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Teoria coaching mentale ed emotivo

La resilienza raccontata dagli adolescenti – Episodio 2

4 Agosto 2021

La resilienza raccontata dagli adolescenti

Nell’articolo di oggi il secondo episodio di una serie di racconti e storie narrate dagli adolescenti di un istituto superiore. Come docente di scienze motorie e sportive, in una scuola di secondo grado, durante la didattica a distanza ho voluto affrontare con gli studenti alcuni argomenti a me molto cari, quali comunicazione, emozioni e resilienza.

L’intento era quello di riuscire a comprendere come avrebbero reagito su tematiche “delicate” e, quanti di loro, almeno per iscritto, avrebbero avuto la voglia e il coraggio di farsi conoscere. Non vi nego, infatti, che alcuni alunni hanno rifiutato l’invito a raccontare episodi del proprio passato che, per loro stessa ammissione, avrebbero finito per far riaffiorare ricordi troppo dolorosi. Per questo motivo ho deciso di non forzare la mano, lasciando la libertà di accettare o meno l’invito e di descrivere ciò di cui avessero maggiormente voglia di raccontare.

In questo episodio leggeremo alcuni estratti raccolti dai pensieri di alunni di terza superiore.

Il racconto di Paolo (nome inventato)

Ultimamente penso di essere caduto in depressione, non so ancora per quale motivo; forse lo scoprirò più avanti. Per il momento in ogni caso sorrido, rido e vado avanti, pur con questa sensazione di rotto e di tristezza dentro di me. Ogni sera penso e mi ripeto che ormai dentro di me ho toccato il fondo. Continuo a provare la sensazione di non aver finito, di continuare a “sparire” e il perdurare della risposte alle mie domande. Un giorno potrà finalmente ritornare a sorridere dentro, ma quel giorno quando sarà?

Voglio resistere fino alla fine. La testardaggine di certo non mi manca ma questo può essere anche un limite, considerato che ritengo corrette solamente le mie idee e sensazioni.

Sto passando un brutto momento che mi sta cambiando. Ho paura di peggiorare e di non riuscire più a tornare indietro.

Il racconto di Ludovico (nome inventato)

A tutti penso sia capitato di sentirsi dire da altri che non ce l’avremmo fatta a raggiungere un determinato obbiettivo, salvo infine riuscirci. A me è successo varie volte con la scuola, con lo sport o con lo studio. La resilienza per me è un fattore che, in questo periodo particolare della mia vita, mi colpisce particolarmente con la scuola.

Ho perso la passione per lo studio e la voglia di impegnarmi. Non riesco a dare una spiegazione a questo decadimento scolastico. Le persone che mi stanno attorno hanno sempre cercato di incoraggiarmi, eppure ho come la sensazione che l’unica persona che a volte cerchi di ostacolarmi, anche involontariamente, sia io.

Il racconto di Marco (nome inventato)

[..] Dopo l’intervento ho passato il periodo più difficile della mia esperienza. Per due mesi facevo fatica a camminare, dormire o andare in bagno. Quando uscivo di casa ero limitato nei miei movimenti.

Nonostante tutto questo, anche se con molta fatica, sono riuscito ad affrontare tutto questo senza arrabbiarmi o deprimermi. Ho imparato quanto sia importante sorridere nella vita, che bisogna essere felici e sentirsi sempre sicuri del fatto che, in ogni momento, possiamo far fronte alle difficoltà che ci troveremo di fronte; perché non esiste in tutto il mondo un problema che non possa essere risolto grazie alla ferrea volontà di un individuo libero da paure e condizionamenti.

Superare le difficoltà fa parte della vita. Esse vanno viste come prove con noi stessi. Sono piccole sfide che ci aiutano a crescere, ad imparare e creare nuove soluzioni.

Il racconto di Giuseppe (nome inventato)

Sono sordo da un orecchio e ciò mi ha causato diversi disagi durante tutta la mia vita. L’uso della mascherina, ad esempio, soffoca la mia unica possibilità di facilitare l’ascolto attraverso il labiale. Il mio
parlato non va tanto meglio. Non riesco ancora ad accentare bene le parole, formulare frasi senza sbagliare
l’ordine delle parole; talvolta balbetto. Comprensibile, visto che solo all’età di 6 anni si accorsero del mio problema.

Nonostante ciò ho sempre affrontato tutto come una situazione normale. I bambini della mia stessa età invece mi bullizzavano. Mi escludevano perché diverso e perché non riuscivo a sentire immediatamente ciò che dicevano.

Il racconto di Giacomo (nome inventato)

La resilienza per me è più un obbiettivo da raggiungere e perseguire che un qualcosa di racchiuso in un episodio passato. In diverse occasioni mi ripeto che dovrei avere costanza, che dovrei riuscire a fare quel passo che serve per salire di un gradino ed avanzare faticosamente sulla scala della vita, ma la stragrande maggioranza delle volte preferisco cedere e scendere quel gradino. E’ facile mollare, ignorare i problemi e metterli da parte. I muri però non si schivano né si aspetta che crollino. I muri in questione vanno sfondati, e se non lo si può fare allora si tenta di scalarli.

Mi comporto nella maniera più semplice soprattutto quando si tratta di cose che dipendono esclusivamente da me. Se provo ad imparare una nuova lingua, o provo a sperimentare qualche nuovo passatempo, sovente lascio stare presto perché alle prime difficoltà perdo quella grinta che pensavo d’essermi imposto.

Il racconto di Paola (nome inventato)

Non mi sento una persona resiliente, forse perché non ho mai vissuto eventi traumatici, o forse perché non saprei come reagirei se questo accadesse.

Non vorrei mai provare a scoprire se sono una persona resiliente perché non voglio che la mia vita diventi colorata. Con questo non intendo che voglio una vita apatica, ma solo tranquilla, coi miei amici, la mia famiglia, i miei passatempi e che ogni giorno si ripeta all’infinito, fino alla sua fine.

La cosa che mi fa più timore è che la mia vita diventi come nei libri, piena di avventure ed emozioni, o con amori e problemi. Vorrei che il mio quotidiano fosse più simile al lettore del libro, che se ne sta giorni a leggere il libro.

Non sono totalmente d’accordo con la definizione di resilienza. Non penso sia una capacità quella di poter affrontare al meglio i traumi. Penso sia invece l’unico modo per salvarsi dalla disperazione che questi traumi ti portano.

Il racconto di Giulio (nome inventato)

Tutt’ora mi pento di un particolare momento nel quale non sono riuscito a rialzarmi e a reagire in modo da cambiare la mia situazione, ovvero il mio ultimo periodo calcistico.

Il calcio è sempre stato e rimane il mio sport preferito. Quasi due anni fa ormai, la società nella quale mi trovavo e in particolare il mio allenatore, hanno attuato nei miei confronti alcuni comportamenti poco rispettosi, trascurandomi dal resto del gruppo.

Ciò che volevo era dimostrare il mio potenziale e le mie capacità, facendogli capire che si sbagliavano su di me. Così però non avvenne. Mi sentii talmente colpito da ciò che mi stava succedendo, da non essere in grado di alzare la testa ed andare avanti. Così lasciai questo sport, con tanta amarezza e dispiacere.

Il racconto di Jessica (nome inventato)

La pandemia da Covid-19 ha suscitato in me forti emozioni. Mi sono sentita smarrita. Il fatto che non potessi vedere i miei amici ed i miei cari mi sembrava così surreale da non farmi vedere un solo aspetto positivo.

Penso sia stato proprio il momento che tutti attendavamo – la fine del lockdown – quello che mi ha permesso di rendermi conto di quanto sia importante dare il giusto valore al tempo trascorso insieme. La prima volta che ho rivisto il mio ragazzo dopo tante videochiamate e chat, al di là della forte emozione, una volta a casa mi sono resa conto che nulla dovrebbe essere dato per scontato: da un forte abbraccio ad una passeggiata in centro.

Il dare valore al tempo trascorso insieme penso sia stato il lato resiliente di questo frangente di vita che stiamo vivendo. Da un senso di smarrimento, di apatia, che inizialmente mi aveva avvolta, sono passata ad uno stato d’animo più profondo ed attento, facendomi godere di tutti quegli attimi che magari prima davo per scontati.

In questo momento ritengo di dover lavorare ancora molto in questa direzione. Tutto questo clima di terrore, di incertezza su aperture e chiusure, la scuola che funziona a singhiozzo, fanno si che per forza io debba cercare qualcosa di positivo. Solo così riuscirò ad affrontare il tempo che passa.

Il racconto di Sandro (nome inventato)

Fin da quando sono piccolo mi é sempre piaciuto far ridere le altre persone, permettendomi di riempire un po’quel vuoto che avevo dentro. Mi sentivo realizzato nel vedere le persone apprezzare quello che facevo.

Ho sempre avuto problemi nei rapporti di amicizia ma è in questo periodo (con questa pandemia) che ho sofferto tanto il non vedere le persone a cui tengo; nonostante io sia spesso una persona che si chiude e tende a stare da sola. Pochi mesi fa dissi che lo stare solo non mi dispiaceva, ma ora mi devo ricredere. Le relazioni sociali sono importantissime soprattutto alla nostra età e credo che nonostante si possa essere in difficoltà nel creare rapporti duraturi, ci sia bisogno anche semplicemente di momenti di stacco totale da tutto e godersi il momento o la semplice risata.

Dell’attività in classe mi ha colpito molto il tema della motivazione perché mi ha portato a rifletterci. Penso ci sia bisogno di una motivazione esterna oltre che interna, perché mi rendo conto che le persone tendono a non credere in te o a cercare di buttarti giù. Per questo credo sia bello avere la consapevolezza che ci sia qualcuno che creda realmente in te e che ti motivi nel fare quello che ti piace giorno per giorno.

 

 

 

 

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