“Creatori di metodo”: il metodo integrato
Crearsi un proprio metodo sta alla base dell’essere allenatore autentico, profondo ed evoluto.
Dobbiamo considerarci come una figura curiosa, rispettosa del passato ma aperta all’innovazione e
in costante sviluppo.
Se è vero che “siamo tutti ladri delle idee altrui”, come sostiene Guardiola, attraverso il viaggio di questa rubrica proveremo a riflettere sugli aspetti caratteristici delle metodologie più affermate, allo scopo di condurre l’allenatore a decidere, in totale autonomia, come rielaborarle ed eventualmente farle proprie, diventando creatori di sé stessi.
Come di consueto l’intento sarà quello di prendere in considerazione una metodologia che ha influenzato il calcio moderno ed ottenerne degli spunti di riflessione che potranno essere utilizzati per evolvere il proprio metodo.
In questo episodio la nostra attenzione sarà rivolta al metodo integrato, il quale nasce con l’idea di sviluppare delle proposte che contemplino prevalentemente l’utilizzo della palla e che allenino in sinergia tutte e quattro le componenti funzionali del calciatore, ossia l’aspetto tecnico, tattico, condizionale ed infine quello cognitivo.
⚠️ Pilastro su cui si basa tale metodologia è il concetto secondo cui la funzione d’insieme del calciatore ha un valore maggiore della somma dei valori espressi dalle singole componenti funzionali. All’interno di tale funzione d’insieme le singole componenti interagiscono tra loro influenzandosi vicendevolmente e manifestandosi attraverso un comportamento emergente complessivo che non è più riconducibile alla singola peculiarità di ogni componente funzionale che lo ha generato.
Di conseguenza ritengo opportuno soffermarmi in prima battuta su un aspetto fondamentale di questa metodologia, ossia il fatto di favorire un contesto che punti sulla complessità.
Il gioco del calcio è un ottimo esempio di sistema complesso, in quanto contiene al suo interno tantissime interazioni, molteplici variabili ed un alto grado di imprevedibilità. Sarà compito di noi allenatori riuscire a proporre ai giocatori i migliori scenari possibili durante le settimane di allenamento, in modo che essi possano imparare a vivere e relazionarsi dentro questa complessità, rapportandosi ad essa in funzione degli obiettivi e consapevoli che contemporaneamente la staranno modificando, dando vita ad un continuo vortice di cambiamento.
“Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume”
Eraclito
Addentrandoci più nel dettaglio, nel momento in cui avrete intenzione di sviluppare per i vostri giocatori delle proposte che favoriscano la complessità, dovrete tenere conto di alcuni parametri che vi indicheranno se sarete più o meno vicini al suo naturale manifestarsi all’interno del gioco del calcio.
Al di sopra di tutto dovranno essere presenti i due elementi (variabili) regolatori del gioco: il tempo e lo spazio, liberi di essere manipolati così come il gioco stesso permette.
Dalla loro interazione/manipolazione si genererà un’importante conseguenza, ovvero la variazione della condizione numerica all’interno di essi, che chiaramente dovrà essere orientata a generare vantaggi per la propria squadra e svantaggi per la squadra avversaria.
Proseguendo nella disamina si dovranno tenere in considerazione ulteriori parametri come:
✔️ La direzionalità, in quanto il gioco del calcio è polarizzato (due porte, due direzioni), ma ci sono mezzi di allenamento orientati (una direzione) oppure non orientati.
✔️ La presenza dei compagni, che permette il generarsi delle relazioni e delle seguenti modalità di azione durante le vari fasi del gioco.
✔️ La presenza degli avversari attivi, che permette di reagire ed agire in funzione dei loro comportamenti.
✔️ La condizione numerica iniziale di equilibrio, dato che la presenza di jolly, comodini o un disequilibrio predeterminato può agevolare il manifestarsi di alcuni comportamenti ricercati, ma annulla una condizione reale del gioco.
⚠️ Maggior aderenza sarà prestata a questi parametri e maggiore sarà il grado di complessità che offriremo ai giocatori attraverso i contesti di allenamento creati.
Un ulteriore aspetto che dobbiamo tenere in considerazione è l’utilizzo di vincoli (numero di tocchi, numero di passaggi, porticine che devono essere attraversate, combinazione obbligatorie, ecc.), poiché maggiore sarà il loro utilizzo, maggiore sarà la distanza che creeremo rispetto alla reale complessità del gioco.
Ecco quindi che il “come usufruire” di parametri e vincoli diventa per l’allenatore un’importante opportunità per incidere sul percorso dei giocatori, attraverso proposte settimanali personalizzate in funzione delle reali abilità ed esigenze del gruppo in un determinato momento del loro percorso.
Un altro aspetto su cui mi voglio soffermare, con l’intento di scaturire in voi lettori domande e riflessioni, è quello legato all’idea che attraverso l’applicazione di una determinata metodologia si possa raggiungere un’identità che ci renda riconoscibili. Se partiamo dalla terminologia del metodo preso in esame, ossia “integrato”, questo rimanda come abbiamo detto ad un’idea di miscelazione di vari elementi che perdono la loro identità individuale per dare vita ad un nuovo comportamento emergente complessivo, non più riconducibile alle singole caratteristiche identitarie delle componenti iniziali. Credo sia un pensiero comune quello che riporta all’identità come ad una configurazione stabile degli elementi che la compongono e che le garantiscono una continuità che si mantiene con il passare del tempo.
A ben pensarci, però, per ottenere tutto ciò ci si “scontra” con la necessità di dover ridurre e confinare la complessità intrinseca nel nostro gruppo per riuscire a tracciare ed identificare in maniera chiara ciò che siamo da ciò che sono gli altri. Per decidere ciò che siamo, o ciò che vorremo essere, dobbiamo quindi identificare i nostri confini, capire cosa mantenere e cosa invece eliminare, scegliere rispetto a quali aspetti del gioco essere inclusivi ed essere invece esclusivi nei riguardi di altri. Dobbiamo separare per andare alla ricerca dei particolari che ci contraddistinguono e che rendono unico ed irripetibile il nostro sistema squadra.
In questo modo, tuttavia, andiamo alla ricerca di una stabilità che ci distingue dagli altri che purtroppo si basa su molte privazioni e rinunce.
Ecco quindi che se da una parte risulta fondamentale arrivare ad un’identità che innanzitutto ci renda riconoscibili agli occhi di chi ne fa parte e di chi ci osserva, dall’altra il compito di noi allenatori, insieme ovviamente allo staff tecnico e dirigenziale, sarà quello di evitare che la ricerca della nostra identità soffochi l’identità stessa e di conseguenza la squadra.
E’ il concetto di evoluzione che credo si debba abbinare all’idea di identità, in quanto il nostro sistema squadra è in continuo cambiamento e vive all’interno di altri sistemi (società di appartenenza, competizioni che permettono il confronto con altre realtà) anch’essi non fissi, ma in continuo mutamento.
Per fare ciò dovremo prestare molta importanza ai concetti di connessione, di pluralismo, di osservazione e di inclusione, rispetto a idee ed aspetti esterni alla nostra identità che le permettano di sopravvivere ed evolversi nel tempo.
Dovremo riuscire ad accettare il dissapore della rinuncia ed assumere con grande orgoglio la responsabilità delle nostre scelte che determineranno ciò che saremo.
Foto: https://giovanistreghe.com