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L'Angolo del Fisioterapista

L’Angolo del Fisioterapista: Lo Stretching, di Giuseppe Bellin

26 Gennaio 2018

L’Angolo del Fisioterapista: Lo Stretching, di Giuseppe Bellin

E’ con grande piacere, dopo un lungo “corteggiamento”, che sono oggi ad inaugurare una nuova rubrica su Ideacalcio. In questa rubrica si parlerà principalmente di Prevenzione e di Ritorno alla Performance.

La rubrica sarà curata dall’amico Giuseppe Bellin. Con Giuseppe ci conosciamo da qualche anno e di lui ho sempre apprezzato e stimato competenza e professionalità. Il suo curriculum parla da solo…

Fisioterapista e dottore in scienze Motorie, con esperienza come preparatore atletico in settori giovanili professionistici. Specializzato in fisioterapia ortopedica/sportiva, nella riabilitazione post intervento al crociato anteriore e delle lesioni muscolari. Come percorsi formativi ha scelto di puntare sulla qualità, per questo sta seguendo corsi specifici, con docenti riconosciuti a livello internazionale e specializzati in argomenti come la pubalgia, il ginocchio patologico, le lesioni muscolari, ecc.

Nel primo articolo di questa rubrica Giuseppe ci parlerà di un argomento sempre d’attualità, lo Stretching.

Parliamo oggi di un argomento che ha sempre causato accese discussioni: lo Stretching.

Prima di tutto facciamo una classificazione delle varie tipologie:

  1. Statico: definito come un allungamento massimo consentito sotto soglia del dolore e mantenuto per 15-30’’;
  2. Dinamico: consiste in movimenti attivi controllati fino alla fine del movimento consentito e ritorno, ripetuto più volte. Necessita di un’esecuzione corretta per evitare di incorrere in lesioni muscolari oppure ai tessuti molli articolari;
  3. PNF: o proprioceptive neuromuscolar facilitation, che utilizza il metodo contrazione rilassamento per guadagnare ROM (range of motion) articolare e quindi vincere le restrizioni muscolari che limitavano il movimento.

Fatta questa doverosa premessa, la domanda successiva che spesso viene posta è: Quale devo utilizzare?

Purtroppo non c’è una risposta corretta, anche se molti studi scientifici hanno dimostrato ad esempio che lo stretching statico è incompatibile con una performance di forza.

Tornando ad argomenti più vicino a noi, ossia quale tipo di stretching e quando utilizzarlo:

  1. In fase di riscaldamento, lo stretching da preferire è quello dinamico, perché stimola i muscoli alla prestazione che dovranno compiere. Con la sua caratteristica di lavorare sugli ultimi gradi di movimento, permette di preparare le articolazioni ai movimenti richiesti dalla performance.
  2. Lo stretching statico sarebbe da preferire a termine della prestazione, perché la sua caratteristica principale è quella di rilassare i muscoli agendo sul sistema nervoso e riducendo quindi il tono del muscolo. Tuttavia una considerazione che mi sento di fare è a livello fisiologico: dopo una prestazione i muscoli sono “intossicati” da molte scorie e necessitano di un apporto di sangue per smaltirle e favorire i processi di recupero. Quindi in questo caso utilizzare posizioni di allungamento mantenuto, che riducono il flusso di sangue ai muscoli andrebbe in contrasto con le necessità biologiche del tessuto.

 

Una dovuta considerazione va fatta su quello che vediamo in TV, nei vari riscaldamenti della squadre di serie A: spesso in fase di riscaldamento si assiste all’utilizzo di uno stretching statico, che teoricamente parlando sarebbe controproducente alla prestazione. L’unica cosa che mi sento di dire, è che non è necessariamente vera la regola che perché un TOP team esegue un esercizio/utilizza uno strumento allora è necessariamente giusto. Spesso in questi casi abbiamo a che fare con le credenze dei giocatori, difficili da sradicare, e spesso risulta anche rischioso in termini di rapporto personale cercare di farlo.

L’ultimo punto che vorrei affrontare è un argomento che sta prendendo sempre più piede: l’utilizzo del Foam Roller.

Facciamo chiarezza su qualche punto:

  1. Il suo utilizzo non manipola la fascia: recenti studi hanno dimostrato che per ottenere una deformazione significativa della fascia, ossia il tessuto che avvolge i muscoli, servono ben 980 newton, una forza non generabile da un essere umano, ne da un oggetto esterno.
  2. Può essere utilizzato pre o post attività per migliorare la circolazione sanguigna, come auto massaggio muscolare e quindi cercare di trattare le piccole contratture conseguenti alla performance

 

In conclusione, un consiglio che vorrei dare è quello di promuovere nei vostri atleti una maggiore consapevolezza del proprio corpo e delle sue necessità. Questo risulta difficile da eseguire magari con atleti giovani, ma è un obiettivo da perseguire. In questo modo possiamo evitare i soliti 10’ di stretching in cerchio dove uno comanda e gli altri eseguono a favore di una ricerca della migliore preparazione che ogni atleta necessita. Ogni atleta nel tempo assegnato, si concentrerà  sull’allungamento dei gruppi muscolari che lui “sente” abbiano maggiore bisogno o su quelle zone che sono state valutate essere maggiormente deficitarie.

Grazie!

Giuseppe Bellin

Fisioterapista e Dottore in Scienze Motorie

Credit Immagine: https://pbs.twimg.com/media/Cp0HQaJXgAA7VEH.jpg

 

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