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“Vado in Spagna” – Capitolo 8, di Claudio Misani

2 Luglio 2018

“Vado in Spagna” – Capitolo 8, di Claudio Misani

Nel corso di questi anni ho sempre dato spazio alle esperienze di amici e colleghi che sono emigrati all’estero in cerca di fortuna o, più semplicemente, di riconoscimenti personali che nel nostro paese faticano a raggiungere.

Oggi è il turno del collega Claudio Misani che, in questa rubrica, ci racconterà della sua avventura in Spagna.

La mia avventura al corso Uefa B procede molto positivamente e sta riservando continue sorprese: questa settimana abbiamo avuto la lezione con il Direttore della “scuola allenatori” della Federazione Catalana, Israel Lòpez.

E chi se non il direttore può trasmettere le idee che in Spagna si portano avanti?! In questo capitolo parlerò degli aspetti che ha trattato e che mi hanno colpito maggiormente.

Partirei affrontando un tema molto d’attualità in Italia in queste ultime settimane (soprattutto dopo le nuove riforme proposte dalla Federazione Italiana sull’obbligatorietà di tecnici qualificati anche per il settore giovanile dilettantistico). Il Direttore ci ha informato che il numero degli iscritti all’albo dei tesserati in Catalunya è circa 16.000, ma le squadre che partecipano alla totalità dei campionati sono “solo” 10.000. Se calcoliamo che spesso gli allenatori fanno una doppia (se non tripla squadra), ci sono almeno 6.000 allenatori “a spasso”.

Di questi 16.000, Israel affermava che circa 7.000 non possiedono più i requisiti per poter allenare e che quindi la sua intenzione sarebbe quella di revocar loro la licenza ottenuta (anche se ha evidenziato la difficoltà di portare avanti questo procedimento).

Un altro tema affrontato è stato quello legato all’aspetto contrattuale: con il titolo Uefa B l’allenatore ha la possibilità di poter sottoscrivere due contratti con la stessa società per due categorie differenti (una di F7 e una di F11); invece con il patentino Uefa A (e qui viene la cosa interessante) l’allenatore può sottoscrivere due contratti in due società differenti.

La retribuzione prevista dal contratto è mediamente bassa (soprattutto in categorie di F7) ma permette di avere “ciò che ti spetta” alla fine di ogni mese, senza dover ricorrere a vie legali in caso di mancato pagamento.

Lasciando quindi da parte le tematiche più burocratiche e venendo al “campo” (in particolare la parte metodologica), Lòpez ha parlato della componente formativa tecnica, dividendola innanzitutto in “tecnica individuale” (tirare, passare, controllare, etc…) e in “tecnica collettiva”.

La tecnica collettiva non è l’applicazione dei gesti tecnici in una situazione di gioco, bensì è l’applicazione dei gesti tecnici al “modello di gioco” e si riferisce soprattutto alla posizione in cui un giocatore gioca normalmente. Vengono chiamati appunto “fondamenti”, ovvero delle azioni che il giocatore deve applicare nelle fasi di possesso e non possesso in funzione del “modello di gioco” e del “ruolo”; esisteranno quindi i “fondamenti” per i difensori centrali, terzini, centrocampisti, etc…

Un esempio che ci è stato fatto di “fondamento per i difensori centrali” è quello di conduzione palla in situazione di spazio libero, con l’obiettivo di attrarre uno o più avversari e generare quindi situazioni di superiorità numerica in zone più avanzate del campo.

Le azioni di “tecnica collettiva” si possono definire quindi azioni individuali basate sulla creazione di vantaggio collettivo; a leggerle sembrano cose quasi “scontate”, però spesso ci si dimentica di correggere determinati comportamenti.

Dopo aver affrontato, nel corso di questa esperienza annuale e durante il corso, questa divisione dell’area formativa “tecnica”, ritengo molto interessante e di grande aiuto tenerne conto quando si deve pianificare una seduta di allenamento.

Questa divisione per fondamenti individuali per ruolo è la stessa su cui si basa la metodologia MBP, di cui parlerò in uno dei prossimi articoli, che però include anche i “fondamenti di linea” e “fondamenti universali” (in base alla zona in cui si trova il pallone).

Il “Modello di gioco” è una definizione che si sente molto spesso in Spagna. Spesso viene associata agli adulti, ma nella loro cultura calcistica, gli spagnoli ritengono che anche una squadra di Benjamin debba avere il suo modello di gioco (ovviamente riadattato e non specifico come in una prima squadra), perché come dicono loro “il sabato si deve giocare e i bambini devono sapere cosa fare”.

Questo non significa che tutto l’allenamento si basa sul Modello di gioco (e quindi sulla “tecnica collettiva”) e infatti nelle categorie del F7 si affrontano maggiormente altri aspetti, però è comunque una parte da tenere in considerazione nel momento della pianificazione.

La “tecnica individuale” viene allenata molto ma non in maniera analitica (come già avevo accennato in uno dei precedenti articoli), spesso in situazione (mediante “rondos“, “partite a tema”, “possessi”, “giochi di posizione”, etc…) per avere quel “transfert” dall’allenamento alla partita. Questo “transfert” si otterrà solo se il giocatore saprà “quando, come e perché fare un determinato gesto”, solo se capirà i vantaggi e gli svantaggi di una certa decisione; per questo la federazione vuole creare allenatori che sappiano a loro volta “costruire giocatori che capiscano il gioco” (e non che facciano le cose in maniera meccanica).

Questa volontà di insegnare a capire il gioco è una delle principali differenze che c’è tra la Spagna e altre nazioni, in cui si dà priorità ad altri aspetti. Il gioco non si insegna solo nelle prime squadre! Si inizia fin da bambini (Benjamin), e a partire da quell’età si vanno a sviluppare tutte le altre dimensioni: da quella “tecnica“, alla “coordinativa“, fino alla “condizionale” nei più grandi.

La parte “tattica” invece, intesa come “comprensione del gioco e presa di decisione” (contestualizzata) è l’area o aspetto su cui maggiormente la Spagna lavora. Penso che i risultati ottenuti nell’ultimo decennio siano sotto gli occhi di tutti, non tanto come titoli vinti (che comunque non sono pochi) ma soprattutto come interpretazione del gioco, sia nei club (come il FC Barcelona) che nella nazionale, sintomo di una linea guida comune data dalla Federazione e attuata dai vari club, anche se applicando principi differenti.

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