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Il Mio Angolo Personale

Le Caratteristiche della Categoria Giovanissimi

5 Aprile 2020

Le Caratteristiche della Categoria Giovanissimi

Ogni categoria ha le proprie caratteristiche, le proprie peculiarità.
Nell’articolo di oggi cercherò di descrivere quelle che sono le principali caratteristiche di quella che, per la mia personale esperienza, è la categoria più intrigante: i Giovanissimi.

La categoria Giovanissimi racchiude un biennio che va dai 13 ai 15 anni, un lasso di tempo che risulta fondamentale per la corretta crescita dei nostri ragazzi. E’ una fascia d’età con differenze fisiche davvero, ma davvero marcate. Se nei Pulcini e negli Allievi, categorie che ho comunque seguito negli ultimi anni, si nota in minima parte questo aspetto, nei Giovanissimi (si ha il maggior picco di crescita staturale) questa discrepanza assume contorni davvero bizzarri.

Durante le stagioni ho infatti rilevato alcuni semplici parametri antropometrici, quali peso e altezza, in tre momenti distinti della stagione (è possibile farlo con qualsiasi categoria e anche tra i dilettanti). Per farla breve, a maggio abbiamo constatato una differenza di circa 25 cm tra gli elementi più alti e quelli più bassi.

Con delle diversità così evidenti, le valutazioni sul singolo giocatore devono essere fatte molto attentamente per non rischiare di cadere in giudizi prematuri che, col tempo, potrebbero rivelarsi del tutto errati. Gli elementi “precoci o geneticamente avvantaggiati” fanno spesso da padrone in questa fascia d’età e senza voler addentrarmi in discorsi di etica e morale, spesso molte squadre si affidano proprio a questi elementi per vincere la partita: con buona pace del tanto acclamato Calcio Formativo!!

Questa diversità fisica è una delle più grandi variabili della categoria. Se da un lato possiamo trovare ragazzi che fanno dello strapotere fisico la loro arma migliore, dall’altro, i più tardivi o gracili, seppur con un tasso tecnico superiore, possono faticare a trovare una discreta continuità. L’esperienza accumulata negli anni mi ha tuttavia fatto vedere questo fattore da un altro punto di vista: non sono tanto i centimetri, quanto le capacità condizionali (forza, velocità e resistenza) ad incidere davvero. Nella mia esperienza tra i professionisti, uno dei giocatori più piccoli della rosa con me era sempre in campo (al di la che lo “amassi” per caratteristiche tecniche, tattiche e soprattutto caratteriali) perché supportato in buona misura proprio dalle capacità condizionali, che gli permettevano di sopperire (o forse sarebbe più opportuno dire: di emergere) ad un divario piuttosto netto, in termini di centimetri, con gli avversari.

Tuttavia, ai giocatori più precoci, va fatto capire che questo vantaggio, nel giro di un paio d’anni, si assottiglierà e che risulterà dunque fondamentale il lavoro che dovranno fare nel frattempo per non ritrovarsi paradossalmente in difficoltà sul piano tecnico al termine della categoria. Inoltre, visto il precoce sviluppo, è molto probabile che questi ragazzi denotino difficoltà più o meno evidenti dal punto di vista coordinativo, con baricentri e frequenza negli appoggi un po’ sfasati e da ritrovare (mediante l’allenamento).

Allo stesso modo, coi più piccoli ma in cui si intravede un potenziale, va fatto un lavoro di rinforzo “psicologico” di attesa, con lo sviluppo fisico che nel giro di un paio d’anni potrà rimescolare le “carte”.

Queste diversità strutturali possono portare ad alcune attente valutazioni nel modulare-proporre-calibrare-ideare alcune esercitazioni; anche se sono dell’idea che è bene abituare i ragazzi ad adattarsi alla situazione, trovando soluzioni e strategie per uscirne alla grande o limitando al minimo i “danni”.

A livello caratteriale siamo anche in questo caso di fronte ad elementi decisamente più maturi di altri e lo si può facilmente percepire dalle conversazioni che tra loro avvengono in spogliatoio o nei momenti di relax. Se in tal senso mi è permesso un appunto, l’uso dei social network andrebbe sicuramente “vigilato”. Se da un lato è vero che siamo di fronte a generazioni sicuramente “più avanti” rispetto a 15-20 anni fa, il rovescio della medaglia è che fatico a pensare che siano già pronti per vedere e conversare di “certi argomenti”.

Il dialogo allenatore-giocatore resta come sempre importante, a prescindere dalla categoria. Da questo punto di vista, rispetto alla categoria Allievi (seguita qualche stagione fa) ho notato da parte dei ragazzi un po’ più difficoltà comunicativa, ma mi sto convincendo che dipenda più dal singolo che dall’età anagrafica. Come sempre accade nella formazione del carattere e della personalità, l’ambiente sociale in cui cresciamo ha un peso decisamente importante “su chi siamo e su ciò che diventeremo da grandi”.

Nell’allenamento successivo alla gara disputata, nei brevi momenti che precedono la seduta, sono da sempre solito condividere coi ragazzi le loro impressioni sulla partita giocata. Pur lasciando loro la possibilità di esprimersi liberamente, senza che nessuno possa giudicare negativamente l’altrui pensiero, nel corso degli anni sto trovando sempre più difficoltà comunicative da parte dei ragazzi. La ragione credo sia da ricercare nell’eccessivo uso che oggi giorno si fa degli smartphone. Nei vari viaggi in pullman o nei momenti di svago, i ragazzi faticano a dialogare tra loro, troppo impegnati a “muovere le dita” piuttosto che cercare di conoscere il compagno seduto vicino a loro. Per questo motivo ritengo sia una buona idea quella di ritirare i cellulari (viaggi, ritiri, tornei), invitandoli piuttosto a conversare tra loro.

L’osservazione che ne ho tratto è che a quasi nessuno manchi il cellulare in questi casi ma, se tenuto tra le mani, può davvero trasformarsi in un potente strumento infernale per isolarsi dal mondo.  Da questa considerazione credo nasca il problema di cui ho accennato poco sopra: una comunicazione sempre più difficile da estrapolare e da condividere con gli altri.

La categoria Giovanissimi rappresenta il passaggio dall’attività di base all’attività agonistica, con alcune regole che inevitabilmente mutano; quella più “critica” è probabilmente che non vi è più l’obbligo, come accade invece negli Esordienti, di partecipare alla gara giocando almeno un tempo.

Fermo restando la volontà di coinvolgere sempre tutti, si potrebbe dire che l’aspetto meritocratico deve acquistare maggior valore nelle scelte dell’allenatore e un’esclusione, se motivata, può anche aiutare a crescere, a far capire che con l’impegno e tanta dedizione, possono colmare dei limiti che inizialmente sembravano difficili da superare.

In questa fascia d’età non sono rari gli sbalzi d’umore e gli squilibri ormonali che possono mettere il ragazzo nella condizione di non approcciarsi sempre al meglio alla sedute d’allenamento. In quest’ottica non mi è rara neppure la situazione di scoraggiamento totale (“non mi riesce nulla”), che può colpire pure gli elementi all’apparenza più determinanti. Negli ultimi anni, con squadre differenti e a cavallo della stagione, mi è infatti capitato che un paio di giocatori manifestassero la volontà di abbandonare il calcio per mancanza di stimoli; il paradosso è che fossero elementi dall’alto rendimento e praticamente sempre schierati nell’undici iniziale. La motivazione è: “mi mancano le motivazioni, non mi diverto più”. Fortunatamente, con un po’ di pazienza e senza farne un dramma, le situazioni rientrano in qualche settimana o un mesetto al massimo.

Un’altra considerazione interessante è relativa a quei giocatori che fino a quel momento sembravano lenti e che quasi improvvisamente acquisiscono velocità al termine della fase puberale; una variabile magari frutto degli squilibri strutturali-coordinativi che tendono a migliorare.

Attenzione particolare per la patologia di Osgood-Schlatter, un meccanismo anomalo di trazione del tendine rotuleo nei confronti della tuberosità tibiale stessa e tipica degli adolescenti (nota più comunemente come patologia dei nuclei di accrescimento, si manifesta con dolore, di solito acuto, che colpisce la zona della tibia in cui il tendine rotuleo si inserisce); una problematiche che può portare da qualche settimana di stop fino a perdere metà stagione o oltre. Purtroppo, ad ogni stagione con questa categoria, almeno un caso non manca MAI e l’unica indicazione medica è quella del riposo. Un collega mi raccontava di come in una stagione avesse avuto ben 9 casi su 25 ragazzi in rosa; una variabile che può compromettere e condizionare l’intera stagione.

Va ricordato infine che se anche il risultato, a partire dall’attività agonistica, assume un peso, non debba essere il primo obiettivo, non a tutti i costi. L’attenzione deve rimanere sulla crescita del singolo e del collettivo, ricordandoci che stiamo allenando il settore giovanile e non una prima squadra.

Commenti

6
  • antonio m ha detto:

    Ma dove hai copiato questo articolo? l ho già visto in un blog

    • DiegoFranzoso ha detto:

      da nessuna parte.
      Le caratteristiche della categoria sono queste, i concetti pure.

      Copiare è un’altra cosa

  • Essebi ha detto:

    Ciao, ho bisogno di un buon consiglio, mio figlio ha 14 anni ed è un bravo portiere, sono convinta che nel gruppo giusto possa migliorare ancora molto, ma purtroppo non abbiamo conoscenze e in questo ambiente a volte ho l’impressione che se non hai agganci non vai avanti… Cosa mi consigli?

    • Diego Franzoso ha detto:

      Buongiorno, sicuramente avere l’aggancio giusto aiuta; unito magari a quel pizzico di fortuna che non guasta mai. In che zona siete?

  • canciagiann ha detto:

    ciao, sono un allenatore patentato di questa categoria e mi ritrovo per la prima volta dopo anni ad avere una squadra dove più della metà dei ragazzi hanno iniziato a giocare quest’anno saltando gli anni più importanti dove si imparano i fondamentali e non solo…inizio campionato 7 partite zero punti 104 goals subiti e 1 fatto…vorrei un tuo consiglioa riguardo…grazie della collaborazione

    • Diego Franzoso ha detto:

      Buongiorno, diciamo che i numeri sono piuttosto impietosi.
      Incassare una media di 15 gol a partita, segnandone 1 in 7, diciamo che fa intendere che la squadra – al di la di ciò che si propone durante la settimana – abbia davvero poca qualità sotto tutti i punti di vista.
      Se è vero che il lavoro tecnico-tattico si vede sul lungo periodo, risultati di questo genere lasciano capire che la squadra non ha nemmeno la cosiddetta “gamba” o la ferocia per contrastare l’avversario.
      Qui poi subentra anche una questione motivazionale, perché incassare tutti quei gol è snervante e frustrante persino per trovare le motivazioni per allenarsi. Per evitare la dispersione punterei molto sul gioco all’interno dell’allenamento, proponendo tuttavia tutto sotto forma di sfide e competizioni. In gara partirei da piccoli obiettivi, come ad esempio cerchiamo di non andare in doppia cifra e, una volta riuscitoci, nelle gare successive di prenderne sempre uno di meno. Piccoli obiettivi, che siano tangibili e quantificabili.

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