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Creatori di metodo

“Creatori di metodo”: la metodologia G.A.G.

7 Aprile 2021

“Creatori di metodo”: la metodologia G.A.G.

Crearsi un proprio metodo sta alla base dell’essere allenatore autentico, profondo ed evoluto.
Dobbiamo considerarci come una figura curiosa, rispettosa del passato ma aperta all’innovazione e
in costante sviluppo.

Se è vero che “siamo tutti ladri delle idee altrui”, come sostiene Guardiola, attraverso il viaggio di questa rubrica proveremo a riflettere sugli aspetti caratteristici delle metodologie più affermate, allo scopo di condurre l’allenatore a decidere, in totale autonomia, come rielaborarle ed eventualmente farle proprie, diventando creatori di sé stessi.

Ben ritrovati per affrontare insieme una nuova tappa del percorso tra le metodologie che maggiormente hanno influenzato il calcio moderno: oggi è il turno della metodologia G.A.G., acronimo della struttura di allenamento basata sull’alternanza Globale – Analitico – Globale.

Questa metodologia si sviluppa prevalentemente in Belgio attraverso la Royal Belgian Football Association, che dapprima commissiona uno studio all’università di Lovanio per poi trasferirne i contenuti a tutte le scuole calcio del Paese.

Alla base di questo approccio metodologico troviamo innanzitutto la volontà di “prendere il meglio” dalle due grandi scuole di pensiero (metodo Globale e metodo Analitico appunto) unitamente all’idea di evitare uno sviluppo lineare – dal semplice al complesso – della seduta di allenamento, ovvero dall’esercitazione analitica a quella situazionale per terminare poi con la partita. Gli stimoli sono dunque orientati al miglioramento delle capacità tattico – cognitive per creare i così detti giocatori “pensanti” o “sceglienti”.

Nello specifico, la seduta di allenamento caratteristica della metodologia G.A.G. si struttura in tre fasi principali: una prima parte che contempla una proposta Globale in cui si cerca di far emergere un principio tattico o una determinata gestualità tecnica applicata, una seconda in cui si troverà una proposta analitica per correggere e migliorare ciò che precedentemente si è cercato di far emergere ed infine una nuova proposta Globale atta a osservare il grado di miglioramento nello sviluppo del principio o della gestualità ricercata.

Addentrandoci più a fondo in questa metodologia, un primo aspetto che credo valga la pena “rubare” è quello dell’importanza dell’osservazione da parte dell’allenatore nel primo momento globale, in quanto questo processo determinerà in maniera fondamentale le proposte e lo sviluppo dell’intera seduta.

Credo che ogni allenatore debba contemplare all’interno del proprio metodo delle strategie osservative che spaziano dal saper osservare, al sapersi posizionare fino alla scelta del cosa osservare.

Innanzi tutto l’osservazione presuppone che l’osservatore (in questo caso il Mister) non si limiti a posare lo sguardo in direzione dell’evento di interesse, bensì dovrà attivare dei processi cognitivi che gli permettano di esaminare e considerare con attenzione ciò che si sta manifestando per stabilire su cosa intervenire. La capacità di osservare è tanto importante in settimana (preparazione e conduzione delle sedute) quanto nel weekend (adattarsi a ciò che emerge dal confronto con gli avversari), ed è per questo che deve essere costantemente allenata per essere potenziata.

Il saper osservare con qualità vuol dire essere in grado di percepire in maniera precisa i comportamenti dei giocatori con l’intento di comprendere la vera causa che genera i comportamenti stessi. Durante questo processo l’allenatore (osservatore) avrà in mente una rappresentazione ottimale del modello di comportamento, ossia un’aspettativa, basato sulle proprie esperienze e conoscenze e che sarà da riferimento; ma dovrà anche possedere la capacità e l’umiltà di comprendere ed accettare ulteriori modelli di comportamento efficaci sviluppati in autonomia dai propri giocatori.

Altro aspetto “strategico” che dobbiamo considerare è il sapersi posizionare, in quanto influenza in maniera determinante la qualità della nostra osservazione. Innanzitutto ci sono delle differenze in base al mezzo di allenamento scelto. Utilizzando un rondo, uno SSG o comunque una proposta che coinvolge un numero ridotto di giocatori, assumendo una posizione che permetta una visuale ad esempio a “grandangolo” si avrà la possibilità di osservare gli sviluppi nella loro completezza e contemporaneamente fornire feedback o indicazioni a ciascuno dei giocatori coinvolti mentre, proponendo una contrapposizione, una partita a tema o in ogni caso una proposta di maggiore complessità, ciò non sarà più possibile. In questo secondo caso l’osservatore dovrà scegliere se mantenere un punto di osservazione “largo”, per osservare la proposta e i suoi sviluppi nella loro completezza, oppure spostare il punto di osservazione per farlo diventare più “stretto”, in funzione dell’obiettivo principale per coglierne i particolari dell’esercitazione. Nel concreto, proponendo ad esempio una contrapposizione che si sviluppa in un’intera metà campo e che vuole sollecitare la sotto fase di costruzione su rinvio dal fondo, si potrà mantenere un punto di osservazione più aperto, posizionandosi su uno dei due angoli opposti alla porta, oppure ci si potrà posizionare al fianco della porta stessa, stringendo così il focus osservativo sulla finalità principale dell’esercitazione.

Considerando questo aspetto in funzione della partita ci rendiamo immediatamente conto di come non possa esistere un punto di osservazione perfetto e quindi dovremo innanzitutto accettare ed avere consapevolezza del nostro angolo osservativo (soggettività e limiti dell’osservazione) oltre a strutturare e consolidare nell’arco della stagione delle sinergie osservative insieme ai nostri collaboratori, unitamente all’utilizzo di supporti tecnologici (basta una telecamera). In mancanza di tutto ciò basterà semplicemente coinvolgere una persona di fiducia che assista alla partita fornendoci poi un punto di vista differente dal nostro, che andrà ad arricchire l’insieme di spunti che potremo estrapolare dalla gara.

Riguardo al cosa osservare inizierei con la considerazione più semplice, ma mai scontata e banale, per cui esiste una sorta di proporzionalità diretta tra la complessità della proposta di allenamento ed il grado di scelta del “cosa osservare” da parte dell’allenatore, in quanto non si può avere la pretesa di osservare tutto ciò che emerge dal gioco. Per un’esercitazione ad alta complessità si avrà quindi un ampio ventaglio di principi, condizioni o aspetti tecnici su cui posare lo sguardo e spostare la nostra attenzione osservativa, viceversa, diminuendo la complessità diminuiranno anche i contenuti tra cui si dovrà scegliere dove direzionare l’interesse. Risulta quindi fondamentale avere sempre ben chiaro ciò che si vuole osservare, a maggior ragione quando il grado di complessità della proposta aumenta, in quanto con esso aumenta il manifestarsi di informazioni che possono “distrarci” dall’obiettivo principale dell’esercitazione.

In secondo luogo, essere consapevoli di cosa osservare ci aiuta a mantenere alto il livello di attenzione e limitare o evitare un fenomeno che ogni tanto credo capiti alla maggior parte degli allenatori (io ci sono!), ovvero quello di “vedere ciò che si vuole vedere”. Approcciandoci in maniera non ottimale all’osservazione ed essendo un po’ troppo sicuri del mezzo di allenamento proposto e delle sue potenzialità, può capitare che il nostro “occhiometro” capti solo ciò che di positivo siamo certi che la nostra proposta possa far emergere, non attuando così un’osservazione critica ed imparziale al cento per cento.

Terminate queste riflessioni, rispetto alla possibilità di comprendere all’interno del nostro metodo delle strategie osservative riguardanti allenamenti e partite, vorrei soffermarmi su un’altra peculiarità della metodologia G.A.G., ovvero la grande importanza che viene attribuita all’utilizzo dei feedback da parte dell’allenatore verso i suoi giocatori nel momento centrale (Analitico) della seduta.

Anche in questo caso credo che per essere allenatori evoluti sia necessario darsi un metodo nell’utilizzo delle varie tipologie di feedback a nostra disposizione. Come sempre non sarà mia intenzione suggerire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato o avere la presunzione di fornire un modello corretto, ma cercare di offrire spunti che servano ad ognuno di voi per crearsi il proprio metodo, unico e riconoscibile.

Sono convinto che il come utilizzare al meglio i feedback ce lo sveli un grandissimo allenatore di basket come Dan Peterson, che vado a citare:

Penso che si debbano gridare i complimenti e sussurrare le correzioni. Le correzioni bisogna farle in privato”.

Sarà dunque importante saper sottolineare in maniera pubblica ciò che è andato bene, sia per gratificare il/i riceventi del feedback e sia per stimolare i compagni a volersi trovare nella stessa situazione di coloro che sono stati elogiati. Quando invece ci troveremo a dover utilizzare un feedback per riportare l’attenzione su ciò che poteva essere fatto meglio, dovremo essere più circoscritti nell’intervento, cercando di coinvolgere solamente il/i destinatari principali dell’indicazione per far sì che si crei un momento di “intimità” in cui ci si possa trovare la giusta tranquillità e predisposizione emotiva all’ascolto.

Riguardo la scelta della tipologia di feedback da utilizzare nei confronti dei nostri giocatori, innanzitutto si deve prendere coscienza che l’allenatore potrà influire solamente tramite feedback estrinseci, in quanto provenienti da una fonte esterna rispetto a chi esegue l’azione. Questi dovranno essere di supporto a quelli detti intrinseci in quanto propri di chi mette in pratica il comportamento. Entrambe le tipologie dovranno miscelarsi per permettere al giocatore di incrementare la qualità delle gestualità espresse. Ecco che allora l’allenatore dovrà evitare feedback troppo generici che non possono aiutare l’atleta a comprendere i propri comportamenti ad un livello tale da poterli consolidare o modificare.

Considerando l’aspetto del contenuto credo sia preferibile utilizzare i feedback di prestazione, che si riferiscono all’aspetto qualitativo e di modalità della messa in pratica del comportamento o del gesto tecnico, rispetto ai feedback di risultato, che si basano sul raggiungimento o meno dello scopo che sta alla base del modalità di azione scelta dal giocatore, ancor di più se stiamo operando all’interno di un settore giovanile.

Sempre riguardo il contenuto dei feedback che si vogliono condividere con i propri giocatori, vi invito a riflettere sul quanto utilizzare i feedback descrittivi, che esprimono la descrizione e/o il giudizio del comportamento intrapreso, e quanto utilizzare i feedback prescrittivi, che indicano il cosa fare e il come farlo. Anche in questo caso starà all’allenatore comprendere le reali necessità dei giocatori ed utilizzarli di conseguenza; fermo restando che i feedback prescrittivi contengono un maggior quantitativo di informazioni utili al giocatore per intervenire sul proprio comportamento.

Un altro mezzo che reputo molto importante per il processo di apprendimento è il feedback interrogativo, in quanto mette al centro il pensiero critico e costruttivo del giocatore. Chiaramente è preferibile utilizzare questa tipologia soprattutto durante le sedute di allenamento, considerato che necessita di un tempo maggiore rispetto ad altri per essere elaborato positivamente.

Concludo con una considerazione di tipo generale ma basilare se vogliamo darci un metodo nell’utilizzo delle varie tipologie di feedback: dobbiamo evitare che il momento emotivo che stiamo vivendo prenda il sopravvento facendoci perdere lucidità. In concreto, se stiamo attraversando un periodo favorevole non dovremo farci prendere la mano esagerando con elogi e rinforzi positivi a discapito di un sano senso critico; di contro, quando si vive un momento complicato, bisogna evitare di essere negativi e distruttivi, ma sforzarsi di trovare il buono ed incoraggiare i giocatori, evitando di farli sentire soli e inadeguati nel momento della difficoltà.

 

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