Arbroath F.C – Bon Accord: 36 a 0 (coppa di Scozia, 1885)
Dinamo Bucarest – Crusaders: 11 a 0 (Coppa Campioni, 1974)
Liverpool – Besiktas: 8 a 0 (Champions League, 2007)
Real Madrid – Malmo: 8 a 0 (Champions League, 2015)
Benfica – Nacional: 10 a 0 (campionato Portoghese, 2019)
L’argomento di questo articolo so già perfettamente che finirà per far discutere, per alimentare il confronto e lo scambio di opinioni; il che è esattamente ciò che voglio.
Senza voler tirare in ballo il 149-0, del 31 Ottobre 2002, tra l’AS Adema e l’SO de l’Emyrne, valevole per il campionato del Madagascar (pare che per protesta contro l’arbitro l’SO abbia deciso di infilare la propria porta con un autogol dietro l’altro), che ad oggi rappresenta la partita con più gol nella storia del calcio, i risultati che trovate qui sopra rappresentano alcuni esempi di un tema sempre d’attualità:
Si dimostra rispetto per l’avversario continuando a giocare al massimo delle proprie possibilità, fino all’ultimo minuto, o rallentando – in segno di non so quale rispetto – quando il risultato è al sicuro?
In Italia in particolare, mi sembra che la vicenda susciti piuttosto scalpore, tanto da arrivare a chiedermi se non sia un problema solo nostro, legato alla nostra bassissima cultura sportiva. Perché, parliamoci chiaro, in merito il nostro paese è mediamente ignorante.
Ricordo come fossero ieri due sconfitte piuttosto pesanti che maturai all’incirca 10 anni fa, quando, alla guida di una squadra Giovanissimi e una di Pulcini, perdemmo rispettivamente 15-0 e 19-0. Allo stesso modo però, ricordo chiaramente le sensazioni che provai durante e nel post match, interrogandomi a lungo su cosa avessi potuto sbagliare e su cosa avremmo potuto sistemare nei mesi successivi.
Tra questi sentimenti però, non vi era la benché minima traccia di rabbia, odio o di sdegno nei confronti degli avversari, consapevole che lo sport esige competizione e che questa si realizza nel momento in cui scendo in campo per dare il meglio di me stesso.
Per questa ragione non riesco proprio a comprendere le offese che dovetti ascoltare quando, ritrovandomi questa volta dall’altro lato della barricata, con la mia squadra vincemmo 17-0 una partita valevole per il campionato Allievi Regionali; o il disappunto di molti colleghi dell’Attività di Base quando con le mie squadre si vinceva in larga misura. Addirittura ricordo che una volta ci diedero dei “disonesti” perché il nostro portiere avanzava con la palla fino ad arrivare alla conclusione in porta (“state giocando uno in più”).
In più occasioni mi è stato chiesto di rallentare, di fermarmi, di non affondare il colpo. Ma personalmente, non ne ho mai voluto sapere.
Quando i risultati assumono contorni così rotondi è perché spesso il divario tra le due squadre è piuttosto grande, sintomo di una partita che già di per sé difficilmente riuscirà ad essere allenante e formativa. Proprio per questa ragione ritengo si debba fare tutto il possibile per cercare di trasformarla in un momento comunque utile per la crescita del singolo e del collettivo. Ritengo che ciò sia possibile solamente offrendo il meglio di sé stessi, dimostrando rispetto all’avversario mettendogli a disposizione la nostra miglior performance, “il nostro miglior noi”.
Se in momenti come questo sono assolutamente favorevole a qualche esperimento, come ad esempio cambiare ruoli – con più di qualche piacevole sorpresa riscontrata negli anni – non sono dello stesso avviso per regole e imposizioni prima di poter segnare, che finiscono a mio avviso per creare confusione ed inevitabilmente abbassare la performance della squadra.
Il significato di Rispetto credo che probabilmente nel nostro paese sia un po’ aleatorio, nel momento in cui si chiede all’avversario di non affondare più il colpo, di giocare risparmiando le proprie energie, le proprie possibilità. Discorso diverso quando il più forte comincia a giocare deridendo il più debole. Ecco, in quei casi non ci sto, perché viene meno proprio la condizione iniziale: il rispetto.
In conclusione, sarei più contento se l’avversario ci massacrasse a suon di gol, facendoci vedere tutto il proprio valore e dimostrandoci tutti i nostri limiti, piuttosto che assistere ad una squadra che per compassione, pietà, gioca contratta e limitata, imprigionata da una cultura sportiva che proprio non comprendo.
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