Nel precedente articolo abbiamo scritto dei dati tecnico-tattici che possono avere rilevanza ai fini di un’analisi accurata ed approfondita della prestazione, senza soffermarci alla sola superficie; avevo accennato anche all’utilizzo dei GPS e dei relativi dati utili a fornirci un’idea più chiara sulla prestazione del giocatore ma anche del gruppo squadra. E’ con immenso piacere che condivido la stesura di quest’articolo con l’amico Luca Guerra, sports scientist e data analyst con esperienze (tra le altre) all’Everton, al Napoli e all’Honved.
Partiamo da una domanda semplice: cosa ci dicono i dati GPS?
Ci indicano sicuramente la distanza totale percorsa e, di conseguenza, la distanza al minuto. E’ un dato utile ai fini della “lettura” della prestazione? Direi proprio di no, in quanto è un parametro troppo generico. Mi spiego meglio. Potremmo schierare Kipchoge (campione del mondo di maratona) in una squadra di calcio e quasi sicuramente eccellerebbe in questa variabile. Ma proprio per questo esempio non possiamo tenere in grande rilievo questo dato (che ci viene somministrato ad ogni partita persino dalle varie emittenti TV).
Una domanda che magari in molti si son fatti e alla quale non sempre è stata trovata risposta è: quanto “spende” un giocatore in partita?
Questo è un dato che i GPS forniscono in termini di spesa energetica. Ci aiuta, in parole povere, a capire quanto “costa” una partita ad un singolo giocatore e quindi comprendere come reintegrare e recuperare; due componenti fin troppo fondamentali e troppo trascurate (vista la loro notevole importanza). Se ci vogliamo basare sul modello prestativo del calciatore dobbiamo tenere a mente che “il costo energetico della corsa in accelerazione è maggiore di quello a velocità costante, poiché il soggetto deve spendere energia anche per aumentare la propria energia cinetica” (prof. Di Pamprero).
Presupponendo che la corsa di un calciatore in partita non sia costante come quella di un maratoneta, dobbiamo aspettarci un costo energetico diverso se paragonassimo queste due tipologie di atleti, dove il valore maggiore apparterrà sicuramente al giocatore di calcio. Un dato interessante da riportare è che il 42% della spesa energetica di una partita avviene nel 12,6% del tempo e nel 25% della distanza totale percorsa.
Proprio pensando a quella che è la prestazione di un calciatore, quali sono i parametri da tenere in considerazione?
Non possono più essere sufficienti solo la velocità e le distanze percorse, occorre conoscere anche la potenza metabolica (con palla e senza), accelerazioni e decelerazioni >3 m/s, distanza >55 W/Kg, numero di accelerazioni e decelerazioni >2 m/s e di 3 m/s, % di distanza equivalente, spesa energetica (di cui abbiamo discusso sopra) e il tempo effettivo.
Parlando di potenza metabolica possiamo fare riferimento, prendendo i dati GPS, alla distanza percorsa sopra i 20W/Kg; dato che non risulta differire molto da quello della distanza percorsa sopra i 20 Km/h. Stessa cosa potremmo fare per la distanza compiuta sopra i 55 W, ovvero altissima potenza. Come avviene? Ad esempio tramite un’accelerazione o altissime velocità.
Se parliamo invece di distanza equivalente, invece, facciamo riferimento alla distanza che il giocatore avrebbe coperto con lo stesso dispendio energetico totale ma correndo a velocità costante; è sostanzialmente un ottimo dato per misurare quella che è la qualità della corsa.
Quando invece parliamo di accelerazioni e decelerazioni dobbiamo intenderle, soprattutto per le seconde, come espressioni di forza espresse; queste variano molto a seconda della posizione che un giocatore occupa in campo e delle richieste dell’allenatore.
E’ ovvio anche che tutti questi parametri che abbiamo visto sino ad ora siano soggetti ad una variabile determinante: il tempo, in particolare quello effettivo.
Infatti, tanto più il tempo effettivo risulta essere alto, tanto più la partita viene considerata spettacolare dai tifosi (ci sono poche pause, l’arbitro fischia raramente e vi sono continue transizioni). Tutto ciò è utile per iniziare a comprendere cosa accade realmente in una partita di calcio, evitando di basarsi sulle sensazioni.
La scienza è in continua evoluzione e pertanto risulta indispensabile aver chiaro il dualismo tra volume ed efficienza. Mentre la tecnologia ad oggi declinata al monitoraggio degli allenamenti è finalizzata alla quantificazione dei carichi (es. distanze percorse), nel caso delle partite, avendo a disposizione le posizioni di tutti i giocatori e della palla, è possibile introdurre anche il concetto di efficienza fisica, legato quindi non tanto al volume prodotto, quanto all’efficacia di un determinato sforzo atletico.
Facciamo un esempio concreto: due giocatori che si trovano ad effettuare uno sprint di 30 metri per raggiungere la palla prima dell’avversario, al termine dell’evento avranno prodotto ciascuno un’accelerazione, uno sprint, una decelerazione e la stessa distanza. Lo stesso volume! Ma uno di quei due, quello che avrà raggiunto la palla per primo, o che avrà prodotto lo stesso volume con un minor dispendio energetico, sarà risultato più efficiente.
Diventa quindi imprescindibile introdurre il concetto di efficienza fisica che vada al di là di una semplice rappresentazione del carico esterno. L’integrazione dell’efficienza fisica con quella tecnico-taccia consente di fornire una visione chiara della prestazione, dando luce ad una correlazione tra gli indici prestativi ed il risultato della partita. Ci ritorna allora in soccorso il Dottor Paul Bradley (già citato nel precedente articolo) che evidenzia innanzitutto quelli che sono i fattori che influenzano la performance.
A livello generale sono sostanzialmente tre: palla in possesso, non possesso palla e palla fuori dal gioco.
Questi tre parametri devono essere relazionati con le posizioni che i giocatori occupano in campo ma, per non venir meno a quella che è l’evoluzione del gioco al giorno d’oggi, bisogna considerare che il giocatore in campo si muove.
In questa immagine molto chiara è riassunto perfettamente quello che è il concetto di integrazione, ovvero l’unione di parametro fisico (in questo caso la distanza ad alta intensità) e parametro tecnico (possesso, contrasti e passaggi).
Ciò è solo un esempio dei parametri ritenuti fondamentali; vi è anche la sprint distance, che è un dato cruciale non solo a livello fisico ma anche per comprendere l’evoluzione che il calcio ha avuto e sta avendo.
Vi riporto di seguito due immagini che fanno capire meglio, sia a livello generale che specifico, quello che è importante sapere.
Dobbiamo pertanto metterci nell’ottica di osservare la performance fisica attraverso una lente tattica, cercando di quantificare il “che cosa”, il “come” ed il “perché”.
L’approccio tradizionale è stato utilizzato negli ultimi quarant’anni per dettagliare il profilo di attività nella partita dei giocatori, quantificando la distanza coperta assoluta e relativa, la frequenza e il tempo speso tra un movimento continuo di camminata fino ad arrivare allo sprint.
Il problema maggiore sta nel fatto che molti addetti ai lavori non si vogliono discostare da questo “dogma”, poiché si tratterebbe sostanzialmente di sperimentare; come sempre, se si percorre una strada che è già stata battuta si otterrà lo stesso identico risultato. Se invece si è coraggiosi e si cerca una nuova via, si potrebbero scoprire cose nuove.
L’approccio che si vuole dare in quest’articolo è di tipo sperimentale, teso al futuro e non al passato. Le componenti tattiche e tecniche sono ritenute le discriminanti più importanti nell’analisi degli standard competitivi. Ad oggi sappiamo che alcuni hanno messo quattro modelli per descrivere gli stili di gioco di una squadra (Fernandez-Navarro et al. 2019), con l’intenzione principale di allineare i dati con le informazioni tattiche. Le richieste fisiche associate con questi modelli sono state visualizzate in anteprima ma non pubblicate (STATS, 2019).
Alcuni problemi potrebbero esistere, come ad esempio questi stili di gioco che sono già stati completamente validati dagli esperti. Intuitivamente, ogni allenatore descrive gli elementi tattici collettivi in modo unico e così le definizioni di gioco di possesso, attacchi continui, transizioni (per citarne alcuni) non sono sempre concordi tra loro. Gli stili di gioco sono incredibilmente complessi e così difficili da isolare e quantificare. Per questo, prima di allineare le componenti fisiche e tattiche nel calcio sarebbe meglio rompere la complessità in semplicità. Un esempio di destrutturazione può essere fornito dalla seguente immagine (Bradley e Ade, 2018).
In questo caso, intersecando le componenti tecniche, tattiche e fisiche, si ha una prima “scrematura” di quelle azioni che sono ritenute basilare sia per ognuna delle singole componenti ma anche dall’unione bilaterale tra loro.
Con uno sguardo teso al futuro viene di seguito riproposto quello che è un grafico riguardante la distanza ad alta intensità vista in una chiave completamente nuova, contestualizzata.
I dati riguardanti l’alta intensità sono uno dei fattori determinanti nell’evoluzione del gioco ai giorni nostri. Si potrebbe obiettare che i dati presenti nel grafico sopra riportati siano siano più completi ma vuoti; in quanto non ci dicono una cosa molto importante: dove avvengono queste azioni?
Questo è solo un esempio per dimostrare che queste variabili già esistono e si possono utilizzare. La video analisi ha dato un enorme vantaggio per poter analizzare meglio queste situazioni.
Inoltre, l’integrazione di appositi software permettono di valutare le heat map di ogni singolo calciatore, ma anche tante altre sfumature utili ad avere uno sguardo più approfondito sulla partita o sulla stagione.
A tal proposito, in quest’ultima immagine viene mostrata la distanza percorsa ad alta intensità, scomponendo ulteriormente un dato che a prima vista pare già molto più chiaro rispetto ai dati ciechi che spesso vengono ancora utilizzati.
Questo è ciò che si può fare ma anche un qualcosa da cui partire.
L’invito che ci sentiamo di dare è quello di non fermarsi mai di fronte ad ostacoli, come ad esempio: “Lascia stare, è troppo difficile”; proprio perché è così complesso che vi esortiamo ad andare avanti e a non arrendervi di fronte alle difficoltà.
Allenare è sicuramente un’arte complessa e con migliaia di sfumature. Conoscere, apprendere, essere curiosi e continuare ad avere dubbi, sono ingredienti che permettono il miglioramento rendendo consapevoli di ciò che si fa e, soprattutto, del perché lo si fa.
Non bisogna fare qualcosa perché “si è sempre fatto così”, ma perché “serve a…”.
Due punti di vista differenti, un mondo in mezzo.
Vi lasciamo con una frase che vuole essere un enorme spunto di riflessione:
“Qual è lo scopo dell’allenamento? Il benessere psico-fisico dell’atleta”
(Giovanni Mauri)
Credit Immagini: “Football decoded: Using Match Analysis & Context to Interpret the Demands”, di Paul Bradley
Foto: https://www.dailyadvent.com