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Allenare il piede debole. Considerazioni e proposte pratiche

24 Maggio 2024

In questo contributo volevo condividere alcune mie riflessioni su un argomento forse troppo poco dibattuto e, al tempo stesso, un po’ intricato da affrontare: l’utilizzo del piede debole.

Banalmente, con “utilizzo del piede debole” facciamo riferimento alla capacità del calciatore di saper utilizzare – più o meno efficacemente – l’arto meno abile: per i destri il sinistro e per i sinistri il destro.

Senza voler avvicinarsi ad esempi illustri come Simone Verdi o Ronaldo il fenomeno (sì lo so, fa sorridere averli messi nella stessa frase, ma sta di fatto che il primo è uno dei simboli migliori in questo caso), l’essere sufficientemente abili con entrambi i piedi facilita (non poco) la risoluzione di diverse dinamiche e situazioni sul campo di gioco.

I dubbi principali che un allenatore a questo punto potrebbe porsi sono due:

👉🏻 si nasce o si diventa ambidestri (di piede)?
👉🏻 se la risposta è la seconda, come la alleniamo questa capacità?

Personalmente (non è certo una verità) ritengo che lo si possa diventare attraverso il gioco (laddove vi sia la “disponibilità” – non sono sicuro fosse la parola che cercavo ma tra poco ci ritorneremo – del calciatore), le correzioni dell’allenatore e la ripetizione.

▶️ Nel gioco. Raramente nella mia carriera da allenatore ho avuto difensori centrali, braccetti di difesa o terzini mancini. Di conseguenza in queste posizioni ho spesso dovuto adattare un destro a giocare a piede “invertito”. Pensando a voce alta, questo è sicuramente il caso per me più significativo di come nel gioco si possa imparare ad utilizzare il piede meno abile. Al termine della stagione, infatti, sono proprio questi i giocatori che trovo maggiormente migliorati nell’approcciarsi alla sfera col piede sinistro, arrivando in alcuni casi quasi a parlare di ambidestrismo. Potremmo dunque affermare che schierare un destro a sinistra o un sinistro a destra, costringa prima o poi il calciatore ad uscire dalla propria *zona di confort.

📝 *Stato psicologico nel quale un individuo si sente perfettamente a suo agio ed è consapevole di avere tutto sotto il proprio controllo, sperimentando bassissimi livelli di ansia e stress; nella “zona di comfort” i comportamenti e le prestazioni di un individuo divengono costanti.

Poco fa parlavo di “disponibilità del calciatore”, evidenziando tuttavia come probabilmente non fosse la parola più appropriata. Mi spiego meglio. Quando posizioniamo un giocatore a piede invertito, ad esempio, può succedere che inizi a “scoprire” che madre natura gli ha donato fortunatamente due arti (pare addirittura funzionino entrambi), oppure, come mi succede in altre occasioni, cominci a sperimentare soluzioni alternative per continuare ad affidarsi alla soluzione per lui più comoda.

Prendiamo ad esempio queste clip. Si vedono:

👉🏻 Sterzata di destro portandosi la palla sul sinistro. Porta spalancata e palla comoda per il tiro di sinistro. La scelta finale ricade sul tiro di trivela col destro (piede forte)
👉🏻 Sorvoliamo sul passaggio d’esterno mancino del primo giocatore (…), la palla arriva comunque a destinazione. Il secondo si accentra ed esegue una trivela col sinistro (piede forte)
👉🏻 Nella terza e ultima clip non so nemmeno cos’ho visto (🤔), se non la scelta finale, anche in questo caso, di affidarsi al proprio piede forte, come avvenuto anche nei precedenti due casi

Nell’agosto 2021 avevamo già più o meno trattato “dell’efficacia tecnica negli sport di squadra“, evidenziando sostanzialmente come in questi non si debba perseguire il gesto tecnico ideale-perfetto, bensì quello che permette di raggiungere l’obiettivo (l’efficacia); a differenza di quanto accade invece in altri sport come la ginnastica ritmica o quella artistica.

Ciò che però non posso far finta di non vedere è come, nei suddetti casi evidenziati nelle clip, i giocatori avrebbero potuto ricorrere ad altre soluzioni se solo si fossero fidati del proprio piede meno abile. Personalmente, infatti, ritengo che la motivazione principale per cui si preferisca affidarsi a ciò che ci fa sentire più sicuri sia la paura di sbagliare, qualora decidessimo di sperimentare e dar fiducia ai nostri punti deboli; e se in partita posso anche capirne il senso, non lo comprendo durante la settimana.

Il problema, per quanto mi riguarda, è che continuando ad ignorare il nostro piede meno abile o si diventa dei fenomeni con quello forte (vedi esempi illustri come Maradona e Messi), trovando soluzioni geniali ai problemi che l’avversario ogni volta ci creerà, o si finisce per formarsi a metà, rinunciando di fatto ad ampliare il proprio bagaglio tecnico (tecnica di base); quella famosa disponibilità a cui accennavo in precedenza.

In questa immagine, ad esempio, si vede una palla che dall’esterno si muove verso l’interno del campo. Il centrocampista, per velocizzare la giocata e guadagnare un tempo di gioco, potrebbe ribaltare il lato ricevendo col piede più lontano (destro) e trasmettendo con l’altro (sinistro).

Su questo sito, da anni, cerco di promuovere una metodologia incentrata sulla complessità del gioco, senza tuttavia demonizzare altre modalità operative. La tecnica di base, infatti, è un presupposto essenziale per poter dar forma alle proprie idee: maggiore sarà il proprio bagaglio tecnico e migliore sarà la confidenza che l’atleta potrà avere col pallone.

▶️ Le correzioni dell’allenatore. Un dirigente-genitore, durante una gara, una volta mi chiese il perché insistessi tanto nel sollecitare i giocatori a provare ad utilizzare il piede meno abile. La risposta è che piuttosto di vedere passaggi d’esterno inefficaci o torsioni innaturali di caviglie e ginocchia (in alcuni rari casi sono arrivato persino a chiedermi come fosse possibile non fosse rimasto a terra un arto), è meglio sbagliare col piede “corretto” in quel momento. Se è vero infatti che non esiste un gesto tecnico ideale, è anche vero che se non sollecito mai il mio piede debole non lo migliorerò mai. Come ho però scritto già un paio di volte, occorre la disponibilità del giocatore, perché se nonostante i continui stimoli questo continua a sbagliare preferendo ricorrere alle proprie certezze, è giusto che continui a sbattere la testa sui propri errori e, credetemi, di giocatori così ne ho avuti più di uno.

Tra questi, erano più i destri o mancini? Sicuramente i secondi. Una cosa che ho assodato in questi anni sono le maggiori difficoltà che hanno i sinistri a scoprire il proprio destro piuttosto che il contrario. Non conoscendone il motivo ho voluto chiedere il parere del prof. Alberto Pasini, attualmente Head of Academy Performance Bologna FC, il quale mi ha dato una risposta molto esauriente e che vi condivido:

🗣 “Per quanto riguarda i mancini, in letteratura e a mio conoscenza, non emergono differenze nell’utilizzo dell’altro piede tra destri e mancini. Emerge tuttavia la presenza di mancini nettamente più alta rispetto alla popolazione normale; consideriamo che in generale parliamo del 8-10% della popolazione, mentre in squadre di calcio si arriva anche al 30%, ma ciò è nella logica delle necessità del gioco. Di fatto potremmo dire che, in proporzione, i mancini hanno più probabilità di giocare a calcio vista la grande richiesta! Personalmente non credo sia una questione genetica (che comunque sarebbe molto difficile da dimostrare scientificamente), quanto piuttosto di adattamenti. Il giocatore mancino viene probabilmente stimolato molto poco ad utilizzare l’altro piede nel percorso di crescita sportiva perché trae grande vantaggio dal saper fare qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri, e questo lo porta ad un certo punto ad avere meno potenzialità di sviluppo. Ci sono teorie che identificano i mancini come più orientati all’utilizzo del linguaggio o alla comprensione dei fenomeni complessi (che francamente mi convincono sempre poco), ma che non riguardano l’incapacità di utilizzare l’altro arto. Ritengo sia più una questione di conseguenze comportamentali dovute alla grande utilità di saper usare il sinistro in un contesto dove tutti, o quasi, usano il destro.

Ad Alberto non avevo anticipato nello specifico il contenuto del mio articolo ma la risposta che mi ha fornito calza a pennello con l’importanza delle sollecitazioni che l’allenatore deve saper offrire ai propri giocatori. In tal senso, ho apprezzato negli anni l’amico P.B. che, nei professionisti, s’infuriava (giustamente a parer mio) quando si perdeva la possibilità di calciare in porta perché la palla si trovava sul proprio piede debole (ricordatevene, ci ritorneremo successivamente).

Un giocatore ambidestro, o comunque in possesso di una tecnica di base quanto meno sufficiente con entrambi i piedi, disporrà di una certa naturalezza nel:

✅ saper condurre il pallone col piede più lontano dall’avversario
✅ saper ricevere il pallone col piede più lontano dalla sua provenienza, o comunque il più appropriato in quella circostanza
✅ saper effettuare un passaggio con entrambi i piedi permette di ampliare il proprio ventaglio di soluzioni, oltre che guadagnare preziosi tempi di gioco
✅ ma, soprattutto, potrà calciare in porta senza l’attenuante “non l’ho fatto perché ce l’avevo sul piede debole”; e che significa, provaci almeno. Quante volte assistiamo ad una conclusione mancata perché il calciatore preferisce sterzare portandosela sul piede forte finendo poi per essere contrastato? Personalmente, molte

In questo video si vede Cristian, Pulcino U11 nella stagione 2020/21 (gara giocata sotto età a Maggio e durante una seduta d’allenamento). Che ci crediate o meno, Cristian è un destro naturale che, come potete vedere, ha sviluppato una discreta naturalezza nel giocare anche con l’altro piede, tanto da portarlo, in alcune occasioni, a fidarsi quasi eccessivamente del proprio sinistro; ricordo di avergli chiesto più volte perché, con tutto il tempo a disposizione, a volte preferisse forzare la giocata col sinistro piuttosto che prendersi quel tempo in più (che aveva a disposizione) per giocare col destro (più raffinato). Il motivo credo di poter dire fosse proprio la naturalezza e la spontaneità che gli permettevano di affidarsi ad entrambi i suoi arti inferiori. Ma come l’ha sviluppata Cristian questa padronanza? Avendolo allenato per quattro stagioni (dai Pulcini U10 agli Esordienti U13) posso tranquillamente affermare che non è stato certo grazie ad esercizi decontestualizzati (praticamente mai svolti se non durante il periodo del COVID), seppur, come ora vedremo, ad alcuni giocatori possano tornare utili.

▶️ L’importanza della ripetizione. Se come dicevamo può essere un problema di autostima e fiducia, dovremmo allora domandarci come potremmo aiutare i nostri giocatori a migliorarle.

In questo video si vede un esercizio (decisamente) analitico inserito nella fase di pre-allenamento, ossia in quei 15-20′ antecedenti l’inizio ufficiale della seduta e in cui sono già presenti una decina di giocatori. Si tratta di un lavoro di sensibilizzazione di piede e caviglia eseguito esclusivamente col rispettivo piede debole. Seppur siano proposte molto lontane dalla mia ordinaria metodologia operativa, ritengo possano anch’esse essere utili per far familiarizzare il nostro piede meno abile con l’attrezzo. Nel giro di pochissime settimane si possono già vedere i primi risultati: alcuni elementi, anche in partita, dimostrano una maggior voglia di fidarsi di entrambi i propri piedi.

📝 A tal proposito va sottolineato l’incitamento, il sostegno e la coerenza che l’allenatore dovrà garantire al giocatore nel momento della gara. Mi spiego meglio. Se durante la settimana li martelliamo affinché utilizzino il piede debole, non possiamo poi incazzarci se ci si prova e si commette un errore.

L’obiettivo principale di questo genere di esercizi (svolti singolarmente, a coppie o a terne) è la ripetizione, la frequenza di contatti col pallone, senza a parer mio focalizzarsi eccessivamente sulla correzione del gesto. In tal senso la cosa più curiosa del video accade attorno al minuto numero 6, quando lo stesso Cristian è chiamato ad eseguire un controllo d’esterno al volo per poi rigiocarla con lo stesso piede. Dico “curiosa” perché dopo i primi fallimenti nelle prime ripetizioni, Cristian capisce da solo l’errore e trova la soluzione per raggiungere lo scopo. Avendo una rosa a disposizione e non un piccolo gruppo, diventerebbe inoltre impossibile per un allenatore correggere ogni singolo elemento, oltre al fatto che ognuno di loro cercherà di sviluppare un gesto tecnico per lui più funzionale.

Trasmissione e ricezione sul parallelepipedo, Pulcini U11 stagione 2020/21

Negli anni ho maturato la convinzione che disporre di un metodo, dei capisaldi metodologici, sia sì fondamentale ma che occorra anche saper osservare le esigenze del contesto. Per questo motivo ritengo possa essere utile lasciare spazio, all’interno della propria programmazione settimanale, a qualche compromesso con le proprie preferenze, cercando di intervenire con la soluzione più idonea per il proprio gruppo di lavoro.

Giunti quasi alla conclusione di questo contributo voglio tornare nuovamente al secondo video che abbiamo visto per domandarvi: è possibile che in una gara del campionato Giovanissimi Regionali U14 abbia assistito a un “tiro in porta” con trivela (definirlo tiro è un complimento) e a tre passaggi d’esterno regalati agli avversari? Non sarebbe stato davvero più semplice, in quei frangenti, impattare la palla col piede meno abile, provando a migliorarlo? Perché c’è anche questo da sottolineare: se il giocatore si affiderà sempre e solo a ciò che sa fare, come potrà migliorare le proprie lacune? Certo, dirà qualcuno, potrebbe diventare fortissimo col piede forte, escogitando soluzioni creative per evitare di ricorrere ai propri limiti. Ma l’obiettivo del settore giovanile non è quello di formare un calciatore che sia più completo possibile? E davanti a passaggi d’esterno sbagliati o tiri in porta mancati per mancanza di fiducia, come ci relazioniamo col giocatore? Sicuri che un “va bene comunque” sia sempre il messaggio più utile?

Del famoso amico che citavo in precedenza mi hanno raccontato un episodio che, conoscendolo, non fatico minimamente a crederci. Campionato Giovanissimi Nazionali. L’attaccante (che evidentemente P.B. martellava durante la settimana) perde in gara l’occasione di calciare in porta preferendo una sterzata verso il piede forte. Il mister lo sostituisce dopo 10′ dall’inizio della gara. Il papà del giovane (oggi in Primavera) racconta ad un collega che il ragazzo ha splendidi ricordi di quel mister, perché gli ha insegnato moltissimo aiutandolo a migliorarsi. Alcuni di noi penseranno ad una soluzione decisamente esagerata ma, personalmente, ci tengo a sottolineare quanto la coerenza e ogni tanto qualche “bastonata” (in senso metaforico, si intende) siano elementi talvolta necessari per ottenere l’effetto desiderato.

Detto dell’importanza dell’intervento dell’allenatore, abbiamo visto in questo contributo alcuni esempi di come sia possibile intervenire concretamente per migliorare l’utilizzo del piede debole: dagli esercizi analitici svolti individualmente (ball mastery), a coppie (tecnica a coppie) o a piccoli gruppi (tecnica di base su figure geometriche), a qualche regola di provocazione da inserire in qualche partita, come ad esempio il gol col piede debole vale doppio. Una soluzione bizzarra me l’ha suggerita il collega Marcelo, consigliandomi una partita da poter giocare esclusivamente col proprio piede debole. Ricordo che mi disse: “inizialmente ti farai qualche risata ma dopo un po’ vedrai i risultati”. Svolta con un gruppo di Esordienti U13 (stagione 2022/23), indovinate chi era l’unico giocatore che riusciva a giocare quasi naturalmente…Cristian!! Tutti gli altri (vi parlo di un’ottima squadra, con ragazzi tutti selezionati) hanno evidenziato criticità enormi, dovute principalmente alla scarsa abitudine del solo “potrei farlo diversamente dal solito”.

A prescindere dalle proprie convinzioni metodologiche, quello che volevo evidenziare in questo contributo è quanto sia importante non dico l’essere ambidestri, ma almeno evitare degli scempi col piede forte per mancanza di fiducia e dimestichezza nell’eseguire quanto meno l’abc con quello debole; che poi, diciamocelo, già avere un piede meno abile in grado di fare il compitino da 6, sarebbe già un vantaggio rispetto alla massa. Come diceva anche Alberto, i giocatori vengono generalmente poco stimolati ad utilizzare entrambi i piedi e, francamente, soprattutto alla luce di quanto è stato scritto, non ne comprendo il motivo.

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