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Il Mio Angolo Personale

Trova il tuo Habitat: Scopri la tua Categoria

31 Marzo 2020

Trova il tuo Habitat: Scopri la tua Categoria

“Dopo 9 stagioni a cercare la mia dimensione tra le varie categorie, ho trovato il mio abito fatto su misura”.

Iniziava così un mio vecchio articolo del 2015. Oggi, giunto alla mia 15esima esperienza in panchina, ne sono ancora più convinto.

Parto proprio dalla fine per introdurre un articolo a me molto caro e che confido possa servire come spunto di riflessioni, domande e scambio di opinioni.

All’età di 21 anni capii che dentro di me cresceva una vocazione piuttosto forte verso il ruolo di allenatore e accettai dunque l’incarico alla guida di una squadra di Pulcini (ultimo anno). Da allora di tempo ne è passato parecchio e in questi 15 anni mi sono confrontato con tutte, e sottolineo tutte, le categorie, dai Primi Calci fino agli Adulti. A 24 anni mi sono infatti ritrovato ad allenare un po’ per caso una Seconda categoria non avendo neppure i titoli per farlo (all’epoca non avevo ancora la licenza Uefa B – ma questa è un’altra storia) e oggi, dopo diverse stagioni, credo di poter dire di aver trovato la mia dimensione.

Dentro ogni allenatore credo vi sia una certa VOCAZIONE verso una specifica categoria, in quanto, ognuna di queste, ha peculiarità proprie e diverse da tutte le altre.

E’ un po’ come uscire con 8 donne bellissime. Ognuna di esse ci potrà colpire per un qualcosa di diverso, pur rimanendo tutte innegabilmente attraenti.

Non sarà certo una delle migliori metafore, ma spero di aver reso l’idea.

L’esperienza come vice allenatore col Calcio Padova, ormai 8 anni fa, mi è servita per fare mente locale, riordinare le idee e capire cosa volevo fare realmente. In quegli anni infatti mi stavo sempre più avvicinando al calcio degli Adulti, pur continuando a seguire una seconda squadra del settore giovanile. Se coi giovani testavo con mano i miglioramenti e vedevo la squadra crescere, coi primi mi stavo approcciando a giocatori con un loro vissuto storico ormai discreto. Oltre alle normali carenze tecnico-tattiche, il limite più grande da spostare era rappresentato dalla testa, troppo concentrata sul risultato e poco o nulla sulla forma.

Seppur i risultati arrivarono (conservo di quelle due salvezze, con giocatori provenienti principalmente da un piccolo quartiere, ancor’oggi bellissimi ricordi), non era quello che mi piaceva vedere, non era quello il futuro che volevo per me in panchina.

La triste realtà di chi opera nei settori giovanili racconta poi tante altre storie. Storie di allenatori arrivisti che puntano a scalare le categorie ricercando il mero risultato; a quanto pare uno dei pochi criteri di valutazione per giudicare oggettivamente l’operato di un allenatore. Di pseudo-formatori così, tutti noi ne conosciamo almeno qualcuno. La classifica e la ricerca dei 3 punti a tutti i costi la fanno spesso da padrone. Non importa come si vince, l’importante è vincere.

Se non sei stato un ex giocatore professionista, con un’autostrada già spianata verso gli Adulti, non ti resta che vincere per arrivarci, con buona pace di tutti quei giovani che perderanno anni preziosi per crescere e formarsi.

Fare settore giovanile significa FORMARE, costruire, gettare le basi per il futuro del ragazzo (a prescindere dalla categoria a cui sarà destinato) , proponendo un calcio propositivo, che passi e accetti INEVITABILMENTE dei rischi. Questi (rischi), seppur possano spaventare molti, saranno combustibile essenziale per permettere al giocatore di sperimentare e sviluppare la sua personalità.

Quelle due stagioni tra gli Adulti – unite alla mia prima esperienza tra i professionisti – mi fecero trovare la mia vocazione, scendendo dalla montagna per trovare nei giovani quelle soddisfazioni di cui ogni giorno avevo bisogno.

Negli anni la mia dimensione ideale l’ho oggi trovata nella categoria Giovanissimi, un biennio estremamente complesso nelle sue innumerevoli problematiche. Seppur continui a portare avanti quasi ad ogni stagione una seconda squadra dell’attività di base, con diversi bambini poi approdati tra i professionisti – più per meriti loro che miei – nella categoria Giovanissimi ho trovato un abito fatto su misura, che penso di poter dire mi calzi a pennello.

Il settore giovanile dovrebbe essere una VOCAZIONE (disposizione d’animo che induce l’uomo a determinate scelte nell’ambito dei possibili stati di vita; inclinazione, disposizione naturale all’esercizio di una determinata professione o arte o allo studio di una particolare disciplina) che nasce dal profondo. Chi fa settore giovanile non lo fa certo per soldi (pochi in confronto al calcio degli Adulti), bensì per lasciare inevitabilmente un segno indelebile nel ragazzo.

Credo che, una volta fatte le opportune esperienze, l’obiettivo di ogni allenatore dovrebbe essere quello di specializzarsi in una o al massimo due categorie, al fine di scoprire il più possibile dettagli e peculiarità delle varie fascia d’età; ricordandoci che nessuna squadra sarà mai identica ad un’altra, seppur della stessa annata.

Dopo che avrete provato più strade, cercate di capire quale sia l’abito che più fa per voi.

I vostri giocatori ne gioveranno sicuramente.

 

 

Photo by Connor Coyne on Unsplash

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