Obiettivi della programmazione: la categoria Allievi
Nell’articolo di oggi andremo a vedere uno stralcio tratto dal mio ebook “Cronache da un rettangolo verde: una stagione con gli Allievi (stagione 2016/17)” e che potete acquistare sullo store di Ideacalcio. All’interno dell’ebook, oltre alle varie considerazioni ambientali (il contesto in cui si è operato e le caratteristiche della categoria) sono presenti tutte le 116 sedute d’allenamento svolte con la categoria U17 durante la stagione 2016/17.
Rispetto alla categoria Giovanissimi, in cui i ragazzi prestano all’allenatore una fiducia quasi incondizionata (almeno inizialmente), con la categoria Allievi è più facile imbattersi in alcuni elementi/giocatori che dimostrano una certa diffidenza, pronti magari a commentare con perplessità o scetticismo un’esercitazione o una scelta del tecnico.
Anche per questa ragione consiglio sempre all’allenatore di portare sul campo solo ciò che conosciamo e comprendiamo realmente, senza improvvisarsi in esercitazioni che potrebbero finire per farci perdere di credibilità agli occhi dei nostri stessi giocatori.
Un sedicenne attraversa oggi giorno una delicata fase dell’adolescenza. Se da sempre infatti, in questa fascia d’età, il ragazzo manifesta numerosi interessi “extra-sportivi”, non si può negare che l’avvento preponderante dei social network, ad esempio, sia un fattore di disturbo. L’affermazione di un adolescente pare oggi non misurarsi dal suo rendimento sportivo o scolastico, bensì dal numero di “like” e “follower” su Instagram, Facebook o Tik Tok. L’esigenza di apparire distrae molti ragazzi dalle cose che dovrebbero essere importanti per davvero. Il dialogo e lo spirito di aggregazione sono valori difficili da ritrovare e trasmettere nelle nuove generazioni, quasi sempre impegnate a navigare con lo smartphone o ad ascoltare musica pur di non comunicare coi propri coetanei.
Impossibile non parlare di dati sconfortanti per il nostro Paese, che s’attesta tra i primi posti in Europa per il numero di adolescenti che abbandonano qualsiasi tipo di attività sportiva e all’ultimo per ore di sport praticate a settimana dai ragazzi di 15 anni. Cercando di trovare una possibile giustificazione, ho chiesto alla squadra di indicarmi alcune possibili cause dell’abbandono allo sport e una delle risposte che mi freddò il cuore fu: “Quando a sedici anni capisci che non puoi sfondare nel professionismo, è giusto che smetti. Non ha più senso continuare”. Lo stupore fu talmente grande che persino qualche compagno lo guardò “storto”.
A prescindere dalla categoria con cui ci rapportiamo, il nostro ruolo ci impone di insegnare non solo i fondamentali del gioco del calcio, ma anche di continuare a trasferire valori umani importanti, che aiutino i ragazzi di oggi a trovare nello sport quello spirito di aggregazione che pare essersi perso in molti casi.
Se il dialogo è da sempre un aspetto in cui credo fortemente nel rapporto allenatore-giocatore, rispetto ad un Giovanissimo, ho constato una disponibilità maggiore nella categoria Allievi. Se da un lato è vero che gli elementi più introversi fatichino a far uscire le parole, a prescindere dall’età, dall’altro è altrettanto vero che ho trovato spesso uno scambio di opinioni che mi ha permesso di capire il loro punto di vista.
Una delle possibili difficoltà della categoria potrebbe diventare la gestione dello spogliatoio e del singolo elemento. I motivi possono essere legati ad un trascorso calcistico molto lontano da quella che può essere la nostra filosofia di gioco, A differenza di un Giovanissimo, che è ancora molto malleabile, un Allievo può avere alle spalle anche 8-10 anni di calcio (dai 5 ai 15 anni) che, inevitabilmente, possono creare preconcetti e carenze difficili da eliminare.
In alcuni giocatori, nel pieno dell’adolescenza e degli sbalzi ormonali, si possono osservare irritabilità (che potrebbe sfociare sia in allenamento che in gara) e talvolta scarse motivazioni, figlie magari di altri interessi.
Se di seguito trovate una tabella che individua gli obiettivi educativi e didattici della categoria Allievi – che mi era stata consegnata anni fa da una società professionistica – successivamente cercherò di spiegare brevemente il mio punto di vista a riguardo.
Obiettivi Educativi | Obiettivi didattici |
Area affettivo-sociale:
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Educazione alla fatica assieme ai compagni, saper superare le situazioni difficili |
Area cognitiva:
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In generale:
Aspetti offensivi:
Aspetti difensivi:
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Area motoria:
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Tecnica:
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Saper fare individuale | Saper fare in collaborazione |
In generale
Difensori
Centrocampisti
Attaccanti
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In generale
Difensori
Centrocampisti
Attaccanti
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La mia idea di preparazione pre-campionato, ad esempio, o meglio, di periodo pre-agonistico come lo preferisco chiamare, si discosta decisamente dall’idea dell’allenamento tradizionale a blocchi e comportamenti stagni.
E’ impensabile che quel primo mese di lavoro possa servire per mettere benzina nelle gambe e pedalare fino al termine della stagione, come invece ancora qualcuno si sostiene.
Questa prima parte di stagione assume sì una valenza importantissima (soprattutto nel settore giovanile) ma per altri motivi:
- Possibilità di lavorare con doppie sedute, mattina e pomeriggio.
Osservazione: in tal senso, proprio all’interno dell’ebook e nella stagione descritta, sono state organizzate alcune doppie sedute. E’ piuttosto banale sottolineare come, un conto sia svolgerle in ritiro, al fresco e in un ambiente che permetta ai ragazzi di rilassarsi tra una sessione e l’altra, un altro è farlo non disponendo delle condizioni precedenti.
E’ vero che è comunque un modo per conoscere meglio i ragazzi, per osservare come interagiscono tra loro e per predisporre magari alcuni colloqui individuali, ma ricordo quelle doppie sedute per il gran caldo e per l’assenza di alcuni confort (anche banali) che resero quelle sei sedute un po’ stressanti.
- Possibilità di organizzare pranzi da condividere tra i membri della squadra e dello staff;
Osservazione: i momenti a tavola sono una buona opportunità per conoscersi e per stringere relazioni che aiuteranno i giocatori anche dentro al terreno di gioco. Riuscire ad osservare come i membri della squadra interagiscono tra loro, le amicizie o i legami meno forti, sono punti chiave per l’allenatore.
- Come conseguenza dei punti precedenti, maggior tempo da passare assieme per conoscersi;
- I ragazzi non vivono lo “stress” della scuola e di conseguenza hanno un’attenzione maggiore;
Osservazione: negli anni, anche con la categoria Giovanissimi, ho sempre osservato questo aspetto. Non appena inizia la scuola alcuni giocatori soprattutto nelle prime settimane, hanno cali di rendimento più o meno evidenti. E’ comprensibile. Alcuni si svegliano molto presto per andare in scuole lontane mentre altri vengono assorbiti dallo stress dei compiti e delle consegne da rispettare.
Per questi fattori l’allenatore dovrebbe sfruttare il tempo a disposizione per far acquisire ai giocatori quei primi principi di gioco che saranno i capisaldi del nostro modello di gioco (insieme di comportamenti di una squadra che ne definiscono l’organizzazione in ciascuno dei momenti del gioco) ideato dal tecnico.
Personalmente ho smesso di credere nelle “tabelle precampionato” molti anni fa e all’interno di questo ebook non ne troverete. Se è vero che il calciatore deve essere innanzitutto un atleta (almeno ad alto livello), credo sia opportuno chiederci: un atleta destinato a cosa? Giocare a calcio!
Che ci crediate o no, la squadra sfiorò quell’anno la vittoria del campionato (sfuggita per un solo punto) non svolgendo nessuna corsa a secco. Questo non perché il lavoro a secco sia sbagliato, ma perché, essendo quasi sempre da solo sul campo, ho preferito affidarvi a ciò che conoscevo meglio: il gioco.
Seppur si possano trovare sul web varie programmazioni e sedute d’allenamento complete (come nel caso di questo ebook), il consiglio che do all’allenatore è quello di porsi sempre delle domande (facendosi aiutare in tal senso dallo staff dove presente). La stessa programmazione non potrà certamente calzare perfettamente per due squadre di Allievi, questo perché le competenze degli allenatori sono differenti, così come i giocatori a disposizione e l’ambiente operativo.
Ciò su cui mi sono sempre concentrato, settimana dopo settimana, è stata la preparazione in vista della successiva gara. La squadra doveva arrivare pronta, tecnicamente-tatticamente-fisicamente e mentalmente alla prossima partita. “Nulla più”.
Se l’allenamento centrale della settimana è a mio modo di vedere sempre il più intenso, non solo in termini condizionali ma anche di volume di principi (=alti livelli di concentrazione richiesta), come ho accennato in precedenza, la guida del processo d’allenamento è sempre stato il modello di gioco. A livello metodologico l’idea è quella di stabilire un ordine di importanza (gerarchizzare=non tutti i principi hanno la stessa priorità) e di iniziare da ciò riteniamo prioritario. L’errore che possiamo commettere è quello di scaraventare sopra ai giocatori un volume di principi eccessivo, che finisce per rallentare i processi decisionali invece che velocizzarli (che dovrebbe essere invece l’obiettivo).
Seppur sia convinto che alcuni principi siano inderogabili per la mia squadra (stiamo pur sempre parlando di settore giovanile, con la concreta possibilità di migliorare i giocatori), l’osservazione delle caratteristiche degli elementi a disposizione e la conoscenza del loro passato, saranno punti chiave per l’allenatore. Un esempio concreto accadde con un elemento che giocava con noi come sotto età e che era arrivato solamente da un anno, provenendo in precedenza da una piccola realtà. La sua idea di calcio, fino a quel momento, era: “lanciatemi, io corro e segno“.
Durante la stagione mi interrogai molte volte su cosa fosse meglio per lui: se continuare a sfruttare le sue caratteristiche o se provare ad arricchirlo con altri principi (se vogliamo, e passatemi per favore il confronto, fu un po’ quello che Marco Giampaolo provò a fare con Krzysztof Piatek nella sua avventura al Milan). L’idea era quella di farlo partecipare maggiormente alla manovra ma l’esito alcune volte risultò davvero poco fruttuoso. A distanza di anni ancora mi chiedo se non fosse meglio valorizzare il ragazzo per ciò che realmente sapesse fare, ma quando a volte lo ritrovo (oggi 20enne) mi dice sempre: “sei stato l’unico mister che abbia provato ad insegnarmi a giocare a calcio”.
Questa postilla non vuole essere un momento autoreferenziale, quanto piuttosto raccontare di come i giocatori, soprattutto crescendo, riescano quasi sempre a riconoscere se siamo lì per loro, per migliorarli, o per noi stessi.
In ultimo, ma non meno importante, un appunto anche sulla necessità di mantenere un linguaggio decoroso all’interno degli impianti (campo di gioco/allenamento e spogliatoi). Nonostante io non sia un cristiano praticante e viva in Veneto (per “tradizione” una delle regioni dove la bestemmia viene da alcuni utilizzata al posto della virgola), credo nel mantenere un linguaggio consono all’età dei ragazzi che alleniamo. Se con l’u14 non ho mai avuto problemi in tal senso e con l’u15 sono state rarissime le occasioni in cui ho dovuto ricordare di mantenere un certo decoro, con l’u17 spesso non c’è stato verso. Nonostante fossero state inserite delle multe che scattavano per somma di bestemmie, 3-4 elementi hanno finito per portare da mangiare non so nemmeno quante volte. Così, tra compleanni, primo gol stagionale, portiere che para rigore e pegni da pagare, si finiva per mangiare in compagnia quasi ad ogni allenamento.
Foto di Phillip Kofler da Pixabay