Super Tele: Ezio Vendrame, una vita fuori gioco
“Fino a quando il futuro apparterrà ai poeti, il profumo dei fiori sarà salvo”
Meglio un bel palo di un brutto gol, diceva sempre Ezio Vendrame.
Perché in campo, come nella vita, ricercava la travolgente bellezza con l’andatura ribelle e caparbia di chi era abituato sin da piccolo a ricevere le entratacce dure della sorte.
Una traiettoria sghemba e anarchica quella di Vendrame, che da Casarsa della Delizia debutta in serie A con la maglia del Vicenza.
Sono molti gli aneddoti leggendari che accompagnano la figura di questo poeta, che per un periodo ha deciso di imprimere i suoi versi sul campo da calcio.
Spesso capitava si soffiasse il naso con la bandierina del calcio d’angolo, per lui era un gesto elegante in un mondo barbaro dove il resto dei colleghi utilizzavano modi ben più prosaici.
Una volta, proprio in trasferta contro la sua Udinese con cui aveva militato nelle giovanili, con la maglia del Padova segnò direttamente dalla bandierina dopo aver sistemato le proprie narici di fronte al pubblico di casa.
Potrebbe sembrare un’altra storia di genio e irregolarità, quella di Vendrame, un’altra parabola di talenti dissipati e non a caso spesso il linguaggio mediatico lo ha etichettato come “il George Best italiano”. Sappiamo altrettanto bene che per Boniperti – che lo avrebbe voluto alla Juve ma non se ne fece nulla perché uno così non poteva certo andare d’accordo con gli schemi rigidi sabaudi – era il Kempes italiano. E purtroppo tante volte il discorso giornalistico italiano intorno alla sua figura, seppur con qualche eccezione, si è limitato a tratteggiare il suo personaggio con toni fra l’eccentrico e il dissoluto, calcando spesso aneddotica sulla mera superficie delle sue vicende. Trascurando probabilmente come alcune scenette fossero un trucco per esorcizzare la tensione interiore e la profonda sofferenza che lo attanagliava.
Eppure Ezio Vendrame era semplicemente unico.
Impossibile da etichettare, immarcabile in campo e inarrestabile dentro a rigide tattiche.
Spirito libero vero, scosso e percosso da una lacerante umanità, da una vorace voglia di vivere che spesso sfogava in amori impossibili – come raccontato nei suoi libri – nel tentativo di dare ristoro alla propria anima.
Si divertiva Vendrame, in campo e fuori.
In campo giocava coi calzettoni abbassati, il dribbling sempre in canna e il ciuffo ribelle. Alterna momenti di gioco celestiale a furenti momenti di distacco totale.
Fuori invece ricercava cibo per i propri sogni, qualche notte si tuffava fuori dai ritiri per godere di vizi e piaceri spesso esclusi a tutti coloro che vivevano il calcio come una professione.
Ma non ha mai rinnegato nulla di tutto ciò, nessun rimpianto a carriera finita, né alcuna dichiarazione mediatica politicamente corretta per accontentare il carrozzone. Sempre con la schiena dritta, ad evitare i luoghi comuni.
“Quando mi accorsi che c’era un mondo dove potevo incendiare il cielo, con ali imperfette i miei voli vertiginosi disegnarono il mio destino: un’emorragia.“
Non apparteneva al circo del calcio Vendrame. Il suo talento brillante da ala offensiva lo aveva portato ad indossare la prestigiosa casacca del Napoli. Coi partenopei gioca solo tre partite, ma incontra Piero Ciampi, cantautore con il quale stringerà una fortissima amicizia da spingerlo addirittura a interrompere una gara per correre a salutarlo, col pallone in mano e un cartellino giallo in arrivo, sotto la tribuna.
Con innocenza ai microfoni dichiarerà che “una partita di calcio è ben poca cosa di fronte a un poeta”. Ed è con la stessa limpida consapevolezza che ai ragazzini che per un periodo ha allenato – dopo aver smesso col calcio giocato – ripeteva spesso che “il pallone si sgonfia” e bisogna prepararsi a essere pronti soprattutto fuori dal campo. È suo inoltre, il celebre aforisma legato al piacere di allenare una squadra di orfani, nel senso di non rischiare problematiche e ingerenze con i genitori che purtroppo talvolta possono ingombrare gli spazi dei ragazzi.
Si considera di passaggio nel mondo del calcio Vendrame, la sua infanzia è stata ustionata in un orfanotrofio e da quei giorni il suo cuore ha deciso che può vivere di soli attimi fugaci, di libertà e anarchia, senza ritegno per dirla con le sue stesse parole. Per questo continuerà a dare appuntamento ai giornalisti che di tanto in tanto, nei decenni a venire, continueranno ad andarlo intervistare a Casarsa sulla tomba di Pier Paolo Pasolini, il suo compaesano più illustre. Perché la potenza delle parole e la poesia, insieme alla leggerezza del gioco e alla voglia di divertirsi, sono ciò che più ha affascinato Vendrame, divenuto egli stesso scrittore.
Romanzi, con aneddoti e ricordi, molte poesie, alcune delle quali sono state messe in musica come “Ce l’ho con l’amore” dei Tetes de Bois.
Da molte sue opere oltre a una vibrante sofferenza, traspare sempre al tempo stesso un innato desiderio di abbracciare la vita malgrado i dolori che riserva. “Anche se il più delle volte nell’amare si inciampa, se vogliamo dare senso a questa cazzo di vita, non abbiamo altra scelta che il rischio. Meglio aver amato e perso, che andarsene senza aver tentato alcuna resurrezione.“
Il rettangolo verde per Ezio ha rappresentato solamente una parentesi della propria vita. In precario equilibrio fra malinconia ed allegria, fra fame di vivere e dolori vertiginosi Vendrame ha attraversato il suo irregolare percorso come un funambolo che temeva di cadere per perdere il contatto con le vette della sua immaginazione.
E non è un caso che uno dei suoi marchi di fabbrica in campo fosse la “vedetta”, un numero che si divertiva a fare per dimostrare il suo talento. Saliva sulla palla con entrambi i piedi, restando immobile per qualche secondo sopra il pezzo di cuoio, senza perdere l’equilibrio. Con una mano appoggia il pollice alla tempia e l’indice alla fronte come la vedetta che scruta l’orizzonte.
È un attimo. Un lancio millimetrico trova il compagno smarcato con incredibile precisione, salutato da un boato del pubblico.
Un cuore incontaminato e indomabile pulsava sotto la sua veste di uomo, che con la sua morte ha dato quiete alla propria anima, per non essere finalmente più distratto da nessuna alba né intimorito da alcun tramonto.
Se è vero che la poesia è far volare il pesante del mondo sul leggero dei versi, Ezio Vendrame è stato un sasso sull’acqua del calcio italiano.
Che ha rimbalzato veloce, senza lasciare tracce profonde nella storia dello sport, ma cerchi concentrici incancellabili e uno sciabordio di ricordi e vibrazioni che connettono ogni appassionato alla versione più pura del gioco.
“Quando scopri che l’essenziale è altrove.
Che il godimento è il coraggio del guerriero.
Che un amore ti può stendere, minare e farti saltare in aria.
Che le emozioni sono la Bastiglia del tuo cuore.
Che comunque vada, avrai qualcuno che ti vuole bene: non c’è classe più straordinaria che bestemmiare e cestinare il proprio talento.“
Foto: Illustrazione di Osvaldo Casanova
Commenti
Complimenti Francesco,ho il piacere di conoscerti per me sei un punto forte di riferimento per i tuoi ragazzi,non smettere di insegnare ai ragazzi il tuo amore per il calcio ,complimenti ancora ???