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Ampiezza Relativa

“Ampiezza Relativa”: Attratti dal caos

“Ampiezza Relativa”: Attratti dal Caos

Ti sei mai chiesto cosa ti spinge ad andare oltre ciò che vedono i tuoi occhi? Perché nel calcio cerchi la comprensione di qualcosa che per molti è ovvio, semplice o scontato?

Una dolce ossessione che ti accompagna passo dopo passo nel tuo percorso di crescita professionale e non. Non siamo “costruiti” per dominare ciò che non è tangibile. Siamo da sempre attratti dall’impossibile, ed il caos è impossibile sia da figurare che da descrivere. Però ci proviamo lo stesso perché i limiti sono fatti per essere superati. Ed il gioco permette questo superamento.

La ricerca della complessità non ha come obiettivo la cancellazione del dogma “il calcio è una cosa semplice”, ripetuto in ogni dove, in fondo anche la semplicità genera dubbi.

Il calcio si sviluppa in spazi mobili, mutabili, liberi o chiusi. Per descriverlo non sono sufficienti approcci ed analisi di tipo lineare. È un gioco caratterizzato da una dinamica tipica dei sistemi aperti, nello specifico da una dinamica dei sotto-sistemi aperti determinata dalle tanto famose situazioni di gioco (spero non vi siano venuti in mente i 6v4 , 8v6 ecc).

Lo stesso gioco si diverte ad evolversi in fasi cicliche sempre nuove, sempre diverse l’una dall’altra, le quali però hanno ognuna una propria stabilità indipendente da quella delle altre, pur considerando che non tutte sono stabili.

Allenare non deve essere un insieme di strategie per riuscire a trarre il massimo dalle situazioni incerte. Allenare deve essere un processo interdisciplinare che diventi un modello di riferimento per se stessi e per la squadra. Porsi una chiara immagine della complessità per facilitare lo sviluppo cognitivo e le interazioni tra i propri calciatori, diviene un obiettivo da raggiungere.

Nell’analisi degli spazi non bisogna mai dividere ordine e caos; insieme rappresentano l’unicità del calcio. Il caos è ordine complesso. La teoria del caos è lo studio attraverso modelli della fisica matematica dei sistemi fisici che esibiscono una sensibilità esponenziale rispetto alle condizioni iniziali, vi viene in mente qualcosa? Inoltre un sistema dinamico per essere definito caotico deve avere la transitività topologica, ovvero la capacità di evolversi nel tempo e nello spazio. Deve essere composto da un insieme. Il nostro sistema è chiaramente la squadra. Un sistema complesso non necessariamente complicato, dotato di apertura con potere di interazione con l’ambiente circostante. È proprio la sua complessità a definire la sua unicità in relazione a tutte le altre squadre che sono costruite attraverso i modelli di gioco. O almeno si spera che vengano costruite in questo modo, tenendo conto delle caratteristiche dei calciatori e non delle idee isolate di un tecnico.

Ho letto da qualche parte che gli allenatori dovrebbero pensare il calcio, figurandolo nella propria mente, attraverso le rappresentazioni geometriche di tutti gli sviluppi di gioco ad esso relativi. Mettendo in moto la mente andiamo alla ricerca in un percorso ricco di insidie, che passa attraverso triangoli, rombi ed infiniti incastri, arrivando fino ai frattali (spesso accostati al gioco del calcio) che ci regalano una visione pionieristica ma incredibilmente profonda del gioco, della squadra e di ciò che la regola.

Un Frattale è un oggetto geometrico dotato di Omotetia Interna, ossia una trasformazione geometrica dello spazio che dilata o contrae gli oggetti mantenendone invariata la forma. Vi ricorda qualcosa? Ingrandendo una qualunque parte del frattale si ottiene una figura simile a quella intera. Questa è chiamata auto similarità.

Il Broccolo Romanesco

In natura abbiamo molti esempi di frattali, l’abete, le montagne, i cristalli di ghiaccio, le nubi, alcuni fiori, alcune foglie. I Frattali hanno delle corrispondenze con la struttura della mente umana ed è per questo che la gente li trova familiari. Definendo la squadra un sistema frattale riusciamo a comprenderne ogni minimo aspetto.

Pur muovendosi e cambiando nelle fasi cicliche del gioco essa non perde mai la sua essenza e si riconosce in ogni sua minima parte, auto-organizzandosi grazie a principi collettivi di gioco. In ogni sua parte c’è il tutto.

Questa visione ecologica del tutto nella parte richiama il senso più profondo del lavoro quotidiano con la squadra, che dovrebbe avere come obiettivo la creazione di una squadra pensante che sappia riconoscere il gioco.

Ogni calciatore ha in sé tutto quello che serve per dare vita al gioco.

Lo spazio da occupare si dilata e si restringe sempre in funzione della circostanza, ma la forma della squadra acquisita, grazie ai principi di gioco, non muterà mai.

Se vi capiterà di osservare con occhi diversi una foglia cercando al suo interno uno sviluppo di gioco, magari ripensando ai frattali, non vi preoccupate, è capitato anche a me; significa che la vostra mente ha iniziato il suo viaggio, scoprendo che c’è molto altro oltre le apparenze.

Foglia di felce

Il caos e la complessità del gioco avvolgono lo spazio ed il tempo in cui esso è compreso, cresce e si trasforma. Una delle conclusioni che emergono dalla teoria della relatività di Einstein è che il tempo è  relativo: dipende dalla velocità con cui si muove nello spazio un osservatore, quindi è considerato essere parte di un composto chiamato spazio-tempo. Il tempo non esiste indipendentemente dalla percezione.

Einstein: “Le persone come noi, che credono nella fisica, sanno che la distanza fra passato,
presente e futuro non è altro che una persistente cocciuta illusione“.

Nel gioco del calcio, nel passaggio tra una ipotetica fase all’altra, esiste (teoricamente) un tempo di reazione che dà vita a quelle che comunemente chiamiamo transizioni (difensive/offensive). Il fatto è che quel tempo che tutti crediamo sia tangibile non è nient’altro che il risultato di qualcosa di già esistente nella mente dei calciatori che sviluppano ed interpretano il gioco, attraverso i principi e le relazioni. Essi scelgono e creano.

Esistono squadre (il Liverpool di Klopp ne è il manifesto ad esempio) che dominano il tempo che non c’è ed è per questo che sembrano essere sempre in anticipo rispetto al mondo intero. In quella dimensione si attacca mentre si difende e si difende mentre si attacca. Un ciclo unico che non ammette tempi di reazione e chiede di non essere slegato. Una visione globale che trasforma le transizioni in qualcosa di naturale e non meccanizzato, non diviso dal resto del gioco. Non c’è differenza di tempo tra quello che abbiamo fatto in passato con la palla, quello che stiamo facendo nel presente, una volta persa, e quello che faremo in futuro quando l’avremo riconquistata. E’ un flusso unico, guidato dai principi. E’ già esistente dentro, costruito attraverso l’esperienza, le scelte, gli errori, le intuizioni e che si manifesterà fuori solo attraverso il gioco.

Il tempo scorre velocissimo e ce ne accorgiamo soprattutto quando guardiamo indietro: mentre siamo intenti al presente, passa inosservato, tanto vola via leggero nella sua fuga precipitosa. (Seneca)

Sentiamo sempre l’esigenza di scandire ogni cosa, di schematizzare, di porre entro dei limiti, lo facciamo perché la libertà non concede alibi. Lo spazio da conquistare nel tempo che non c’è, ci regala una dimensione da dominare, ma non sarà in un tempo definito come quello dei 90’ minuti della gara o di una seduta di allenamento, bensì quello interno ed intimo del nostro ciclo del gioco.

Le squadre che riescono a dominare lo spazio-tempo e le relative Transizioni con palla sono, nel calcio contemporaneo, definite liquide. Dunque definiamo il sistema squadra come Liquido.

Le proprietà di un sistema squadra liquido sono:

  • FLUIDITÀ: la capacità di muoversi e scorrere attraverso le linee di pressione avversaria. In Fase di possesso e Transizione Offensiva o Circostanziale. Attraverso smarcamenti in luce ed una gestione del possesso posizionale che porti alla ricerca del terzo uomo alle spalle di ogni linea di pressione.
  • ELASTICITÀ: la capacità del sistema di base di deformarsi e trasformarsi di continuo all’interno del ciclo del gioco. L’occupazione funzionale degli spazi liberi sarà la chiave per una disposizione sempre nuova. Il sistema ha variabili continue come la scelta di una struttura di difesa preventiva sempre diversa, o di un gegenpressing in relazione alla circostanza. Non si fa riferimento ai numeri ma alle relazioni tra reparti, parti di reparto ed individui in virtù delle funzioni e non dei ruoli.
  • INCOMPRIMIBILITÀ: la capacità di non essere compresso e letto come un sistema statico formato da linee predefinite. L’ampiezza e la profondità sono relative e variabili, non sono mai garantite dagli stessi calciatori, le distanze di relazione non possono essere prestabilite e rinchiuse in uno schema.

È impossibile ridurre con una definizione numerica le infinite possibilità che lo sviluppo di questa sistema ha, per poter sviluppare il suo gioco attraverso principi.  Una domanda: sapreste dirmi che ruolo è Messi?

Io una risposta me la sono data, Messi è un Attrattore singolo (da solo in uno spazio libero) capace di deformare lo spazio-tempo attraverso una capacità innata di leggere le circostanze e scegliere la soluzione giusta per generare una superiorità, di qualsiasi genere. Per esistere l’attrattore ha bisogno, durante uno
sviluppo di gioco, di un Innesco e di un Point Break.

Lionel Andrés Messi Cuccittini, detto Leo, è nato a Rosario il 24 giugno 1987

Andiamo nel dettaglio: non esiste un INNESCO senza ATTRATTORE.

Definiamo come ATTRATTORE una zona del campo occupata da un insieme specifico di calciatori (o da un solo calciatore in Contrapposizione senza innesco) verso il quale evolve il Sistema dinamico Caotico squadra durante uno sviluppo offensivo posizionale.

A sua volta L’ATTRATTORE evolverà nel tempo cambiando spazio, forma e protagonisti, lasciando invariate le funzioni al suo interno, garantendo sempre nuove trasformazioni del sistema, costantemente sensibile alle sue condizioni iniziali; ovvero muterà sempre nel corso di una gara, mutando anche più volte in pochi secondi.

Questo perché ogni calciatore che compone il sistema ha differenti gradi di libertà (!) che generano variabili quasi impossibili da controllare. Per modificare e trasformare il sistema in fase di possesso attraverso e verso un ATTRATTORE bisognerà modificare lo spazio occupato e di conseguenza il tempo di occupazione ed attacco dello spazio stesso. Attraverso la modifica dello spazio L’ATTRATTORE farà in modo che l’evoluzione del sistema squadra in Possesso faccia evolvere e modificare (anche a proprio piacimento) il sistema squadra in Non Possesso, in quanto lo spazio da Difendere sarà diverso e più difficile da controllare e comprendere.

Secondo la legge deterministica del “nulla avviene per caso“, sarà l’INNESCO della squadra in possesso dunque, a generare il pressing o la fase difensiva avversaria a seconda degli obiettivi e delle contrapposizioni che si vengono a creare in quella specifica situazione di gioco.

La complessità di questo processo restituisce dignità alla costruzione di un modello di gioco che abbia come intento quello di controllare e dominare gli spazi, il tempo e di conseguenza l’avversario. La comprensione di questo processo nella sua profondità è importante che avvenga nella mente dell’allenatore, per una visione completa che lo aiuti nella costruzione del modello e che si trasferisca ai calciatori attraverso i principi, che si adattino alle loro caratteristiche e soprattutto al loro grado di adattamento alla circostanza.

Il POINT BREAK invece è il punto di rottura di un sistema, generato da un Innesco avversario.

Point Break – punto di rottura

Il punto debole dove è possibile colpire per generare una frattura, creare disordine e trarre dei vantaggi in tutto il ciclo del gioco, non per forza in fase di possesso. In nostro soccorso arriva la fisica: applicando una forza o sollecitazione esterna a un materiale, questo subirà una deformazione e un cambiamento dello stato tensionale interno.

La stessa deformazione che subisce una squadra una volta colpita al cuore, quando perde punti di riferimento e deve riorganizzarsi per evitare di subire. In quel tempo di riorganizzazione spesso la squadra avversaria prende il sopravvento.

Per capire meglio questo principio arrivano in nostro soccorso guarda caso Pep e Leo. 2 Maggio 2009 Real Madrid – Barcellona 2-6, K.O tecnico.

Tutti ricordiamo la storia dell’incontro tra Pep e Leo la sera precedente della gara, la nascita dell’idea del falso nueve e le conseguenze che quella geniale intuizione porterà di lì in avanti.

Messi: “Pep mi chiamò e mi fece venire al centro sportivo per spiegarmi che avremmo cambiato la mia posizione. Mentre stava visionando alcune partite con Tito, aveva deciso di compiere qualcosa di inedito.”

La motivazione principale, racconta Xavi, era quella di colpire le merengues nel loro punto debole (POINT BREAK): “Guardiola disse a Henry ed Eto’o che si sarebbero mossi tra l’esterno e il centrale di riferimento. Questo perché, analizzando i movimenti dei loro difensori (Ramos e Cannavaro), Pep si era accorto che non salivano mai a pressare il terminale offensivo. Con Messi in posizione centrale e arretrata, ci saremmo trovati in superiorità numerica. E così è stato.”

Pep aveva trovato il POINT BREAK nel sistema Merengues, lo spazio lasciato dai centrali una volta attirati
dal movimento di Messi (INNESCO) e delle altre due punte più strette del solito, in più la pulce non è una
punta come le altre, impossibile non seguirlo. Ed ecco che: “Fu qualcosa che spiazzò il Real Madrid. Appena i loro centrali salivano, Eto’o e Henry s’infilavano nello spazio alle loro spalle. Così nacque per esempio il primo gol di Thierry.”

2 Maggio 2009 Real Madrid – Barcellona 2-6

Generata la frattura si crea un varco da oltrepassare, dall’altra parte si trova la luce. Ogni sistema ha più POINT BREAK, in fdp, fdnp, nelle transizioni, basta trovarli.

Ecco, tutti questi concetti all’apparenza complessi, creano una forma di caos nella mente di chi legge e scava nel dettaglio, è un caos che attrae, perché mostra il lato oscuro e reale del gioco.

La comprensione di questo lato porta ad una visione pura di tutti i meccanismi che regolano anche la più banale delle situazioni di gioco. È questo caos che spinge ad approfondire, a conoscere, a sperimentare.

In fondo noi stessi siamo caos e forse lo studio della complessità del gioco comporterà lo studio di noi stessi in relazione ad esso.

 

Credit Immagine: https://www.goal.com/

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