“Vado in Spagna” – Capitolo 2, di Claudio Misani
Nel corso di questi anni ho sempre dato spazio alle esperienze di amici e colleghi che sono emigrati all’estero in cerca di fortuna o, più semplicemente, di riconoscimenti personali che nel nostro paese faticano a raggiungere.
Oggi è il turno del collega Claudio Misani che, in questa rubrica, ci racconterà della sua avventura in Spagna.
In questi ultimi anni in riferimento alla Spagna si è spesso sentito parlare di “Tiki-Taka”, di “Modello Spagnolo”, di giochi di posizione, Rondos, etc… ma da dove nascono tutti questi successi dei club e delle nazionali spagnole? Ma soprattutto quali sono le grandi differenze tra Spagna e Italia a livello giovanile?
L’eliminazione della nazionale maggiore da questo ultimo mondiale può risultare una sorpresa, ma se analizziamo più profondamente il movimento calcio Italiano ci rendiamo conto che è solo una diretta conseguenza di come si è lavorato negli ultimi anni.
Strutture di allenamento assolutamente inadeguate nella maggior parte delle società, istruttori non qualificati (o che vorrebbero ma non gli viene permesso) a cui viene data la possibilità di scendere sul campo, la ricerca della vittoria a qualsiasi costo per soddisfare il proprio ego o qualche genitore esaltato sugli spalti, etc… Si potrebbero aggiungere molte altre cose ma meglio non ricordarle e passare al tema di questo capitolo.
In questa seconda parte (perdonate la lunghezza dell’articolo) cercherò di spiegare quali sono le principali differenze a livello Federale tra Italia e Spagna, di come sono strutturati i campionati a livello di prime squadre e soprattutto di settore giovanile.
Iniziamo analizzando le differenze a livello di campionati di prime squadre. Come in Italia anche in Spagna ci sono 3 categorie che vengono considerate professionistiche, la differenza nel numero delle squadre tra LEGA PRO e SEGUNDA B è principalmente dovuta all’esistenza delle famose “seconde squadre” o “squadre B” (o addirittura C per il Siviglia) che solitamente militano in Segunda B o in Tercéra División (salvo rare eccezioni come il Barca B o il Sevilla B che militano in Segunda Nacional).
Dopo il campionato nazionale di Tercéra ci sono i campionati regionali che vengono divisi in 2-3-4 categorie, a discrezione della federazione regionale di competenza. In Catalunya per esempio ci sono 4 categorie che sono chiamate Primera, Segunda, Tercéra e Cuarta Catalana.
La società in cui alleno attualmente possiede due prime squadre, una gioca un campionato di livello semi-professionistico (Tercéra Nacional) e l’altra gioca in Tercéra Catalana, quest’ultima composta in buona parte da giocatori che sono cresciuti nel club.
Inoltre, la federazione Spagnola ha creato un campionato chiamato “VETERANOS” in cui le squadre sono composte da giocatori con un minimo di 35 anni.
SPAGNA | ITALIA |
LIGA BBVA (20 squadre) | SERIE A (20 squadre) |
SEGUNDA DIVISIÓN NACIONAL (22 squadre) | SERIE B (22 squadre) |
SEGUNDA DIVISIÓN NACIONAL B (20 squadre x 4 gironi) | LEGA PRO (19 squadre x 3 gironi) |
TERCÉRA DIVISIÓN NACIONAL (360 squadre) | SERIE D (167 squadre) |
* | ECCELLENZA |
* | PROMOZIONE |
* | PRIMA, SECONDA, TERZA CATEGORIA |
Passiamo ora a vedere come sono composti i vari campionati del settore giovanile di quelle categorie che vengono definite in Italia come “agonistiche” (calcio a 11).
In Spagna diciamo che prevale la meritocrazia, ossia, qualunque squadra può essere promossa o retrocedere. Nelle massime categorie in cui giocano in Catalunya le squadre professionistiche, come per esempio Barcellona, Espanyol, Girona, Cornellà, Reus, Damn etc… ci sono altrettante squadre non professionistiche che hanno meritato sul campo l’onore di giocare contro queste società.
Il diritto di giocare nella categoria più alta non viene quindi acquisito grazie alla prima squadra ma al lavoro che si fa come club.
Ci sarebbero molte altre cose da dire sulla divisione delle squadre e sul regolamento ma mi fermo qua per non dilungarmi troppo.
SPAGNA | Anno | ITALIA | Anno |
JUVENIL (Division Honor, Liga Nacional, Preferente, Primera, Ségunda) | 1999
2000 2001 |
JUNIRES, BERETTI, PRIMAVERA | 1999
2000 *1997 e 1998 come fuoriquota |
CADETE (Division Honor, Preferente, Primera, Ségunda) | 2002
2003 |
ALLIEVI (Nazionali, Regionali, Provinciali) | 2001
2002 |
INFANTIL (Division Honor, Preferente, Primera, Ségunda) | 2004
2005 |
GIOVANISSIMI (Nazionali, Regionali, Provinciali) | 2003
2004 |
// | ESORDIENTI 2° ANNO (no campionato federativo) | 2005 |
In Spagna a differenza dell’Italia non esistono vie di mezzo, infatti non è previsto il calcio a 9 (alcune federazioni territoriali propongono il calcio a 8) e il calcio a 5 è praticamente inesistente se non nei piccolissimi.
A partire dalla categoria Benjamin esistono classifiche con promozioni e retrocessioni (ASSURDO penserà qualcuno), l’arbitro federale è una presenza fissa già dalla categoria Prebenjamin (anche per le amichevoli), e inoltre esiste il fuorigioco negli ultimi 10-12 metri.
SPAGNA | Anno | ITALIA | Anno |
ALEVÍN (Preferente, Primera Ségunda, Tercéra) | 2006
2007 |
ESORIENTI 1° ANNO
(9vs9) |
2006 |
BENJAMÍN (Preferente, Primera Ségunda, Tercéra) | 2008
2009 |
PULCINI
(7vs7) |
2007
2008 |
PREBENJAMÍN | 2010
2011 |
PRIMI CALCI
(4vs4 /5vs5) |
2009
2010 |
DEBUTANT (calcio a 5) | 2012
2013 |
PICCOLI AMICI
(2vs/3vs3) |
2011
2012 |
Un valore fondamentale che viene trasmesso qui in Spagna è quello del “saper competere”, che non significa vincere a qualunque costo ma accettare la vittoria come anche la sconfitta, a patto che chiunque abbia dato il massimo.
Come in ogni cosa tutto il mondo è paese, infatti, anche qua ci sono allenatori (soprattutto i giovani), che mandano in campo la loro squadra per vincere a qualunque costo a dispetto della crescita del bambino. Per quello che ho potuto vedere in questo primo anno, i casi sono molto inferiori rispetto alla mia esperienza Italiana ma sarebbe inutile negare che ci sono allenatori o club interi che lavorano per il mero risultato.
Molti si chiederanno se ha senso fare campionati con promozioni e retrocessioni con bambini così piccoli. Dopo un anno di esperienza la mia risposta è… assolutamente si!
Partiamo dal presupposto che se un allenatore pensa solo a vincere lo fa in amichevole, in campionato e nel torneo del paese. E’ la mentalità che fa la differenza non la presenza o meno di una classifica dal mio punto di vista.
La presenza dei campionati per me ha molto senso perché in Spagna le squadre sono suddivise per livello, in modo da iscrivere la squadra più pronta in un campionato di livello superiore (che bisogna conseguire sul campo) rispetto ad una composta da bambini che hanno iniziato a giocare lo stesso anno.
Questo permette di creare campionati più o meno equilibrati in cui il bambino cresce partita dopo partita perché costretto a giocare contro altri bambini di pari capacità o leggermente superiori.
Nella mia esperienza posso dire che i bambini che sto allenando, pur essendo tra le ultime del campionato, vengono sempre con entusiasmo e a fine partita nonostante una sconfitta (anche pesante) se ne vanno sempre con il sorriso. Questo penso sia merito sia della cultura del paese ma anche dell’allenatore. Dipende tutto da come si fa vivere il risultato al bambino.
La più grande differenza che ho notato tra Italia e Spagna, oltre a livello culturale e di come viene vissuto lo sport, è la preparazione degli allenatori. A livello tecnico-tattico sono molto preparati e soprattutto sono davvero tanti i giovani che intraprendono questa strada, anche perché la Federazione e lo stato spagnolo aprono le porte alla formazione, a differenza nostra.
Di questo tema parlerò nel prossimo capitolo, approfondendo quali sono le vie per diventare allenatore nel paese Iberico.