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Tactical Board

La palla lunga

28 Luglio 2020

Tactical Board: La palla lunga

Anche se molte squadre si sono ormai sempre più orientate verso un tipo di costruzione bassa per iniziare la fase offensiva, è utile analizzare anche un altro tipo di approccio, vale a dire quello che poggia su costruzioni meno articolate e sulla ricerca quasi immediata della palla in profondità.

Questo tipo di costruzione solitamente fa seguire ad una iniziale fase sul corto la ricerca della linea difensiva avversaria, al fine di andare a caccia della seconda palla nel secondo campo.

Oltre che per sfruttare le caratteristiche di attaccanti (almeno uno) particolarmente dotati sul piano fisico e magari anche abili nell’indirizzare la palla, con opportune spizzate, in zone prestabilite, questo approccio ha spesso la funzione di riuscire ad evitare la pressione ultra-offensiva avversaria.

Riuscire a catturare il rimbalzo nella metà campo offensiva significa allontanare il pericolo dalla propria trequarti e muovere il possesso in una zona di campo più vicina alla porta avversaria.

Nel corso degli anni varie squadre hanno utilizzato questo tipo di gioco, da intendersi non come un semplice allontanamento della palla (e quindi del pericolo) dai propri ultimi trenta metri di campo (alla maniera della classica “spazzata” del vecchio libero) quanto invece come una scelta tattica ben precisa, volta appunto a sfruttare determinate caratteristiche dei propri giocatori.

Una delle compagini che meglio ha saputo sfruttare questo tipo di approccio è stata la Norvegia di Egil Olsen. Allenatore della nazionale in due riprese, Olsen era discepolo delle idee di Charles Reep, un ex ufficiale dell’esercito inglese che negli anni ’50 fu fra i pionieri nell’applicazione dell’analisi statistica al calcio. Secondo le analisi di Reep, la maggior parte delle reti venivano realizzate dopo azioni offensive di tre passaggi o meno e il 66.67 % dei gol avveniva dopo che la palla veniva recuperata nell’ultimo terzo di campo.

Adottando questo tipo di approccio, con la maggior parte della squadra che rimaneva bassa (prevenendo così eventuali contropiedi avversari) Olsen ha costruito una squadra che, fra il 1993 ed il 1996, ha concesso soltanto un gol da gioco aperto.

In fase offensive l’idea dei norvegesi era primariamente quella di utilizzare difensori come Rune Bratseth, Henning Berg o Stig Inge Bjornebye per giocare la palla lunga verso i riferimenti offensivi al fine di sfruttarne l’abilità nei duelli aerei e la velocità in campo per attaccare rapidamente la profondità.

In particolare, questa tattica trovò interpreti d’eccezione in Tore André Flo e Jostein Flo, attaccante impiegato da Olsen come ala per sfruttarne il mismatch contro i terzini avversari.

https://www.youtube.com/watch?v=HKlR6Fx7osc

In Italia un approccio di questo tipo è stato portato avanti con successo dal Bologna di Renzo Ulivieri, durante il primo biennio di serie A (conquistata dopo due promozioni consecutive) che l’allenatore di San Miniato (Pisa) ha trascorso alla guida della squadra emiliana (dal 1996 al 1998).

La compagine rossoblu poteva sfruttare le capacità dell’attaccante Kenneth Anderson. Lo svedese era infatti abile nella difesa della palla e nello smistamento dei palloni aerei verso i compagni.

L’idea era quella di alternare la costruzione bassa con la palla diretta su Anderson. Tuttavia, a volte la squadra bolognese si impigriva e finiva per sovra utilizzare la palla lunga.

L’altra squadra da segnalare è stata il Cittadella di Ezio Glerean. Il suo 3-3-4 partiva proprio dalla palla lunga per avviare l’azione offensiva e chiamare in causa i quattro riferimenti in attacco. Uno di loro andava a saltare con gli altri tre pronti a cercare di catturare il rimbalzo, aiutati dai tre centrocampisti in posizione più arretrata.

Nel caso specifico del Cittadella (ma il concetto può essere applicabile in generale) il concetto base è che la palla in aria non è di nessuno. Di conseguenza, anche contro squadre che schieravano un numero maggiore di centrocampisti non si determinava necessariamente la fine della fase di possesso.

Una volta recuperata la sfera nella metà campo offensiva, la squadra di Glerean attuava una ragionata gestione del possesso. Idealmente, con palla ad un centrocampista, le opzioni erano quelle che vedevano il passaggio ad una punta che veniva incontro, la ricerca della profondità sull’altra, una giocata verso uno degli attaccanti esterni.

Come si vede, nel calcio sono possibili diversi approcci e tutti possono dare risultati se attuati nel contesto ideale.

Foto: https://www.macomelosai.it

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