavorare sull’intensità considerata necessaria in vista della grande quantità di sforzo fisico richiesto, quindi si partirà con volumi elevati di lavoro, ma a bassa intensità, per poi invertire la logica con l’avvicinarsi dell’inizio del campionato.
Questa visione rivolta solo sulla prospettiva fisica dove si distingue il periodo precampionato dalla stagione ufficiale proprio in metodi di lavoro non è concepibile all’interno della Periodizzazione Tattica che non fa distinzioni tra i due periodi ma non solo, perché attribuisce un significato diverso al termine “intensità”.
Nella Periodizzazione Tattica non si può separare l’intensità dalla concentrazione, il calcio richiede intensità elevate proprio per la sua complessità e per la costante necessità di concentrazione.
“Quando si parla di intensità, dobbiamo intendere intensità di concentrazione; quando parliamo di volume, dobbiamo intendere volume di intensità di concentrazione. Ecco perché i nostri criteri sono tutt’altro che convenzionali. Parliamo di intensità di concentrazione perché stare in partita significa fondamentalmente dover pensare e prendere decisioni; attenersi ai fondamenti della nostra concezione di gioco richiede una grande concentrazione. E tutto ciò ha bisogno di tempo ed esercizio, ha bisogno di un determinato volume di intensità di concentrazione. È importante capire che esistono compiti poco «intensi» da un punto di vista prettamente «fisico» che però, per la concentrazione richiesta, risultano estremamente intensi. Per esempio, battere un rigore in una finale di campionato del mondo è una situazione ad alta intensità, che deriva dall’eccezionale concentrazione decisionale del momento.” Rui Faria
“Normalmente, quando si parla di intensità, si parla di consumo energetico. lo non la penso così: ciò che rende un allenamento più o meno intenso è la concentrazione richiesta. Per esempio, una semplice corsa implica un consumo energetico naturale, ma la sua complessità è pressoché nulla. Questo significa che il consumo emotivo è minimo, al contrario delle situazioni complesse in cui ai giocatori si richiede un impegno tattico, tecnico, psicologico e fisico. È questo che determina la complessità di un esercizio sollecitando una maggiore concentrazione in chi lo esegue.” José Mourinho
Dopo aver chiarito il significato di “intensità” e “volume” all’interno della Periodizzazione Tattica, è importante comprendere che l’intensità di un’azione tattica e tecnicamente complessa può essere aumentata senza necessariamente incrementare lo stress fisico.
Questo avviene grazie alla concentrazione decisionale richiesta durante l’azione, che varia in base alle esigenze esecutive e alle richieste in termini di consumo mentale ed emotivo derivanti dall’esecuzione stessa.
Perciò, quando parliamo di intensità, non ci riferiamo a un’intensità astratta, più o meno misurabile o cronometrabile, bensì a un’intensità decisionale associata alla concentrazione, calibrata in base a ogni singolo istante di ogni reale esercizio, in cui i giocatori devono gestire costantemente il “qui” e “ora”.
Dobbiamo parlare di concentrazione tattica, cioè l’elemento necessario per ottenere il gioco desiderato. Si parla di intensità massima relativa perché l’intensità massima con cui viene compiuta ogni azione che prevede una complessità tecnico-tattica dipende dal suo obiettivo e ha a che vedere con l’efficacia della stessa.
Per quanto riguarda il volume, possiamo parlare di un volume di intensità massime relative, cioè di un volume di principi di gioco, perché se il volume corrisponde alla quantità di intensità massime relative, rappresenta l’introiezione gerarchizzata dei nostri principi di gioco.
Si consideri che tale volume di principi di gioco è uguale ogni settimana e, essendo regolare, costituirà il nucleo fondamentale del nostro gioco, esprimendone la crescita
qualitativa.
Insomma è ormai possibile identificare due dei presupposti metodologici che permettono di rispettare il programma settimanale di allenamento grazie al quale la squadra può mantenere un livello di rendimento costante: un programma di allenamento identificato dalle intensità massime relative e da un volume di principi di gioco che è a sua volta determinato dalla quantità di tali intensità.
2.2 Il concetto di forza
Il potenziamento e l’aumento volumetrico della massa muscolare ottenuto tramite l’utilizzo di macchinari da palestra abitua il muscolo a rispondere a stimoli di contrazione comandati da neuroni completamente diversi da quelli che saranno poi operanti nella realtà della partita e che governeranno le intenzionalità di gioco.
La Periodizzazione Tattica non prevede in alcun modo l’allenamento ipertrofico eseguito con ausili esterni in sala attrezzi per giocatori non affetti da infortuni.
Allenare il muscolo secondo intenzionalità distanti da quelle richieste dal contesto in cui si troverà successivamente a operare il calciatore, equivale a… “mettere una benda sugli occhi del muscolo” (Frade, 2010 citato da Tamarit, 2013), fornendogli stimoli decontestualizzati che finiscono per “ingannarlo”.
Infatti, questo tipo di pratica non ha né similitudini né correlazioni dirette con il tipo di comunicazione cervello-muscolo e muscolo-cervello richiesta all’apparato muscolo-scheletrico durante la prestazione, poiché non c’è corrispondenza tra le due intenzionalità e, come conseguenza, si perde il transfert allenante. (7)
Il calcio è un insieme di sistemi ad alta aleatorietà in cui l’imprevedibilità è massima e continuativa. Pertanto, dal punto di vista muscolare, ci si attende il manifestarsi casuale di differenti tipi di contrazioni muscolari in interazione tra loro con continui riadattamenti motori, i quali sono comandati da connessioni neuromuscolari differenti da quelle che sono state ripetutamente allenate e sviluppate con la macchina e che potrebbero creare, a causa della reiterata ripetizione di un gesto identico e dell’effetto che ciò può avere sulla plasticità sinaptica propria del sistema nervoso, un irrobustimento di determinate connessioni neurali in possibile contrasto con quelle desiderate.
📝 7 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perché, Editoriale Sport Italia, (IT)
La ridondanza e la ripetitività dell’allenamento sulla forza potrebbero, quindi, portare il muscolo in azione a rigidità interpretative in situazioni che esigono connessioni differenti da quelle allenate in palestra. Questo “incidente” di afferenze provoca la possibile insorgenza di lesioni muscolari.
Nella Periodizzazione Tattica lavorando sulla componente tattica in condizioni simili a quelle che ricerchiamo in partita e al tipo di gioco a cui miriamo, sviluppiamo la componente fisica nella sua specificità; per esempio, anziché sviluppare la «forza» in maniera isolata o astratta, lo facciamo per mezzo di esercizi con determinate caratteristiche, giocando con lo spazio, il tempo, il numero di giocatori e le regole che imponiamo. In tal modo riusciamo a sviluppare qualcosa che è in relazione con la «forza», ma in un contesto più specifico.
Un esercizio tecnico-tattico che comprende molti salti, arresti e cambi di direzione è molto più utile di un semplice lavoro sulla «forza» in sé. La cosa difficile in tutto questo è mettere in pratica ciò che vogliamo, riuscire a eseguire gli esercizi giusti, che comprendano tutte le componenti, senza trascurare la nostra esigenza fondamentale: potenziare un determinato principio di gioco.
“Qual è per me il significato di «forza» nel calcio? È avere la capacità di rubare palla, fermarsi, cambiare direzione, staccare per colpire di testa… Dobbiamo contestualizzarla in funzione di quelle che sono le azioni specifiche dei nostri giocatori durante le partite.
Dobbiamo lavorare in accordo con le caratteristiche specifiche del nostro gioco. Se vogliamo che in una data unità di allenamento si ottenga un predominio di azioni tattico-tecniche in un regime di «forza tecnica», allora dobbiamo ricercare un insieme di situazioni di gioco in cui questo aspetto è presente. A quel punto non dobbiamo più preoccuparci di quantificare se il giocatore fa dieci o quindici cambi di direzione; quello che ci interessa è che la situazione in sé comporti la padronanza di tali capacità.” José Mourinho
Il muscolo è un organo sensoriale, e non un generatore di potenza, l’allenamento con i pesi non considera il muscolo in questo modo, non sarà un trasmettitore di tensione ma un generatore di forza quindi non soddisfa i parametri metodologici di specificità.
Il fatto che la Periodizzazione Tattica sia contraria all’allenamento con sovraccarichi in palestra è coerente con la visione che ha del concetto di propriocezione specifica. Infatti, si ritiene che ogni giocatore possegga un “patrimonio coordinativo” esperienziale proprio, che ha permesso l’evoluzione delle sue abilità motorie e calcistiche.
Questo patrimonio è fortemente legato a caratteristiche personali e individuali del giocatore, quali il suo vissuto sportivo, le sue caratteristiche fisiche e atletiche, il suo ruolo e le sue capacità decisionali e applicative.
L’allenamento ipertrofico intervenendo sulle proporzioni muscolari del calciatore, può interferire su questo patrimonio alterando le sue abilità calcistiche. (8)
“Il muscolo è un organo ricettivo e deve adattarsi continuamente ai piccoli cambiamenti che lo influenzano perché, per quanto si possa prevedere ciò che accadrà in campo, è importante che il calciatore interiorizzi la capacità di reagire al meglio agli stimoli. Vi è un timing di aggiustamento nella co-contrazione muscolare e un altro timing che adegua questa contrazione alle alterazioni circostanziali durante il suo svolgimento.
📝 8 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perché, Editoriale Sport Italia, (IT)
Questo secondo timing, chiamato anticipatorio, evidenzia l’importanza del passato esperienziale delle contrazioni di ogni atleta (meccanorecettori che si alterano per captare l’evolversi della relazione del corpo nello spazio-tempo). Le macchine da palestra evitano precisamente questo adattamento perché, per quanto sofisticate e tarate ad hoc, non sono aperte all’interazione circostanziale e producono una crescita dei muscoli isolata e non legata a un movimento/intenzionalità di gioco e per questo motivo risultano inappropriate” (Frade, 2010 citato da Tamarit, 2013).
2.3 La propriocettività nella Periodizzazione Tattica
Possiamo definire la “propriocettività” come l’intelligenza neuromuscolare correlata al controllo articolare, indispensabile per la prevenzione dai traumi distorsivi e da sovraccarico e necessaria per accrescere le capacità personali di sensibilità coordinativa, dinamica e fisico-motoria.
Nella Periodizzazione Tattica tiene in considerazione tutti gli aspetti specifici e si pone in un’ottica più globale e contestuale nello sviluppare l’allenamento.
Nelle sedute pratiche basate su questa logica si svolgono e realizzano molti esercizi nei quali la propriocettività è sviluppata attraverso il gioco, in contesti specifici che ne massimizzano lo sviluppo coerente con le esigenze tipiche del calcio, attivando i meccanorecettori e i propriocettori in forma propria della pratica e interrelata con i telecettori, anziché attraverso approcci analitici ed esercitazioni decontestualizzate.
Secondo quest’ottica, quindi, la propriocezione è globale ed è intimamente relazionata con il contesto in cui evolve.
In tal modo iniziano a fare parte della propriocezione stessa le sue percezioni visive, la presa di decisioni, le emozioni e le sensazioni che ne derivano. (9)
“La propriocettività si ottiene attraverso il gioco, poiché è inevitabilmente connessa con il contesto. La somatizzazione data dalla presenza degli avversari è cruciale come il resto delle cose” (Gomes, 2010 citata da Tamarit, 2013).
Non c’è un approccio errato nella pratica delle capacità propriocettive, ma le esercitazioni individuali e decontestualizzate utilizzando pedane, fitball, dischi gonfiabili (nonostante è riscontrabile un incremento delle capacità stesse), non si adatta né al tipo di sport né tiene conto delle differenti superfici su cui si pratica.
“Ci sono allenatori e fisiologi che affermano che il muscolo è cieco e a causa di ciò difendono l’importanza della propriocettività. Non capiscono che è la stessa propriocettività del muscolo che lo rende un organo sensoriale, una serie di meccanocettori che si alternano per percepire l’evoluzione del corpo nel tempo e spazio.” Vitor Frade
La diversa relazione corpo-contesto deve essere sempre tenuta in considerazione nei lavori proposti, il fatto che nel calcio si giochi con i piedi e che ciò esercita un forte condizionamento motorio e percettivo deve essere tenuto in conto, ci sono lavori che in varie discipline possono avere scopi diametralmente opposti.
“Il campo di calcio è uno spaziamento apprenditivo, è un laboratorio emozionale, un luogo di apprendimento. Il calciatore deve quindi educarsi alle sensazioni di spazialità proprie del gioco” (Martini, 2015)
La propriocezione che viene allenata seguendo i principi della Periodizzazione Tattica è propria del calcio e si basa sullo sviluppo della relazione del corpo con il gioco nella sua interezza indivisibile e, ancor più specificamente, con il gioco definito dal modello di gioco praticato dalla squadra che si allena.
📝 9 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perché, Editoriale Sport Italia, (IT)
CAPITOLO III
I principi metodologici
Nel momento in cui si decide di allenare la propria squadra basandosi sulla Periodizzazione Tattica è imprescindibile conoscere e mettere in pratica i principi metodologici che non devono essere interpretati come a sé stanti, ma in forma interrelata e dipendenti l’uno dagli altri. Essi sono: il principio delle propensioni, il principio della progressione complessa e il principio dell’alternanza orizzontale in specificità. Su un orizzonte temporale di breve termine, danno forma e struttura alla periodizzazione dell’allenamento, programmando come deve essere impostato il morfociclo, ovvero il periodo di tempo che intercorre, durante tutto l’arco della stagione, tra due impegni ufficiali (ad esempio, domenica-domenica).
I tre principi, inoltre, definiscono come i vari contenuti debbano essere distribuiti lungo l’arco di tale morfociclo, per programmare le sedute coerentemente con l’obiettivo finale; approfondiscono poi come devono essere strutturati i singoli allenamenti, specificando i mezzi allenanti, gli spazi, la complessità della proposta e il regime di contrazione da mettere in opera.
A dirigere questi tre principi vi è il sovraprincipio di specificità (Principio dei principi) che pone la condizione per cui tutto quello che viene proposto e si realizza durante l’allenamento, venga effettuato in relazione al Modello di Gioco che si vuole realizzare. Per rispettare il sovraprincipio di specificità le esercitazioni proposte devono sviluppare tutte le dimensioni proprie del calciatore (cognitiva, coordinativa, socioaffettiva, emotivo-volitiva, creativo-espressiva, condizionale) e nello stesso tempo avere le finalità pedagogiche utili al miglioramento degli aspetti del modello di gioco.
3.1 Sovraprincipio della specificità
Da un punto di vista metodologico il sovraprincipio di specificità ha a che vedere con la necessità di migliorare tutti i principi di gioco e questo si ottiene soltanto quando il processo si concentra sempre sul miglioramento di ogni principio.
L’allenamento sui principi di gioco, considerati sia singolarmente che collettivamente rispetto al modello di gioco desiderato, è la realizzazione in atto di tale specificità, intesa come l’allenamento ripetuto e continuo di tutti i principi contenuti nel modello di gioco.
Dovendo quindi esserci un’operazionalizzazione in specificità per lo sviluppo del modello di gioco e delle dimensioni del calciatore, ogni proposta allenante dovrà strutturarsi in forma contestualizzata, con l’obiettivo perenne di introiettare a livello cerebrale quelle dinamiche di comportamenti che permettono la realizzazione del gioco di squadra.
La specificità risulta dunque una condizione di base affinché si possa affermare di allenare secondo i dettami della Periodizzazione Tattica in quanto conferisce massima corrispondenza tra quanto auspicato e quanto realmente allenato durante il morfociclo. Ciò dà valore e importanza all’allenamento stesso poiché permette che non vi sia dispendio di energie e spreco di tempo inutile in attività poco coerenti, che allontanano il calciatore dal gioco.
Lo studio dell’allenamento si sviluppa con la scelta di esercitazioni specificatamente realizzate per modellare il gioco della squadra e per influenzare ogni singolo individuo che la compone, rendendo massima la corrispondenza tra i principi scelti e l’interpretazione autonoma del gioco stesso da parte dei giocatori.
Un concetto fondamentale e rilevante nella PT è la complessità o, meglio ancora, la capacità di gestione della complessità dei calciatori durante la gara. Infatti, il gioco espresso dalla squadra è concepito come un sistema caratterizzato da un costante e dinamico flusso di interazioni determinate dai giocatori attraverso intenzionalità di azione. Come conseguenza, non è possibile né semplificare né prevedere in modo deterministico gli sviluppi del gioco, che anzi andranno considerati in base a diversi livelli di complessità e in un’ottica non risolutiva, ma gestionale.
📝 10 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perché, Editoriale Sport Italia, (IT)
3.2 Principio dell’alternanza orizzontale
L’obiettivo del principio dell’alternanza orizzontale in specificità è di indurre specifici adattamenti fisici lungo il morfociclo (programmazione settimanale) e durante tutti i morfocicli stagionali, che mantengono costantemente la loro struttura.
Durante il Morfociclo, in relazione alla vicinanza dalle competizioni, occorre calibrare in maniera efficiente l’alternanza sforzo-recupero, col fine di recuperare dallo stress psicofisico che la gara precedente ha prodotto e di essere pronti in funzione di quello che il prossimo impegno richiederà. L’obiettivo è quindi il ripristino delle condizioni ottimali e il conseguente miglioramento delle condizioni psicofisiche che permetteranno un miglior rendimento in relazione al modello di gioco durante la partita.
Il principio dell’alternanza orizzontale in specificità si preoccupa dell’aspetto bioenergetico e biochimico nell’allenamento e quindi di distribuire nei vari giorni del morfociclo i diversi regimi di contrazione.
Gli impegni muscolari, nella visione della Periodizzazione Tattica, vengono catalogati per le caratteristiche della contrazione muscolare che li caratterizza, ovvero: per la loro tensione, la loro durata e reiterazione, la loro velocità.
Nel calcio i tre regimi di contrazione interagiscono creando una dinamica che è unica: la dinamica di sforzo specifica del calcio. Durante le esercitazioni questi saranno naturalmente implicati in maniera congiunta e appariranno in maniera sistematica. È possibile però, attraverso la manipolazione delle esercitazioni, creare la dominanza di un regime di contrazione rispetto agli altri in stretta dipendenza col tipo di azioni calcistiche che vengono promosse. (11)
📝 11 Vulcano (2021), Periodizzazione Tattica il calcio organizzato mediante l’operazionalizzazione di un modello di gioco, tesi Uefa Pro, FIGC, (IT).
Possiamo affermare quindi, quanto è importante creare o alternare una maggiore o minore discontinuità tra le esercitazioni e all’interno delle stesse rispettando i giorni del morfociclo e il suo relativo regime di contrazione muscolare (deciso a priori). Questo rapporto di alternanza sforzo-recupero contribuisce ad ottenere uno sviluppo fisico specifico per una determinata forma di gioco, e permette ai giocatori di arrivare “freschi” al giorno della partita dato che non hanno ripetuto fino allo sfinimento sempre i soliti esercizi.
Questo principio è un punto di riferimento indispensabile, durante l’allenamento un dosaggio sapiente è la garanzia per progredire, ecco perché “alternanza orizzontale”, perché non si compie in un giorno (unità di allenamento) bensì nel corso di una settimana (morfociclo).
“La differenziazione nei regimi di contrazione implicati nei diversi giorni di allenamento si determina tenendo conto della frattalizzazione delle varie dimensioni che compongono il giocare. Come principali riferimenti per la operazionalizzazione del morfociclo dobbiamo considerare:
1- il livello di complessità di grandi principi, sottoprincipi, sotto-sottoprincipi in riferimento alla porzione di gioco che stiamo mettendo in atto nell’unità di allenamento, la quale è intesa come una parte di un tutto che è il morfociclo;
2- il regime di contrazione muscolare dominante nella messa in atto del nostro giocare nei differenti giorni che compongono il morfociclo;
3- la dimensione strategica e la sua distribuzione nei vari giorni che compongono il morfociclo”.
(Maciel 2010, citato da Tamarit 2013)
3.3 Principio della progressione complessa
Per riuscire ad afferrare la logica strutturale del programma settimanale nella sua totalità, è necessario associare il principio dell’alternanza orizzontale in specificità con il principio della progressione complessa.
Bisogna innanzitutto comprendere che, per poter progredire, è importante ordinare, gerarchizzare, è proprio questo che fa funzionare l’allenamento.
Non si tratta, però, della convenzionale progressione dal generale al particolare, dal volume all’intensità, dall’aerobico all’anaerobico. È una progressione che si sviluppa, da un lato, secondo l’introiezione gerarchizzata dei principi di gioco dell’allenatore e, dall’altro, secondo la differenziazione dello sforzo operata nel corso della settimana.
Stiamo parlando di una progressione intesa come base per l’acquisizione del gioco, e che si sviluppa su tre livelli: nel corso della stagione, nel corso della settimana (in funzione delle partite precedenti e seguenti) e nel corso di ogni singola unità di allenamento.
Si tratta quindi di una progressione complessa, dove ciascun livello è in relazione con gli altri. Quindi si smantella il complesso di principi, sottoprincipi, sottoprincipi di sottoprincipi che costituiscono il corpo e l’anima del proprio modello di gioco per (re)integrarli, proprio nel risultato finale.
L’integrazione è l’obiettivo della dinamica del processo, dell’introiezione gerarchizzata dei propri principi di gioco.
Il principio di progressione complessa e quello di alternanza orizzontale in specificità garantiscono una distribuzione logica nelle singole unità di allenamento, tenendo conto anche del recupero e del consumo globale («mentale-emotivo» e «fisico», coinvolti nella diversa sollecitazione della tre strutture relazionali dette motoria, meccanica e percettivo- cinetica). Il principio della progressione complessa è correlato alla crescita della forma di gioco della squadra nel tempo. Questo principio, se rispettato, permette la pianificazione della distribuzione a corto e a lungo raggio dei grandi principi, dei sotto-principi e dei sotto sotto-principi durante il morfociclo (nel rispetto delle diverse caratteristiche dei vari giorni che separano due partite) e lungo i morfocicli.
Consente di adattare il lavoro al livello raggiunto dai giocatori e ai miglioramenti funzionali che la squadra riscontra e alla conseguente evoluzione del gioco espresso, dal semplice al complesso e dal generale al particolare.
A corto raggio, il focus nella progressione viene posto sulla manipolazione della complessità che l’allenatore andrà a operare sulle esercitazioni che vengono proposte nelle varie sedute del morfociclo, coerentemente con lo status raggiunto dalla squadra.
L’obiettivo è chiaramente quello di rispettare le caratteristiche del giorno in cui l’esercitazione si va a inserire (stretta correlazione con il principio dell’alternanza orizzontale in specificità), garantendo la discontinuità necessaria nelle e tra le esercitazioni, che permettono l’alternanza sforzo-recupero da un punto di vista fisico e cognitivo. (13)
In sintesi, i contenuti del processo di allenamento, dovranno quindi partire dal generale per progredire verso il particolare e dal semplice verso un livello di organizzazione più sofisticata e complessa, promuovendo sempre le relazioni che intercorrono tra i vari principi di gioco. A livello più specifico, per rispettare questo principio, bisognerà manipolare la complessità delle esercitazioni che vengono proposte nelle singole sedute di allenamento.
📝 12 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perché, Editoriale Sport Italia, (IT)
📝 13 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perché, Editoriale Sport Italia, (IT)
Si dovrà garantire la discontinuità, ovvero l’alternanza tra tempo di esercizio e tempo di recupero, in accordo con il giorno del morfociclo in cui l’allenamento stesso si sta compiendo.
Questa regolazione di complessità sulla base del morfociclo ha l’obiettivo di permettere ai giocatori di arrivare alla partita nella miglior forma globale possibile. La complessità delle esercitazioni dipende dalla relazione esistente tra molte variabili, tra cui:
–complessità dei principi, sotto principi e sotto-sottoprincipi di gioco e della loro relazione;
–numero di calciatori coinvolti;
–spazio di gioco;
–regime di contrazione muscolare principale: tensione, durata e velocità della contrazione muscolare;
–tempo di esercizio;
–tempo di recupero negli esercizi e tra gli esercizi.
3.4 Principio delle propensioni
Il principio metodologico delle propensioni ha come obiettivo quello di creare contesti esercitativi propiziatori che abbiano coerenza coi principi di gioco voluti e formino nei giocatori l’attitudine e la propensione a compiere determinate scelte e azioni non imposte dall’allenatore ma promosse dalle esercitazioni stesse.
Ciò significa creare e manipolare sapientemente le esercitazioni col fine di plasmare contesti di gioco, i cui obiettivi e regole, permetteranno la costante manifestazione di situazioni in cui si realizzeranno i comportamenti e le interazioni desiderate.
Grazie alla ripetitività con cui si manifestano queste interazioni, i giocatori potranno ‘viverle’ un gran numero di volte acquisendole a tutti i livelli.
La manipolazione delle esercitazioni è un aspetto cruciale affinché vi sia il transfert dall’allenamento alla prestazione della squadra in partita. L’esercizio non si limita né alla configurazione visibile (geometrica) né a quello che accade in un determinato momento.
C’è di più, e questa componente aggiuntiva è il ragionamento dei giocatori, che conoscono lo scopo per cui fanno qualcosa e non perdono mai di vista il tutto.
Per questo, l’esercizio di allenamento è una determinata configurazione geometrica e simbolica che condiziona/provoca un determinato accadimento rapportato al tutto desiderato. Seguendo il principio delle propensioni si facilita la manifestazione e il rafforzamento delle interazioni propri e del Modello di Gioco, in accordo al giorno del morfociclo (grazie al principio dell’alternanza orizzontale in specificità) tanto a livello tattico, fisico, tecnico, psicologico e, talvolta, strategico.
Per permettere ciò sarà fondamentale ottenere una riduzione senza impoverimento del gioco che garantirà la dominanza desiderata per ognuna delle unità di allenamento.
Questa ‘riduzione’ sarà tanto quantitativa, in relazione alla esistenza di tre variabili: spazio, tempo e numero dei giocatori che determinano la complessità delle esercitazioni, quanto qualitativa allo stesso tempo.
La complessità delle esercitazioni secondo il principio della progressione complessa, a corto raggio dovrà essere manipolata in funzione del giorno del morfociclo in cui si inserisce l’allenamento e, a largo raggio, dovrà prevedere una progressione graduale della complessità delle stesse.
“La configurazione delle esercitazioni e la maniera in cui viene allenato il nostro modo di giocare (senza perdere di specificità) richiede che l’allenatore manipoli e articoli con parsimonia le variabili di spazio, tempo e numero dei giocatori le quali, pur essendo variabili quantificabili, non dovranno essere prese come universali rispetto a diverse squadre né a diversi giocatori, ma dovranno essere adattate caso per caso e fare riferimento al principio della progressione complessa.” (Vitor Frade, 2010 citato da Tamarit, 2013) (14)
Per riuscire al meglio in ciò bisogna strutturare efficacemente gli obiettivi delle esercitazioni non fornendo soluzioni, ma esponendo le finalità, promuovendo la scoperta guidata e invogliando i giocatori stessi a ricercare autonomamente le opportunità di risoluzione all’interno del gioco stesso. L’esercizio non può essere un meccanismo chiuso, meccanico. La squadra allenandosi ripetutamente sui diversi principi di gioco arriva a generare una dinamica specifica nel suo gioco, creando meccanismi non meccanici, dato che tale dinamica non può prescindere dalla variabilità insita nelle diverse circostanze.
Ciò permetterà di riuscire a sviluppare le qualità decisionali dei calciatori avvicinando le loro qualità a quelle del cosiddetto “giocatore pensante”.
Il ruolo chiave dell’allenatore sarà perciò quello di stimolare il coinvolgimento dei calciatori attraverso contesti che richiamino comportamenti auto-indotti e non la mera esecuzione asettica di gesti tecnici e sequenze tattiche in esercitazioni da svolgere all’interno degli spazi d’allenamento.
📝 14 Vulcano (2021), Periodizzazione Tattica il calcio organizzato mediante l’operazionalizzazione di un modello di gioco, tesi Uefa Pro, FIGC, (IT).
CAPITOLO IV
La cellula dell’allenamento: il morfociclo
Nella Periodizzazione Tattica la pianificazione dell’allenamento è tarata su un arco di tempo molto breve che va da una partita a quella successiva e risulta essere di tipo ‘sartoriale’ poiché è cucita su misura sulla base delle esigenze che lo sviluppo della squadra mostra. Questo arco di tempo assume il nome di Morfociclo.
“Il Morfociclo, inteso come il periodo che separa due partite ufficiali, ha un carattere unico perché esso, così come il modello di gioco, è in costante evoluzione essendo la risultante dell’interazione tra tre diversi fattori chiave:
-il modello di gioco;
-le indicazioni dalla partita precedente;
-le caratteristiche del prossimo avversario.
L’interrelazione tra questi tre diversi fattori porterà alla definizione degli obiettivi settimanali e dei contenuti del Morfociclo”. (Gomes, 2008)
Il Morfociclo, essendo un ciclo tra due partite e quindi una periodizzazione a corto raggio, dovrà essere comunque inteso come un frattale di una Periodizzazione Tattica più ampia in quanto è un “tutto che sta nella parte che sta nel tutto”. (Morin, citato da Faria, 1999)
Il Morfociclo non definisce solo la struttura in cui si susseguono gli allenamenti ma soprattutto la forma, i contenuti e la strutturazione delle esercitazioni che saranno differenti nelle diverse sessioni di allenamento, di modo che, la necessaria routine nella struttura e nella logica, non cada nella ripetizione mantenendo viva l’attrazione dei giocatori verso il processo di allenamento.
Ciò è possibile solo mediante allenamenti basati sulla scoperta guidata e sull’esplorazione del Modello di Gioco che, in questo modo, si autocostruisce ed emerge dalle esercitazioni focalizzate, Morfociclo dopo Morfociclo, sui suoi diversi aspetti. Tutto ciò sempre in virtù delle emergenze del ‘qui ed ora’ e secondo la logica per cui ci si allena come si gioca. (15)
“E’ l’allenamento che crea la competizione”. (Frade, 1999 citato da Faria,1999)
4.1 La pianificazione
Nella Periodizzazione Tattica la pianificazione dell’allenamento è tarata temporalmente in base al numero dei giorni che separa una partita giocata da quella successiva, è quindi impossibile pianificare allenamenti oltre il mese perché è più corretto programmare a corto raggio le linee generali del singolo morfociclo per poi verificare giornalmente quanto svolto e solo successivamente strutturare nei dettagli la seduta.
Le proposte negli allenamenti dovranno essere sempre diverse e soprattutto basate sulla scoperta guidata e sull’esplorazione del gioco e del modello di gioco stesso.
Ciò condurrà i giocatori a scoprire e sperimentare direttamente il gioco che si vuole conseguire nella competizione già durante gli allenamenti. Partendo dunque da un modello di gioco (MdG) che si basa su pilastri chiari e definiti all’inizio della stagione, ovvero i grandi principi di gioco, durante lo sviluppo della PT, il MdG sarà aperto a possibili evoluzioni di alcune sue sfumature.
Nel corso della stagione infatti i particolari del modello di gioco (sotto-principi e sotto sotto-principi di gioco) potranno cambiare in relazione alla crescita del gioco espresso dalla squadra e dalle esigenze strategiche che la partita o l’affrontare un determinato avversario richiede.
Per permettere pertanto l’evoluzione del gioco anche gli obiettivi, i mezzi e i metodi utilizzati in allenamento dovranno essere adattati alle necessità che la squadra evidenzia in un determinato momento.
Lungo l’arco del morfociclo lo sviluppo del modello di gioco non è proposto sempre in forma identica e in maniera ben definita; infatti viene riproposto nei diversi giorni in differenti scale e livelli di complessità, distribuiti in forma coerente con i principi che governano questa metodologia.
Nello specifico possiamo riscontrare una frazione di tempo fondamentale nell’economia del processo di apprendimento della squadra dei principi e sotto-principi che l’allenatore vuole inculcare: il periodo acquisitivo. È un momento chiave tra i due picchi di massimo sforzo psicofisico (le due partite), dove l‘obiettivo principale è lo sviluppo e il miglioramento del modello di gioco della squadra.
📝 15 Vulcano (2021), Periodizzazione Tattica il calcio organizzato mediante l’operazionalizzazione di un modello di gioco, tesi Uefa Pro, FIGC, (IT).
Solitamente, nel morfociclo standard domenica-domenica, tale periodo coincide con i tre giorni centrali della settimana, immediatamente seguenti ai due di recupero dopo la gara (il primo di recupero passivo e il secondo di recupero attivo) e antecedenti al giorno pre-partita (quello di recupero attivo e predisposizione al gioco).
Nel morfociclo così composto, il giovedì è il momento di massima esigenza di sforzo ed è la parte della preparazione settimanale alla partita che prevede un picco al centro, in cui si ricercano le caratteristiche di uno sforzo psicofisico più vicino possibile a quello del match.
📝 16 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perchè, Editoriale Sport Italia, (IT)
Questa distribuzione dei diversi contenuti, in ordine di regime di contrazione e complessità da ricercare, permette un’alternanza ideale tra sforzo e recupero.
4.2 Il rapporto sviluppo-recupero
Nella Periodizzazione Tattica quando si parla di recupero, non possiamo farlo considerando solo quello fisico, è altrettanto importante il recupero mentale, che investe i livelli di concentrazione fondamentale affinché i giocatori riescano a giocare i novanta minuti.
Innanzitutto, il problema del recupero deve essere considerato su due piani distinti in termini di analisi, anche se tra questi intercorre un legame di interdipendenza molto sottile: il piano «mentale-emotivo» e il piano «fisico».
📝 17 Gatti, Vulcano, (2016), La Periodizzazione Tattica. Come e perchè, Editoriale Sport Italia, (IT)
Non diciamo niente di nuovo affermando che la fatica non si manifesta solo «fisicamente»: di certo sarà capitato a tutti di avere un terribile mal di testa leggendo qualcosa di complesso che richiede molta concentrazione. Ciò che può sorprendere è la quantità di fatica «mentale-emotiva» coinvolta nell’atto di allenare e di giocare.
La fatica più importante nel calcio è la fatica centrale, non quella fisica. Dal punto di vista energetico, ogni squadra professionistica minimamente allenata, resiste, con maggiore o minore difficoltà, per la durata di una partita. La fatica centrale è quella che ha a che vedere con uno stato di permanente concentrazione e che permette di reagire immediatamente e in modo coordinato quando si perde palla.
In effetti, si dà in genere molta importanza alla fatica «fisica» (fatica periferica), ma lo stress incide sugli aspetti «mentali-emotivi» (fatica centrale, del sistema nervoso centrale) che derivano dalla necessaria concentrazione tattica decisionale richiesta in allenamento e in partita. Per questo possiamo definire la fatica tattica come quella che subentra quando i giocatori non riescono più a concentrarsi perché sono stanchi di farlo.
La questione del recupero, sia nell’ambito del programma settimanale che nel corso di ogni unità di allenamento, è cruciale, perché è fondamentale che i giocatori si trovino sempre in condizione di assimilare i comportamenti più adatti al gioco richiesto.
I giocatori, dopo ogni serie di esercizi eseguita per raggiungere gli obiettivi prefissati, devono riacquistare le condizioni che permettono loro di riguadagnare naturalità, di rimanere freschi. Per esempio, dover tentare di gestire un problema per trenta minuti non è la stessa cosa che doverlo fare per cinque minuti sei volte: proprio perché in ciascuno di quei cinque minuti hanno la possibilità di rimanere concentrati al massimo.
Per questo, è interessante comprendere il modo di costruire il gioco tenendo però sempre presente il rapporto sviluppo-recupero nel corso del programma settimanale.
“In rapporto alla mia logica settimanale di lavoro, adotto programmi di allenamento che obbediscono a un insieme di principi metodologici diversi, dato che ci sono differenze tra il programma di una settimana in cui c’è una sola partita e quello di una settimana in cui se ne devono giocare due. Quando nella settimana c’è solo una partita da giocare, il giorno successivo metto il riposo. Secondo alcuni, dal punto di vista fisiologico questa non sarebbe la cosa più giusta da fare, ma dal punto di vista mentale lo è. E lo è anche per me, dato che non mi piace lavorare all’indomani di una partita: non riesco a dormire bene, mi costa fatica svegliarmi, concentrarmi, pianificare, pensare, allenare; e in quei frangenti passo più tempo a passeggiare da una parte all’altra che non ad allenare. E per i giocatori è lo stesso. Chi pensa il contrario si sbaglia. Dal punto di vista fisico è meglio allenare il giorno successivo, ma ai giocatori non piace, non si sentono bene. E meglio per il corpo ma peggio per la testa.
La questione va analizzata da un punto di vista globale!
Quindi, il giorno dopo la partita metto il riposo e, se la partita è stata giocata di domenica, il martedì faccio recupero. A partire dal mercoledì, fino al giorno della partita, procedo dal generale al particolare in termini tecnico-tattici. Comincio a lavorare sugli aspetti generali, che vengono rielaborati ogni giorno, ogni settimana, e che sono immutabili nel mio modello. Concludo il miniciclo con il dettaglio tattico, il dettaglio di posizione, tenendo in conto il lato strategico.
Gli aspetti più generali sono i miei grandi principi di gioco e i principali sottoprincipi che danno loro forma, quelli che non abbandono mai. Mi ci concentro ogni settimana.
Il sabato, se il prodotto finale è compiuto, lavoro più sul lato strategico, ma in maniera più teorica, quasi senza giocare. È un allenamento in regime di recupero, ma anche di introduzione alla gara.
Quando ho due partite a settimana, lavoro sui grandi principi nei giorni precedenti alla partita, e fondamentalmente si tratta di quello che voi «conoscete»: periodi brevi, lavoro teorico nel laboratorio/spogliatoio. In campo disponiamo i giocatori in posizione sia in undici contro zero, che nell’undici contro undici, ma quasi senza agonismo.” José Mourinho
È dunque importante evidenziare che il recupero ha senso solo in quanto costituisce l’altro lato della medaglia della Periodizzazione Tattica e come tale non è astratto ma specifico. Così come si ha un modello di allenamento, si deve avere anche un modello di recupero.
Il recupero deve tener conto della naturalezza del processo, che è indivisibile.
Quando parliamo di questa metodologia di allenamento intendiamo un processo di allenamento che è governato, nella sua totalità, dall’acquisizione di una forma di gioco, il che prevede anche il recupero di tale forma di gioco. Ci si allena in specificità e si recupera in specificità.
È altrettanto importante mantenere una regolarità settimanale anche per quanto riguarda l’alternanza dei diversi programmi di sviluppo-recupero. Perché non è biologicamente possibile mantenere quel livello di sforzo, sollecitando ogni giorno gli stessi aspetti del gioco.
Tutti sanno che l’organismo, per garantirsi la veglia, deve dormire. Per sforzarsi, deve riposare e recuperare.
Secondo questa linea, il recupero, inteso come imperativo metodologico, si sviluppa e si evolve su un piano più «fisico», alternando i programmi di contrazione muscolare e, di conseguenza, alternando allenamenti più discontinui ad altri meno discontinui, ma sempre in maniera specifica, più o meno complessa.
In altre parole, tutta questa logica procedurale dev’essere subordinata al sovraprincipio di specificità. Se è importante alternare le densità dei diversi programmi di contrazione muscolare, è ancor più importante non perdere mai la corrispondenza con il modello di gioco.
“Recuperare è importante tanto quanto allenarsi, e bisogna comprendere che, secondo il nostro metodo di lavoro, tutto ciò che riguarda l’allenamento, il recupero e il gioco si decide e si prepara collettivamente, perché essendo specifico deve essere anche indivisibile. I giocatori sono abituati a recuperare correndo continuativamente; noi non condividiamo questa idea, facciamo un lavoro specifico, condizionato dal nostro modello di gioco, concentrandoci sulle strutture sulle quali la fatica della partita incide maggiormente, proponendo esercizi che aiutano anche il recupero mentale, perché è proprio in quell’ambito che la fatica sopraggiunge più rapidamente.” Rui Faria
4.3 La sovradimensione tattica
Abbiamo già presentato il ruolo della sovradimensione tattica all’interno di questa metodologia in quanto il fattore tattico appare come un qualcosa che sta al di sopra delle altre dimensioni, non distinguendosi da esse, ma inglobandole al suo interno.
La tattica è perciò una sovradimensione che guida tutto il processo di allenamento e assume un’importanza centrale, in quanto definisce e operazionalizza tutti quegli aspetti che l’allenatore vuole che vengano messi in pratica (Modello di Gioco) in campo durante la competizione e nelle varie fasi del gioco che il calcio possiede (fase offensiva, fase difensiva, transizione positiva difesa-attacco e transizione negativa attacco-difesa).
Il fatto che sia la sovradimensione tattica a dover orientare ogni esercizio cercando una determinata forma di ‘gioco’ caratterizzata da certi principi e sottoprincipi che compongono un modello di gioco (consentendo l’emergere delle altre dimensioni come conseguenza), fa sì che ogni esercitazione sia dotata di una specificità del ‘gioco’ che desideriamo.
In altre parole, stiamo sempre allenando il nostro ‘gioco’ (anche se ogni giorno lavoreremo su una struttura rispettando così il principio dell’alternanza orizzontale), e ciò fa sì che l’allenamento sia specifico per il nostro modo di ‘giocare’.
Tutte le idee di gioco modellate secondo un’organizzazione collettiva elaborata richiedono grande concentrazione e di conseguenza presuppongono un grande dispendio «mentale-emotivo» e un’elevata fatica tattica.
Allenare in specificità diminuisce le esigenze di concentrazione implicite nella sua forma di gioco perché l’abitudine determina un’economia neurobiologica.
Poiché l’ambito fondamentale della competenza attiene all’inconscio e l’abitudine è una competenza che si acquisisce mediante l’azione, l’allenamento -l’apprendimento mediante ripetizione- finisce per essere il processo di costruzione dell’abilità di gioco in cui l’acquisizione diventa essenzialmente patrimonio dell’inconscio.
In questo senso, l’abitudine permette di salvaguardare la triade corteccia-corpo-azione dalle sollecitazioni più complesse, diminuendo significativamente lo sforzo neurobiologico.
Perciò, partendo dal presupposto che, durante una partita, le esigenze di concentrazione decisionale derivano dalla necessaria attenzione simultanea a un insieme di riferimenti collettivi (l’organizzazione di gioco della squadra è qualcosa che emerge dal rispetto sistematico di un insieme di principi) e dal necessario adattamento costante alla variabilità e all’imprevedibilità delle situazioni di gioco, l’abitudine permette che l’attenzione decisionale sia circoscritta fondamentalmente a calcolare i problemi particolari di ogni situazione, cioè alla gestione dell’istante, del qui e ora.
È certo che, dopo aver «ripetuto gli esercizi svariate volte», l’allenatore deve verificare, sia in allenamento che in gara, se la squadra si comporta in maniera soddisfacente.
E, in questo senso, possiamo parlare di una quantificazione a posteriori, perché tale controllo deriva dalla verifica dell’adeguamento e delle regolarità acquisite grazie all’allenamento (le regolarità sono quelle che l’allenatore vede accadere in situazioni simili sette o otto volte su dieci). Ma questo tipo di quantificazione a posteriori non ha nulla a che vedere con quella che si vuole ottenere con i tradizionali strumenti di controllo.
In ogni caso, sottolineiamo ancora che nella Periodizzazione Tattica l’aspetto fondamentale relativo alla quantificazione è la selezione/costruzione di un complesso di esercizi che permetta alla squadra di sviluppare e acquisire -come atteggiamento, attitudine, abitudine, cioè come comportamento- i principi di gioco richiesti dall’allenatore.
Sia chiaro che solo lo sviluppo e l’attuazione di un’idea di gioco permettono che essa si manifesti con regolarità. In altre parole, solo la ripetizione sistematica rende possibile il consolidamento del modello di gioco.
Così, sarà la quantificazione a priori a guidare il processo di adattamento della squadra; sarà l’elemento che identifica la dinamica evolutiva collettiva e individuale.
Aggiungiamo che, in questa metodologia, tanto la quantificazione a priori quanto quella a posteriori sono quantificazioni effettivamente qualitative. Parliamo cioè di una quantificazione della qualità dell’allenamento, necessaria a concretizzare il gioco! (18)
“Credo che l’allenatore che pretende disciplina dalla sua squadra, invece di concentrarsi spasmodicamente sugli aspetti disciplinari (puntualità, rigore, eccetera), deve cercare prima di tutto rigore tattico, disciplina tattica. È così che ottengo una disciplina globale; a partire dalla mia idea di gioco e dalla sua esecuzione, ottengo il raggiungimento di altri obiettivi. Contestualizzando tutte le mie preoccupazioni.” José Mourinho
Partendo dal presupposto che il tutto è la sua forma di giocare, la disciplina appare come conseguenza psicologica che affiora da questo tutto; è ciò che si intende con sovradimensione tattica, disciplina nel gioco e di conseguenza disciplina nel gruppo, ripetersi nel rigore tattico per non perdere rigore e disciplina nel gruppo.
📝 18 Oliveira, Amieiro, Barreto, Resende, (2009), Questione di metodo, Tropea Italia, (IT).
CAPITOLO V
Ponti per la sostenibilità scientifica di una metodologia rivoluzionaria
Molte delle decisioni dei giocatori, nel pieno svolgimento dell’azione, non sono premeditate, coscienti.
Il giocatore non si chiede «Che cosa faccio qui e ora?»: semplicemente agisce e attua di conseguenza, in maniera automatica, con nozioni che provengono dall’inconscio. Da qui nasce la grande importanza nella struttura della Periodizzazione Tattica e degli allenamenti proposti secondo questa metodologia, perché l’abitudine è un saper fare che si acquisisce in azione. Allenare in specificità e avere nella ripetizione sistematica il supporto per l’acquisizione dei principi di gioco, permette di promuovere l’emergenza, interna alla squadra, di intenzioni in atto in sintonia con le intenzioni previe.
Si può affermare che, con la Periodizzazione Tattica, l’allenatore cerchi di far acquisire ai propri giocatori un insieme di intenzioni previe – rappresentazioni mentali – relative a una specifica forma di gioco e dopo, con gli esercizi, promuovere l’emergenza di intenzioni in atto adeguate alle intenzioni previe, dove il suo intervento è fondamentale per diminuire la discrepanza tra le due.
Possiamo affermare che nell’allenamento il giocatore deve essere libero di agire, che non significa però, agire in modo arbitrario.
È un paradosso? Solo apparentemente; deve esser libero di agire perché per il qui e ora non esiste equazione. Non agisce in modo arbitrario perché le sue intenzioni devono avere come sfondo il tipo di gioco che è richiesto.
All’interno della conversazione l’autore introduce un collegamento con il ruolo della coscienza nel processo esaminato. A suo dire, le intenzioni previe sono premeditate dove le intenzioni in alto possono risultare in molti casi non coscienti; per quanto riguarda la coscienza, appare come un mezzo per fare propri alcuni nostri atti piuttosto che l’elemento che dà impulso all’azione.
Così, la preoccupazione sulla simultanea evoluzione del saper fare e della consapevolezza relativa a questo saper fare, che la periodizzazione tattica fa emergere, permetterà continui auto-feed-backs positivi del giocatore, o anche feedforwards, con tutte le implicazioni positive correlate.
Analizziamo anche il meccanismo del nostro cervello sulla base di quanto sostengono gli autori. Quando si realizza un atto volontario, il cervello produce una copia di efferenza che predice istantaneamente gli effetti dell’azione. Questo fenomeno crea nell’agente di un atto volontario l’idea di un nesso casuale tra un’intenzione e un effetto.
Ora, come dicono gli autori, l’approssimazione tra la coscienza della causa e la percezione dell’effetto è uno strumento privilegiato dell’individuo che tiene conto degli eventi di cui è autore e di quelli di cui non lo è.
È in gioco qui la nozione di agente (o soggetto); in altre parole, il modo con cui l’Io si costituisce nell’azione (nel senso dell’Io in azione) è fondamentale in qualsiasi processo di insegnamento-apprendimento (qual è quello che si verifica nell’allenamento).
Per quale ragione? Perché, per limitarsi a una semplice ripetizione, il processo di apprendimento ha bisogno di un’intenzionalità nelle azioni (legata a un’emotività) in modo da plasmarsi come qualcosa di veramente educativo.
Per questo, quando un agente prende coscienza della sua intenzione nell’atto, attraverso la sua ripetizione sistematica, l’abitudine si acquisisce più facilmente.
Comprendere la concezione (e l’operatività) sottesa a questa metodologia è scoprire che l’apprendimento, l’acquisizione di conoscenze/comportamenti specifici relativi a una determinata forma di gioco, occupa un ruolo centrale. E dunque vedere l’allenare come una vera dinamica di insegnamento-apprendimento. (19)
Questa metodologia inoltre, promuovendo l’introiezione gerarchizzata dei principi di gioco, dove l’allenatore non solo tenta di creare immagini mentali (registrare nel corpo esperienze relative al modello di gioco), ma arriva ad associarle ad emozioni e sentimenti che facilitano le prese di decisioni, ricorre proprio a quelle risorse cerebrali che sono i marcatori somatici.
I marcatori somatici sono un caso speciale dell’uso dei sentimenti creati a partire dalle emozioni secondarie. Tali emozioni e sentimenti che danno origine ai marcatori somatici sono associate, per via dell’apprendimento, del flusso di esperienze, ai risultati, alle conseguenze di determinate azioni o situazioni, e condizioneranno di fronte a scenari simili le decisioni future.
Quando un marcatore somatico si associa a un aspetto negativo e si frappone a un determinato risultato futuro, la combinazione funziona come il suono di un allarme. Ma, quando un marcatore somatico si associa a un risultato positivo, la combinazione funziona da incentivo. Perciò è fondamentale capire che non solo i feedbacks positivi o negativi a segnare le esperienze (corporee). È ugualmente importante che i giocatori, nel cuore dell’azione, sentano in maniera cosciente o incosciente, che le cose funzionano, che i principi di gioco che si intendono sviluppare hanno senso.
L’intervento dell’allenatore, al livello del qui e ora, è determinante ai fini di questo processo.
Mourinho quando si riferiva alla sua scoperta guidata:
“L’obiettivo è che i giocatori comprendano il modello di gioco e si fidino di esso, che facciano qualcosa di loro iniziativa perché convinti che è il modo migliore di farlo e non perché qualcun altro dice: «Facciamo cosi».
📝 19 Oliveira, Amieiro, Barreto, Resende, (2009), Questione di metodo, Tropea Italia, (IT).
lo so dove voglio arrivare, ma invece di dire loro <>, voglio che siano loro a tracciare la rotta.”
“José Mourinho non cerca solo di creare immagini mentali – di registrare nel corpo esperienze relative al suo gioco – ma anche di associarvi emozioni e sentimenti che facilitino le decisioni, utilizzando quell’utensile del cervello che sono i marcatori somatici”, Amieiro, N., Oliveira, B., Resende, N. y Barreto, R., (2006).
Come già evidenziato precedentemente, i sentimenti hanno tanta importanza nella presa di decisioni, perciò sarà fondamentale creare emozioni e sentimenti (marcatori somatici) durante gli allenamenti.
Questo sarà compito dell’allenatore.
Secondo Jensen (2002, citato da Freitas, S. nel 2004), “studi condotti da vari scienziati del Centro per la Neurobiologia dell’Apprendimento e della Memoria suggeriscono risultati di memorizzazione migliori in situazioni di elevata eccitazione emotiva”.
La memoria, in qualche modo, ricorda meglio gli eventi accompagnati da un’intensa carica emotiva.
Damásio, A. (2000), chiarisce che “le emozioni sono inseparabili dall’idea di ricompensa o punizione, piacere o dolore, avvicinamento o allontanamento, vantaggio o svantaggio personale.
Inevitabilmente, le emozioni sono inseparabili dall’idea di bene e male”.
Perciò, l’intervento dell’allenatore in ogni esercizio, trasmettendo e creando emozioni (positive o negative) in risposta a determinati comportamenti dei suoi giocatori in varie situazioni specifiche del nostro “giocare”, influenzerà le future situazioni identiche o simili a quelle già sperimentate, aiutando nella scelta delle opzioni da adottare, creando certe regolarità che conferiranno alla squadra un’identità, poiché “dopo aver associato emozioni positive ai comportamenti desiderati dall’allenatore per il suo Modello di Gioco, e emozioni negative ai comportamenti indesiderati, il giocatore si rende conto e si sente bene quando si comporta in accordo con i Principi, Sottoprincipi e Sotto sotto-principi del Modello di Gioco” (Freitas, S. nel 2004).
Inoltre, otterremo con questo, come abbiamo già detto, minimizzare il tempo di ragionamento in tali situazioni, lasciando così più chiarezza di pensiero per i dettagli e per la creatività.
Conclusioni
Ogni filosofia di gioco e di allenamento presuppone sempre un processo originale dotato di una propria identità.
Cresce e si evolve alimentata dalla conoscenza, in base alle necessità imposte da quello stesso imprevedibile processo, diventando via via sempre più complessa e rispecchiando per approssimazione l’idea dei suoi mentori.
La necessità obbliga a pensare, riflettere e a soffermarsi senza sosta su un gran numero di nuove idee, problemi e possibili soluzioni, ben sapendo che la situazione è transitoria, che il processo si arricchisce rapidamente, per diventare sempre più complesso e impegnativo senza mai giungere a definirsi in modo compiuto.
Attuare una filosofia significa dare corpo all’intelligenza, all’immaginazione e alla creatività. Comporta la responsabilità di un rapporto ombelicale tra la pratica, il riferimento ideologico e il suo inventore.
L’evoluzione si compie al ritmo di ogni esercizio, di ogni allenamento, di ogni partita e di ogni competizione; si realizza man mano che si va costruendo.
L’obiettivo sarà sempre lo stesso: introiettare a livello cerebrale quella dinamica di comportamento che riassume in sé organizzazione, filosofia ed emozione.
Creare intenzioni e abitudini.
Rendere conscio e poi subconscio un insieme di principi che costituiscono una forma di gioco.
Al giorno d’oggi, trasformare i concetti e trasgredire le convenzioni è un’idea avversata da molti, che tenta qualcuno ma è sconosciuta ai più.
Il presente lavoro ha cercato di illustrare una metodologia di allenamento assai distante dai metodi di allenamento classici e tradizionali che in uno sport come il calcio esistono da sempre.
Si è voluto esporre un particolare approccio nato in Portogallo dalla mente geniale del professore Vitor Frade, che fa dell’organizzazione del gioco e della sua manipolazione cosciente e quasi scientifica, il proprio credo.
Esso pone la dimensione tattica, vera organizzatrice del gioco, a ‘regia’ del processo d’allenamento a cui saranno sottoposte le restanti dimensioni (tecnica, fisica e psicologica).
Questa metodologia che pone le sue radici nella teoria dei sistemi dinamici, nella cibernetica, nelle neuroscienze, nella geometria frattale, nella teoria della complessità e nella sociologia prende il nome di ‘Periodizzazione Tattica’.
Il principale obiettivo della Periodizzazione Tattica è quello di permettere, mediante il rispetto di chiari principi metodologici e di uno specifico modo di allenarsi, un’organizzazione tattica di squadra che possa essere interiorizzata dai calciatori non solo a livello cosciente ma anche subcosciente, di modo che essi possano esprimere livelli qualitativi assoluti nel gioco collettivo proposto.
Affinchè si possa ottenere un’organizzazione tattica ottimale, non è quindi sufficiente che la squadra si alleni secondo una specificità generale del gioco del calcio, ma è necessaria una specificità rispetto a dei principi organizzativi (ed organizzanti) collettivi, ovvero a un Modello di Gioco.
Il Modello di Gioco è la concretizzazione pratica dell’idea di gioco dell’allenatore che si adatta al contesto in cui si inserisce, alle caratteristiche dei giocatori e a numerosi altri fattori che ne condizionano lo sviluppo.
La definizione di un Modello di Gioco diviene quindi un presupposto fondamentale affinchè si possa perseguire l’approccio sistemico all’allenamento proposto dalla Periodizzazione Tattica.
La Periodizzazione Tattica non è la formula perfetta che permette di vincere campionati e di alzare trofei poiché, fortunatamente, il calcio e la sua imprevedibilità fuggono da schemi precostituiti e ricette del successo.
Nonostante questo, è fondamentale perseguire un approccio scientifico a tutto quello che riguardano i compiti che un allenatore deve assolvere per rendere al meglio e, ad oggi, la periodizzazione tattica è un’ottima direzione metodologica da perseguire per arrivare a massimizzare quanto più possibile le qualità e le potenzialità di una squadra di calcio.
Bibliografia e sitografia
- Gatti P., Vulcano L. (2016), La Periodizzazione Tattica come e perché, Editoriale Sport Italia.
- Amieiro N., Barreto R., Oliveira B., Resende N. (2009), Questione di metodo, Mourinho, Marco Tropea Editore s.r.l.
- Vulcano L., Periodizzazione Tattica, il calcio organizzato mediante l’operalizzazione di un modello di gioco, (https://www.figc.it/media/187791/vulcano-luciano_tesi-master.pdf).