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“Less is more”: Quando pallavolo e calcio si incontrano

21 Agosto 2020

“Less is more”: Quando pallavolo e calcio si incontrano

Less is more” uno dei mantra dell’allenatore Gregg Popovich. Meno vale di più. Meno spazio da coprire, meno giocatori in campo, meno centimetri per quella barriera che separa le due metà del campo, meno peso per il pallone; in una parola: FACILITARE.

Questo è il terzo anno da quando è stata introdotta la nuova riforma S3*. Personalmente, uno degli aspetti che credo non sia stato comunicato nella maniera più opportuna è il concetto di facilitazione.

*S3 sta per Volley S3. La prima S vuol dire Spike (schiacciata). 3 come i tocchi della pallavolo e 3 come le parole chiave del progetto: Sport, Squadra, Salute.

A tal proposito vorrei citare una recente ricerca nell’ambito dell’acquisizione delle abilità motorie:

Quando modifichiamo o ridimensioniamo i vincoli (dimensioni del campo, peso dell’attrezzo, altezza rete, regole) dello sport per i ragazzi, stiamo plasmando l’esperienza sportiva dei bambini e stiamo facilitando l’esplorazione. Le ricerche dimostrano che modifiche appropriate, possono facilitare piuttosto che limitare l’emergere di azioni e comportamenti desiderabili per i bambini che praticano sport (Buszard et al., 2020)”.

Lo stesso autore in un articolo di revisione di qualche anno fa (Buszard et al., 2016), evidenzia i benefici di questo approccio: “I bambini eseguono meglio le abilità quando le attrezzature e l’area di gioco sono ridimensionate. Vengono presentate maggiori opportunità di esercitarsi. Sono in grado di giocare partite in uno stile che ricorda più da vicino una partita per adulti. Porta alla produzione di modelli di movimento più funzionali“. Less is more.

In questo articolo ho raccolto le informazioni dei vari comitati provinciali del Veneto FIPAV. Lo scopo è avere un quadro più chiaro riguardo le somiglianze/differenze nell’applicazione delle nuove disposizioni a livello promozionale.

Tabella 1 Programma promozionale Comitati provinciali del Veneto

Provincia S3 Differenziato Under 11 Pallone Campo mq Rete Regole Fase Finale Cambi
VI Si SI scelta 162 2,05 SI NO SI
PD NO SI consigliati 126 2 SI NO SI
TRE UNO SI NO consigliati 162 2 NO SI SI
VR SI SI consigliati 128 2 NO SI SI
VE NO SI consigliati 144 2,1 SI SI NO
RO NO NO consigliati 162 2 NO SI NO

 

Ora passerò ad analizzare le informazioni raccolte per la categoria under 12.

Il pallone. Il peso dell’attrezzo è molto importante come dimostra il lavoro di Pellett et al., (1994). I vari comitati forniscono giustamente delle indicazioni ma starà al buon senso degli allenatori scegliere il pallone del peso adeguato. Se la mia under 12 si scontra contro un under 11 credo sia d’obbligo giocare con un pallone più leggero. Sicuramente potrebbe destabilizzare all’inizio, ma questa variabilità è un tassello importante per costruire capacità di adattamento.

Dimensioni del campo. Anche la dimensione del campo è molto variabile da comitato a comitato. La gestione dello spazio, della profondità, la valutazione della traiettoria e il conseguente spostamento non sono aspetti semplici e di facile esecuzione. La guida S3 ci dice che la dimensione consigliata del campo per questa fascia d’età è 8 x 16 m. A tal proposito Buszard et al., (2016) hanno pubblicato un lavoro di revisione sul tema della facilitazione negli sport Australiani. Il grafico rappresenta l’area di gioco raccomandata in quattro differenti sport Australiani.  L’area di gioco è stata standardizzata ad 1, che rappresenta un’area di gioco a grandezza naturale (per adulti). Il rapporto dell’area di gioco è rappresentato rispetto all’altezza media dei bambini (maschi e femmine combinati) da 5 a 18 anni. Il calcio sembra essere l’unico sport in cui le dimensioni dell’area di gioco raccomandate aumentino ad un ritmo simile all’altezza dei bambini.

A tal proposito ho ricostruito un grafico simile utilizzando i dati della dimensione del campo riportati nel Manuale Tecnico Smart Coach, rapportandoli con le altezze medie dei bambini e delle bambine.

 I punti di colore rosso rappresentano il rapporto tra le altezze nelle diverse classi di età; in blu il rapporto standardizzato rispetto all’area di gioco a grandezza naturale. Le indicazioni che il Manuale Tecnico Smart Coach riporta per le dimensioni dei campi hanno la loro valenza; ad esempio per la categoria under 12 le dimensioni del campo proposte 8x16m sono in linea con lo sviluppo dei bambini.

Dal mio punto di vista potrebbe essere interessante disputare la seconda parte delle feste S3 e del campionato under 11 con dei campi leggermente più grandi; un’idea simile a quella che il comitato di Venezia attua nelle due proposte per l’under 11. Questo permetterebbe un passaggio più graduale all’under 11.

Altezza della rete. La maggior parte dei comitati gioca con la rete alta 2 m, Vicenza a 2.05 m e solo Venezia a 2.10 m. In questo caso nessun comitato segue i suggerimenti della guida S3, che prevede un’altezza consigliata di 1.90 m.

Ho creato un secondo grafico riassuntivo considerando solo i dati relativi al femminile. I punti blu rappresentano il rapporto tra altezza rete del manuale S3 e altezza rete regolare. Mentre i punti in rosso sono il rapporto tra altezza media nelle diverse classi d’età e altezza media femminile.

Concentrandoci nelle categorie promozionali vediamo come le indicazioni del Manuale Tecnico siano perfettamente coerenti con lo sviluppo del bambino.

Per semplicità ho calcolato un’altezza media di 2m (punto giallo), anche solo con una differenza di 10cm rispetto alle indicazioni della guida ufficiale, il rapporto risulta sfavorevole per chi gioca.

Regole. Il regolamento è chiaramente a discrezione dei comitati. Tre comitati, Vicenza, Padova e Venezia esplicano chiaramente che è vietato fare cambi d’ala o giocare con sistemi di gioco che non sia chi è al centro alza. Questo aspetto è molto importante per permettere a tutti i bambini di sperimentare tutte le tecniche e fondamentali di gioco. Negli altri comunicati non ho trovato indicazioni in merito.

Fasi finali. La maggior parte dei comitati ha una fase finale. In questo senso mi sento in accordo con l’idea di Horst Wein il quale afferma:

“Sapere che gli obiettivi principali dei bambini e degli allievi sono generalmente l’approvazione sociale e la capacità tecnica e non la vittoria di una partita (obiettivo di molti genitori e allenatori), significa che è raccomandabile non costringerli a copiare il mondo degli adulti con competizioni organizzate”.

La gestione dei cambi. In alcuni comitati è presente l’obbligatorietà per tutti di giocare almeno un set. In alcune province questa regola vale solo durante la regular season.

Sicuramente questo è un aspetto che va valutato, ritengo altre sì opportuno che tutti giochino in base alle capacità del momento, ma devono giocare. Entrare solamente per due o tre punti in questa fascia d’età ha poco senso.

L’ultima considerazione è la presenza della classifica.

La classifica ha davvero poco senso, proprio per la natura promozionale di questa fascia d’età. In queste categorie, educare al gioco, insegnare l’amore per il gioco dovrebbero essere di primaria importanza. La classifica diventa solo un pretesto per fare risultato e selezionare chi giocherà di più e chi meno. Chiaramente la filosofia di un allenatore non si può cambiare, ma indirizzarla con regolamenti e strumenti appropriati alla luce dei fatti sicuramente sì.

Considerazioni finali

Una delle frasi che ho sentito più spesso è che utilizzare un campo piccolo renda i bambini incapaci di muoversi.

La capacità di “muoversi”, non è altro che la capacità di lettura o meglio di accoppiare percezione-azione. La capacità di lettura delle traiettorie, di valutazione della profondità richiedono tempo. Utilizzare campi più piccoli con meno giocatori permette di mantenere il rapporto tra percezione-azione, con il vantaggio di ridurre la complessità (spazio), creando divertimento (tocco molte volte la palla), motivazione (ho più opportunità di mettermi alla prova) e apprendimento.

L’altra frase che sento è che il gioco dei bambini dovrebbe assomigliare a quello degli adulti.

Il problema di questa generica affermazione è che, come sostiene Buszard et al., (2020), non sappiamo in che misura il gioco del bambino dovrebbe rispecchiare i vincoli informativi o spazio-temporali del gioco per adulti allo scopo di aumentarne lo sviluppo.

Una rete più alta migliora l’attacco aiutando ad avere il braccio alto.

Il problema di questa frase è che le due cose (rete alta e braccio alto) non sono collegate. Molto dipende da come leggo la situazione di gioco. Ecco che l’utilizzo di palloni leggeri favorisce la lettura della traiettoria per chi deve attaccare. La rete alta sfavorisce molti bambini dotati di poca forza e costringe a colpire la palla in modo poco efficiente pur di superarla. Questo adattamento dovrebbe essere l’eccezione e non la regola. Giocare con una rete più bassa permetterebbe a tutti di sperimentare un movimento più efficiente, imparare a colpire meglio la palla e creando più opportunità di successo, dunque motivazione. Ancora meglio se associato ad un pallone più leggero

È evidente che l’esperienza degli allenatori sia importante ma deve essere pesata tenendo conto anche delle evidenze scientifiche.

Se nella mia provincia le atlete under 12 hanno un’altezza media maggiore delle altre, probabilmente alzare la rete potrebbe non causarmi problemi (o si?), tuttavia abbassarla potrebbe favorire il comportamento di muro, le transizioni e l’attacco. Probabilmente non ci sarà mai una risposta univoca, tuttavia dovremmo chiederci sempre: stiamo procedendo in maniera corretta? o possiamo migliorare qualcosa?

Per attenuare il brusco passaggio tra S3 e categoria u12 (si passa da un campo 4,5x9m ad un campo regolare 9x18m), si cerca di anticipare il passaggio iscrivendo bambine di 10 anni al campionato under 12 e magari iniziando ad allenare da subito il 6c6. In questo modo stiamo favorendo l’abbandono. Nel 6c6 ci saranno molte bambine che non toccano la palla durante l’allenamento e durante la partita si assisterà ad una gara di battuta con una squadra che tenta di ricevere la battuta.

La sensazione di competenza e sicurezza che si instaura quando riesco ad eseguire una ricezione o qualunque altro fondamentale mi porta a volerlo ripetere. Questo circolo positivo lo posso creare e alimentare solamente rispettando i tempi di crescita dei bambini.

Non è colpa dei bambini. Il loro impegno è massimo. La colpa è da ricercare altrove. Rendiamoci conto che la pallavolo è uno sport maledettamente difficile da giocare all’inizio.

Uno dei comportamenti che mi è capitato di osservare è che le squadre tendono ad organizzarsi stringendosi verso il centro del campo; lo stesso comportamento di auto-oragnizzazione è presente in sistemi complessi come le colonie. Questo stratagemma è una risposta contro la predazione durante la nidificazione, nel caso delle colonie.

In maniera autonoma i bambini cercano di occupare lo spazio in maniera ottimale – stringendosi verso il centro – poiché hanno capito che la palla arriverà lì. In questo modo occupano lo spazio in maniera migliore, riducendo l’area da coprire e occupando quella maggiormente colpita.

La rete è troppo alta. Nel nostro sport, come ci hanno ripetuto, la schiacciata è il gesto più spettacolare e bello da eseguire, allora perché non incoraggiarlo? Il gioco diventa un tenere su il pallone e rimandarlo nel campo avversario ma senza una vera educazione al gioco.

Un altro problema è il regolamento. Ci sono squadre che giocano già con il doppio palleggiatore, in barba alla marea di letteratura che consiglia di ritardare la specializzazione. Una bambina è già specializzata al ruolo di alzatrice perché è alta e ha una buona coordinazione nella fase di spinta. Ora, questa giocatrice giocando solo alzatrice non attaccherà mai, chi mi assicura che non potrebbe essere un buon attaccante? Come posso prendere a cuor leggero questa scelta?

La combinazione tra fase finale e sostituzioni a discrezioni del tecnico crea un pericoloso mix. Dovremmo permettere a tutti di giocare evitando quei fastidiosi cambi quando il set ormai è compromesso: “faccio entrare quello/a più scarsa/o cosi ho rispettato il regolamento”.

Cosa possiamo fare per appassionare alla pallavolo e migliorare l’attività promozionale?

1.     Istituire un campionato under 11;

2.     Rispettare le indicazioni del Manuale Tecnico S3 per quanto riguarda dimensioni campo e altezza della rete nelle diverse categorie promozionali

3.     Togliere la fase finale dal campionato under 12;

4.     Redigere un regolamento che proibisca l’utilizzo di sistemi di gioco e cambi di zone tra i giocatori;

5.     Aumentare il numero di gare iniziando prima il campionato o istituendo un torneo di apertura come in altre province;

6.     Creare incontri di formazione tra tecnici che si occupano del settore promozionale;

Queste sono solo alcune proposte che si potrebbero mettere in atto senza particolari difficoltà. Il filo conduttore che dovrebbe muoverci è quello di mettere al centro dello progetto il bambino/atleta e costruire un ambiente che favorisca partecipazione, apprendimento e divertimento.

Considerazioni Personali (Franzoso Diego):

Ho voluto aprire questo spazio al contenuto di Daniele poiché l’ho trovato estremamente interessante e dalle diverse analogie col gioco del calcio.

Da quanti anni si discute che in attività di base il numero di giocatori nelle competizioni sia eccessivo rispetto all’età dei bambini? A memoria, se ne parlava già quando ho iniziato ad allenare (ormai 16 anni fa). E’ per ciò interessante constatare – dal grafico proposto da Daniele – come invece “il calcio sembri essere l’unico sport in cui le dimensioni dell’area di gioco raccomandate aumentino ad un ritmo simile all’altezza dei bambini”. Mi vien da chiedermi a questo punto se non siamo noi a farci troppi problemi e se invece siamo per davvero lontani dalle esigenze del ragazzo.

Daniele poi parla di Educazione al gioco e di far appassionare, due temi a me estremamente cari e che andrebbero ricordati ad ogni insegnante come monito di una mappa del tesoro da seguire.

Impossibile non notare inoltre le profonde analogie nella ricerca del risultato da parte dei tecnici, concentrati più sulla vittoria (giocatori che entrano a pochi punti dalla fine…ci ricorda qualcosa?) che sulla formazione dell’allievo.

Daniele cita alcune “evidenze scientifiche”. Altro tema che dovrebbe ricordarci come è impossibile, nel 2020, far finta di non vedere studi e ricerche in ambito sportivo che sgretolano muri che durano da oltre un secolo (come ad esempio allenare le strutture del giocatore separatamente, come se l’essere umano fosse un robot da costruire).

In definitiva, mi sento “quasi più rilassato” nel sapere che “non siamo soli” 

 

 

Foto: http://www.volleywood.net

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