L’efficacia tecnica negli sport di squadra
Nell’articolo di oggi un breve estratto dal libro “Analisi della prestazione negli sport di squadra” (pag. 63-64-65), editore Calzetti e Mariucci, di Duarte Araujo, Pedro Passos e Anna Volossovitch, e che avevo già recensito non molto tempo fa qui su Ideacalcio.
Nella seconda parte dell’articolo alcune mie personali considerazioni.
“Negli ultimi decenni gli sport di squadra si sono evoluti verso un approccio in cui le abilità tecniche vengono considerate uno strumento utile a risolvere problemi tattici. Perciò, l’efficacia delle abilità tecniche è misurabile solo nell’ambito di allenamenti che prevedono la risoluzione di problemi tattici. Questa prospettiva ha portato i metodi di allenamento a un punto in cui non ha molto senso separare la forma tecnica dal comportamento tattico e si deve aprire una discussione sulle implicazioni della natura complementare dei comportamenti tecnici e di quelli tattici.
Efficacia significa raggiungere un obiettivo di prestazione. [..] Sono molti i fattori che possono condizionare l’efficacia tecnica: le regole di gioco, gli obiettivi finali e intermedi dei movimento, l’esistenza di un modello di riferimento e gli oneri di adattamento alle condizioni esterne (Palao & Morante, 2013).
Questi fattori implicano che i movimenti necessari per essere tecnicamente efficaci sono unici non solo per le caratteristiche di ogni singolo sport, [..], ma anche nell’ambito di uno stesso sport: nel rugby a 15 la precisione di calcio necessaria è diversa fra il giocatore che calcia per segnare e quello che calcia per far avanzare il pallone oltre i difensori [..].
Che l’obiettivo sia la realizzazione di punti da parte della squadra o sia l’organizzazione motoria individuale per caciare, afferrare o passare la palla, solitamente esistono molti modi per portare a termine questo tipo di azioni. Quando svolge un’azione motoria, calcio, presa o passaggio che sia, il soggetto può ricorrere a molte soluzioni diverse per raggiungere lo stesso obiettivo: è un meccanismo definito equifinalità ed è ciò che permette un comportamento esplorativo che va oltre i modelli di prestazione ideali (Bernstein, 1967). A causa della quantità enorme di variabili fisiche, tecniche, tattiche e psicologiche che condizionano il comportamento di ogni giocatore, le interazioni fra i componenti di una squadra sono considerate non lineari, non permettono cioè di predire con precisione assoluta cosa sta per accadere (Strogatz, 2004).
Perciò, gli ambienti prestazionali agonistici risultano molto incerti e imprevedibili, caratterizzati da cambiamenti improvvisi, inattesi e rapidi per la vasta quantità di movimenti del pallone, dei compagni e degli avversari (Passos et al., 2008). E’ quindi sempre possibile più di una soluzione efficace per raggiungere un obiettivo (Warren, 2006) e l’efficacia delle soluzioni non è prevedibile a causa dell’interazione non lineare fra individui che hanno obiettivi di prestazione diversi (Hristovski et al., 2012).
Inoltre, i divergenti obiettivi prestazionali fra i giocatori avversari inducono a comportamenti chiaramente intenzionati a farglieli cambiare allo scopo di creare situazioni favorevoli alla realizzazione di azioni efficaci e utili al raggiungimento di un obiettivo intermedio: ad esempio l’apertura nello schieramento avversario di un varco che permetta il tiro o una conduzione in dribbling che permetta di saltare il difensore (Esteves et al., 2011).
Conseguentemente i giocatori non possono agire in base a una sola soluzione predeterminata e preventivamente immaginata “corretta”; sarà invece solitamente possibile raggiungere un obiettivo di prestazione attraverso le numerose soluzioni efficaci generate da un ambiente agonistico dinamico e quindi in continuo mutamento. Le soluzioni multiple devono costituire parte integrante del bagaglio tecnico del giocatore per permettergli di agire efficacemente.
Che un giocatore agisca in allenamento o in gara, tenterà sempre di adattarsi ai vincoli specifici dettati dal gioco, quali ubicazione del pallone, posizione relativa dei compagni, distanza dall’obiettivo, distanza interpersonale da un determinato difensore; vincoli che cambiano continuamente durante la prestazione. [..] Sarà quindi inutile cercare di identificare un modello motorio comune, idealizzato, a cui tutti gli apprendisti dovrebbero aderire [..] (Hristovski et al., 2011; Phillips et al., 2011). A causa delle diverse caratteristiche individuali, varietà nelle altezze, braccia di diversa lunghezza, abilità cognitive ed emotive diverse, livelli stratificati di tecnica individuale, risulterà disfunzionale cercare di determinare percorsi ottimali e universali di sviluppo dell’apprendimento sulla base di modelli “ideali” di tipo meccanico della prestazione.
Le differenze nelle caratteristiche antropometriche, cognitive, tecniche e tattiche evidenziano chiaramente l’importanza di creare soluzioni personalizzate per l’apprendimento delle tecniche motorie (Hristovski et al., 2011), Quindi, l’analisi della prestazione dovrebbe cercare di quantificare l’efficacia della tecnica motoria e non del movimento di per sé, in special modo quando basata su modelli di esecuzione considerati “ideali”, utili come riferimenti, ma che dovrebbero essere analizzati per individuarne margini accettabili di variabilità motoria.”
“Analisi della prestazione negli sport di squadra”, editore Calzetti e Mariucci, di Duarte Araujo, Pedro Passos e Anna Volossovitch.
Emanuele Tedoldi, a febbraio 2021, nel suo articolo “Apprendere dal gioco: esiste la tecnica corretta?”, così scriveva:
“Innanzitutto, bisogna capire che cosa si intenda per tecnica: se la tecnica è l’esecuzione di un qualsiasi movimento nel gioco (in particolare, ma non solo, con la palla tra i piedi) appare subito logico come essa non si possa considerare il punto di partenza. Nel calcio nessuno sa a priori quale movimento dovrà effettuare dal momento che si tratta di un gioco e quindi di una continua re-azione al comportamento di un avversario: la tecnica è quindi sì un’esecuzione, ma frutto di una scelta che a sua volta è frutto di una percezione, la quale avviene in un contesto che si modifica continuamente nel tempo e, il più delle volte, anche molto velocemente”.
“Che un giocatore agisca in allenamento o in gara, tenterà sempre di adattarsi ai vincoli specifici dettati dal gioco, quali ubicazione del pallone, posizione relativa dei compagni, distanza dall’obiettivo, distanza interpersonale da un determinato difensore
In questa breve clip che ho montato, estratta da un qualsiasi tempo di gioco giocato dall’u11 durante la stagione 2020/21, si può osservare come diversi giocatori, nella medesima zona di campo (circa), adottino soluzioni tecniche differenti per fronte alle dinamiche del gioco.
Come ci ricorda il passaggio del libro: “il giocatore cercherà sempre di adattarsi ai vincoli del gioco“.
Partendo dalla premessa che nessuno dei giocatori nel video è un sinistro naturale, ricevendo palla sul centro sinistra nella prima zona di costruzione, ognuno di essi adotta una soluzione differente. C’è chi effettua un passaggio di collo esterno verso il centro del campo, chi riesce a trovare il compagno in massima ampiezza molto comodamente e chi invece incrocia il passaggio mettendola direttamente in fallo laterale. Chi la controlla in avanti in seguito ad un rimbalzo improvviso, chi con una finta supera l’avversario e si accentra in conduzione, chi gioca una palla centralmente scavalcando la prima linea di pressione e chi decide di cambiare lato col piede debole.
E che dire di questo passaggio d’esterno piede effettuato col piede forte nel corso di un’altra gara?
Si potrebbe obiettare che la scelta più corretta stilisticamente e meno rischiosa avrebbe potuto essere un comodo passaggio di interno piede sinistro…ma il giocatore che fa, decide di affidarsi a ciò che conosce meglio, a ciò in cui si sente maggiormente sicuro, preferendovi quindi una soluzione meno scontata.
L’esito può considerarsi efficace: la palla arriva a destinazione (per il compagno libero) e il gioco può proseguire.
La presenza degli avversari, così come la distanza tra i vari compagni, sono probabilmente i vincoli col peso specifico maggiore all’interno degli sport di squadra: al variare della posizione degli avversari e della distanza dei compagni, il giocatore dovrà adattarsi molto velocemente (i due vincoli precedenti possono infatti mutare in meno di un secondo) cambiando il programma motorio magari anticipatamente scelto.
Queste considerazioni dovrebbero tramutarsi inevitabilmente sul seguente interrogativo: ha ancora senso – e se sì in che misura/percentuale – parlare di allenamento analitico per quanto riguarda la tecnica di base?
Tra tecnica e tattica esiste una natura complementare, ben chiarita nel libro “Analisi della prestazione negli sport di squadra”, editore Calzetti e Mariucci, di Duarte Araujo, Pedro Passos e Anna Volossovitch.,
“La tecnica individuale di un giocatore si evolve esercitandosi nell’affrontare condizioni tatticamente vincolanti. Il miglioramento tecnico indurrà il giocatore a esplorare nuove soluzioni tattiche che precedentemente non aveva disponibilità ad affrontare (Passos & Davids, 2015)”.
Dal canto mio credo sia sbagliato boicottare una metodologia o un mezzo operativo a priori. Come ho avuto modo di scrivere ampiamente negli articoli “Allenare il colpo di testa. Considerazioni e proposte” e “Perché allenare il dominio aereo del pallone. Considerazioni e proposte”, l’idea di fondo dovrebbe essere quella di partire dal gioco e non dal gesto tecnico. Qualora si rivelino difficoltà nell’esecuzione tecnica potrebbe essere sufficiente ridurre la complessità della proposta per favorire l’emergenza di ciò che desideriamo allenare, lasciando tuttavia che sia il giocatore a trovare le correzioni per lui più efficaci.
Il lavoro analitico (lo ripeto) non va demonizzato. Tutto può essere utile; soprattutto per quei gesti tecnici difficilmente riproducibili, con buona frequenza, all’interno della complessità del gioco.
Chiudo con una citazione di Julio Velasco, datata 1986:
“Nella ginnastica la tecnica è l’esecuzione di una tecnica, nel calcio la tecnica è l’esecuzione di una decisione.”