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FootSofia

“FootSofia”: Le strade polverose di Sadio

18 Marzo 2020

“FootSofia”: Le Strade Polverose di Sadio, di Tommy Dal Santo

Scrive Borges: “Che un individuo voglia risvegliare in un altro individuo ricordi che non appartengono che a un terzo, è un paradosso evidente. Realizzare in tutta tranquillità questo paradosso, è l’innocente volontà di ogni biografia.”

L’umile tentativo di raccontare qualcosa di qualcuno che nemmeno si conosce, nasce dalla persuasione, forse assurda e paradossale, che le nostre storie pur sempre si intrecciano e hanno qualcosa da dire l’una all’altra.

Prismi, specchi, pozzi profondi, messaggi cifrati, oppure nulla. Ognuno in una storia vede ciò che vuole. O ciò che è destinato a vedere.

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“Ciao mamma, sono in Francia”. “Quale Francia?”. “Francia, in Europa”. “Che cosa intendi in Europa”? Tu vivi in Senegal”. “No, mamma, sono in Europa adesso”.

Strade polverose. I pulviscoli di polvere si agitano sospesi tra la pesantezza della terra sotto e la leggerezza dell’aria che li muove, in fluttuante equilibrio. Sadio Mané sembra muoversi in campo allo stesso modo, fluttuando tra le casacche avversarie, agile, rapido e sciolto per poi precipitare fulmineo verso la porta, concreto e determinante, spesso decisivo. Dribbling leggeri e goal pesanti, aria e terra, la danza della polvere.

Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.” dice Italo Calvino.

Devi liberarti di tanti macigni, quotidianamente, soprattutto se nasci in un villaggio povero del sud del Senegal e sei semplicemente uno dei tanti che sognano di cavarsela con un pallone. Nelle strade polverose di Bambali i bambini prendono a calci un pallone già a 2-3 anni. Mattina e sera col pallone tra i piedi, tra i segni della guerra.

Mané è solo uno dei tanti tra i tanti talenti nascosti agli occhi del mondo. Occhi ridenti che sognano guardando qualche partita della Nazionale, planando sopra le cose come la polvere sopra la terra arida. Si mette in luce nel suo villaggio, ma i genitori non comprendono quella ostinata ossessione per il pallone e i voli pindarici. Vorrebbero, invece, scuola e religione, insomma qualcosa di meno frivolo.

Sadio ha 15 anni quando si inventa un dribbling fantasioso: al tramonto prepara la sua sacca, la nasconde nell’erba alta di fronte a casa e l’indomani, al sorgere del sole, si incammina verso casa di un amico; si fa dare qualche soldo per l’autobus e il contatto di una famiglia che lo può ospitare a Dakar.

Nella capitale ci sono centinaia di ragazzini ammassati in tante squadre, ci sono provini di selezione. Qualcuno ride, dove pensi di andare con quelle scarpe? Vecchie, rotte, le ha raccapezzate alla meglio con del filo. Non ce li hai dei pantaloncini da calcio, un po’ più adatti?

Tutto quello che ha è la leggerezza, ai piedi e nel cuore. Tanto basta per impressionare, lo prendono subito. Anche i genitori intanto capiscono: se non vuoi tornare al villaggio, finisci almeno l’anno di scuola e poi ti aiuteremo a inseguire il tuo sogno, a tentar la fortuna.

Sono tanti i sacrifici, per loro e per Sadio, durante gli anni all’Academy Generation Foot di Dakar. Anche se nel tuo cuore c’è leggerezza, devi restare umile, con i piedi ben ancorati a terra. Devi lavorare duro, lontano da casa, pesantemente, con i genitori che vendono i beni per mandare un po’ di soldi.

Devi spingere al massimo, se vuoi arrivare. E ne arrivano pochi.

Said mette da parte certezze, il voler far di testa propria, lavora sul suo stile arido e grezzo, perfeziona costantemente una tecnica individuale che sia funzionale al gioco di squadra. Poi, finalmente, accade. A 19 anni osservatori francesi preparano il suo trasferimento al Metz, in Ligue 2. “Ciao mamma, sono in Francia”. Incredulità. Sadio vede un giornalista con la macchina fotografica. Posso avere una foto mentre indosso la tuta del club? Vorrei mandarla a mia madre, come prova che ce l’ho fatta, che ora sono un giocatore professionista. No, non ho un indirizzo mail dove inviare la foto. La può mandare all’indirizzo del club? Ma è gratis, vero?!

Nella prima stagione in Europa pochi spunti, un goal in 19 presenze, il club retrocede. Non basta arrivare, devi restarci tra i migliori, sei sempre sul filo del rasoio. Devi rimetterti a lavorare ancora più duramente. Salisburgo, poi Southampton.

Sadio migliora costantemente, impara nuovi stili di gioco, si cala nel tatticismo europeo, si imprimono nell’istinto nuove soluzioni. Soprattutto, impara ad imparare.

Io sono una persona che ama ascoltare, guardare ed imparare. Ogni giorno è buono per lavorare duramente ed avvicinarsi sempre più al top”.

Klopp viene impressionato per tecnica, velocità, duttilità e spirito di sacrificio. Lo vuole assolutamente. A Liverpool è uno dei trasferimenti più cari nella storia del club, hai pressioni, ma non devi pensare troppo. Aria e terra, fame e istinto.

Novantaduesimo minuto della semifinale di ritorno dell’ultima Champions League, il Liverpool sta difendendo l’ultimo assalto disperato del Barca dopo aver portato a compimento una rimonta leggendaria. Sono tutti stremati, Anfield é una bolgia. Ripartenza Reds, la bandierina dell’angolo avversario è vicina e comoda, giocatori normali vi si rifugerebbero senza indugio. Sadio Mané punta la porta.

Se adesso sei uno dei più forti al mondo e alzi il trofeo più importante d’Europa, d’estate puoi goderti una meritata vacanza in qualunque parte del mondo. Said, invece, è tornato a Bambali; con i macigni accantonati costruisce una scuola, un ospedale, una moschea, uno stadio.

“Non ho bisogno di sfoggiare auto o appartamenti di lusso, viaggi o aerei. Preferisco che la mia gente riceva un po’ di quello che mi ha dato la vita.”

Strade polverose, cuori leggeri.

https://www.youtube.com/watch?v=jOTYMura2r8

 

Fonte: articolo scritto da Tommy Dal Santo e pubblicato dal “Giornale di Vicenza” il 4/12/2019

Foto: https://liverpoolcore.com

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