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Il Mio Angolo Personale

Elogio al banale. La creatività fa paura

27 Novembre 2020

Elogio al banale. La creatività fa paura

Da ormai 6-7 anni sono entrato a far parte di quel meraviglioso mondo che è il precariato dell’istruzione. In veste di docente di scienze motorie mi sono ritrovato nel bel mezzo del mio sogno – docente dell’unica materia che mi sia mai realmente interessata per davvero durante i miei studi – scoprendo in realtà diverse “ombre” che mi aiutano a comprendere alcune difficoltà in cui mi sono imbattuto a mia volta in veste di alunno.

Tralasciando le arcinote considerazioni sul precariato e le infinite ore e ore tra collegi docenti, consigli di classe, dipartimenti e pratiche varie, che tante volte non fanno altro che alimentare l’infinita burocrazia in cui naviga la scuola, oggi voglio raccontarvi di alcune personali riflessioni che nel corso di questi anni trovano sempre più conferma.

Anno dopo anno, che si parli di scuola superiore di secondo o primo grado, mi convinco sempre più di come vi sia qualcosa di anomalo nel modo in cui vengono valutati gli alunni.

Griglie su griglie per la valutazione dei voti. Ore a discutere tra docenti di tabelle di merito che dovrebbero avere lo scopo di uniformare i giudizi – evitando le ingiustizie – ma che i giudizi non potranno mai uniformare. A meno che non si opti per un test a scelta multipla, un elaborato scritto o orale sarà sempre condizionato dalla soggettività del docente.

Il problema delle valutazioni è ciò che ci si aspetta dagli studentiossia la standardizzazione (riduzione a un unico tipo o modello; l’unificazione dei mezzi e metodi di lavoro e di controllo), la volontà che i giovani si uniformino agli stessi modelli, agli stessi comportamenti, finendo per assegnare loro compiti ben precisi da eseguire o riprodurre, limitando la libertà di espressione e la creatività.

“Ognuno è un genio.

Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la vita a credersi stupido”.

Albert Einstein

A tal proposito vi riporto un esempio accaduto proprio in questi giorni.

La premessa è che ci troviamo all’interno di un liceo, dove, di norma, dovrebbero brillare le menti più creative…

Dopo aver discusso con un paio di classi di un argomento piuttosto vasto, ho assegnato loro un progetto da presentare singolarmente con due settimane a disposizione. L’idea di base era quella di presentare un video promozionale che promuovesse una regolare attività fisica e una corretta alimentazione. Nella consegna avevo sottolineato come avrei premiato maggiormente l’originalità e il patos della narrazione piuttosto che i contenuti.

Perché? Nei panni dello studente mi sono sempre limitato ad imparare a memoria la solita filastrocca che il docente voleva sentirsi raccontare. Il risultato è che a distanza di anni ricordo veramente poco di ciò che ho studiato, con tante nozioni che non hanno poi mai trovato un senso né nella mia vita privata né nei miei successivi studi, quelli che ho scelto con la vera consapevolezza di ciò che mi appassionava.

Tornando al nostro compito assegnato per casa, il risultato è stato bene o male ciò che mi aspettavo, ma con delle magnifiche eccezioni.

La maggior parte degli studenti ha realizzato il “classico Power Point“, con la loro voce di sottofondo a raccontare – in diversi casi a leggere – ciò che le immagini suggerivano. Altri hanno strizzato ancor meno la fantasia, proponendo una serie di video realizzati quasi in fotocopia: la webcam del pc che registra e il loro volto a ripetere un riassunto imparato a memoriauna noia mortale!

Nella banalità che regnava, ogni tanto una luce s’accendeva.

C’è stato chi ha realizzato un Power Point con personaggi interattivi, chi ha disegnato a mano e raccontato una storia, chi ha registrato la propria cucina di casa in azione e chi si è trasferito all’aperto, a passeggio col cane, raccontando per l’appunto i benefici di uno sano stile di vita. Infine il G-E-N-I-O (che chiameremo Ambrogio).

Realizzare un video auto-interpretando due fratelli, il “bello” e lo “sfigato”, con tanto di trucco, raccontando una storia, è stato a mio avviso semplicemente geniale e originale, un modo per uscire da quei fastidiosi schemi tradizionali e per permettere all’insegnante di scoprire lati dei propri alunni impensabili fino a quel momento.

Creatività è un termine che indica genericamente l’arte o la capacità cognitiva della mente di creare e inventare.

Seppur abbia sicuramente espresso meno contenuti di chi ha parlato ininterrottamente per oltre 7′, è più probabile che tra qualche anno “Ambrogio e la banda degli originali” si ricordino di quei simpatici video che hanno realizzato mettendosi fondamentalmente in gioco; perché il punto è proprio questo: mettersi in gioco, pensare fuori dal banale.

L’impressione è che la stragrande maggioranza degli studenti sia abituata a ragionare seguendo gli stereotipi, appiattendosi e omologandosi all’ovvio, uniformandosi alla “mediocrità” (i tanti video tutti uguali ne sono una prova).

Lasciando ai ragazzi la libertà di esprimersi, di mettersi in gioco e di osare, la speranza è che questi mostrerebbero e scoprirebbero maggiormente i loro talenti, accorgendosi che la diversità non fa poi così paura.

Che poi diciamocelo, non sono poi gli stessi riscontri che noi allenatori vediamo sul campo di gioco quando promuoviamo la possibilità di scegliere?  Mentre una piccola parte ci strappa l’occhio con una soluzione straordinaria (fuori dall’ordinario), la maggior parte dei giocatori si uniforma alla soluzione più comoda, quella meno rischiosa, quella che li lascia al sicuro nella loro zona di confort.

L’impressione è che neppure i docenti più giovani siano attenti a valutare questi aspetti, finendo per far parte di quel sistema poco incline al cambiamento e al diverso. I buoni propositi magari qualcuno li avrebbe pure ma, scontrandosi con pareti solo all’apparenza attente alla diversità, finisce presto per rinunciare. Non sono rare le confidenze con professori di mezza età che mi raccontano come, agli inizi della loro carriera, avessero tanti buoni propositi che, per loro stessa ammissione, hanno finito per mettere nel cassetto a causa di una scuola che ha paura di voltare pagina.

In conclusione, mi sembra via sia poca attenzione all’individualità, poco interesse, da parte di noi docenti, nel promuovere e stimolare le differenze, col tentativo di far scoprire ai più giovani i propri talenti.

 

Foto: https://marinadiwan.com

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