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Il Mio Angolo Personale

Dagli Esordienti ai Giovanissimi: un impatto troppo brusco?

30 Marzo 2020

Dagli Esordienti ai Giovanissimi: un impatto troppo brusco?

Nell’articolo di oggi ripropongo aggiornato uno dei pezzi a me più cari, scritto originariamente nel 2016. Da allora sono trascorse quattro stagioni in cui ho senz’altro raccolto ulteriori spunti e considerazioni da aggiungere a questo mio testo.

Tutto nacque da una riflessione che mi fece un collega: “nella categoria Esordienti è una cagata la regola che prevede di far giocare obbligatoriamente tutti almeno un tempo. Stai facendo passare il messaggio che non esista meritocrazia. Devono giocare tutti”.

Pensiero inizialmente un po’ forte da ascoltare, ma riflettendoci il ragionamento aveva un senso.

Parto innanzitutto col dire che il praticare sport è un diritto di tutti i bambini. Tutti dovrebbero avere il diritto di prendere parte alla partita (visto che nel nostro caso stiamo parlando del gioco del calcio), di divertirsi e di giocare.

La regola nasce dal fatto che negli Esordienti (ancor peggio nei Piccoli Amici) per diversi pseudo-allenatori conta solo Vincere. Il come non è argomento che suscita interesse. La Federazione, nonostante abbia provato a favorire un approccio diverso alla competizione, viene talvolta aggirata,  con giocatori che magari scendono in campo solo per pochi minuti prima di essere sostituiti per presunti infortuni.

Se è vero che sul referto arbitrale potrà essere segnalato il non rispetto della regola, mi chiedo, dobbiamo arrivare a questo?

Torniamo però alla provocazione iniziale. In principio pensai che fosse veramente un’affermazione forte, ma più ci riflettevo e più cominciavo a pensare che in fondo un senso ce l’avesse.

“Non è che abituiamo i ragazzi al concetto di: tutto è dovuto? Non è che con queste regole finiamo per fargli capire che, allenandoti bene o male, tanto un tempo lo giocherai comunque?”

Negli ultimi sette anni ho allenato per quattro stagioni la categoria Giovanissimi Sperimentali (oltre a Giovanissimi Regionali, Giovanissimi Professionisti e Allievi Regionali) constatando come i ragazzi vengano catapultati troppo bruscamente dal calcio dell’Attività di Base (“vogliamoci bene“) a quello dell’Attività Agonistica, dove intensità e aggressività diventano fattori piuttosto rilevanti all’interno della prestazione.

Senza voler puntare il dito su chi ha operato nell’Attività di Base precedentemente, ho spesso avuto la netta sensazione che ci si ritrovi davanti  ragazzi non pronti mentalmente ad un calcio molto diverso rispetto a quello che praticavano fino a pochi mesi prima.

Mi son dunque chiesto se questa regola non sia incida, anche in minima parte, su questo aspetto. Non vorrei che stessimo facendo passare il concetto che per giocare non serva impegno e sacrificio. Non c’è forse il rischio di causare una sorta di trauma nel momento in cui, nei Giovanissimi, il ragazzo non entrerà più ad inizio s.t. e magari giocherà 10′ o, peggio ancora, nemmeno scenderà in campo (per qualsiasi motivo)? Non li abituiamo forse a non conoscere la sconfitta e a non reagire davanti alle difficoltà? Non li abituiamo forse a non lottare se vogliono raggiungere un piccolo o grande traguardo? Non gli stiamo forse nascondendo il significato della parola Sacrificio? Non sarebbe forse più corretto, a 12-13 anni, trasmettere il messaggio che per giocare bisogna meritarselo?

Nel corso di questa stagione, giunti in prossimità di fine anno calcistico, ho proposto uno dei tanti questionari, utili ad indagare su molteplici aree. Una delle domande era: quest’anno ho imparato…?

Di seguito vi riporto la risposta di un ragazzo (u14):

“Ho imparato che se vuoi giocare te lo devi guadagnare e dipende soprattutto da te. Si parte dagli allenamenti. L’anno scorso un tempo era obbligatorio e quindi magari all’allenamento pensavi va beh, tanto gioco lo stesso. Invece ora proprio da li parte tutto; come è giusto che sia.”

Per fornire ulteriori dettagli, aggiungo che il ragazzo in questione, fino alla settima giornata, era in grossa difficoltà dal punto di visto dinamico, atletico ma soprattutto mentale. Un giocatore che potrei definire spento. Da fine ottobre il suo rendimento si è semplicemente impennato verso l’alto, finendo per diventare uno di quei giocatori validi per qualsiasi occorrenza.

A dire il vero non è nemmeno stato il solo a fornire questa risposta; un altro paio, con parole diverse, hanno espresso il medesimo concetto.

Non sono quindi domande legittime le mie?

Da un lato c’è il presunto bene del ragazzo, che ha il diritto di praticare sport. Dall’altro c’è una situazione che non premia fino in fondo la meritocrazia e che probabilmente, mentalmente, rallenta la sua maturazione.

Sono però oltre modo convinto che se la Federazione togliesse questa regola, solo una parte degli allenatori continuerebbe a garantire almeno un tempo di gioco a tutti i ragazzi, con una percentuale più grossa, quella legata al risultato, che penserebbe a portare in porto la gara solamente coi più forti.

Anche nella categoria Giovanissimi bisognerebbe garantire spazio a tutti, ma sappiamo che poi in pratica non è purtroppo sempre così, vuoi per demeriti dei ragazzi (scarso impegno durante la settimana) o per l’obiettivo finale: vincere a tutti i costi.

Giunti nei Giovanissimi credo sia fondamentale far passare il messaggio che gioca chi si impegna di più durante la settimana, chi se lo merita. A me piace dire: “la formazione la fate voi, col vostro impegno. Non ci sono altre opzioni”.

Non bastasse il problema “mentale”, aggiungiamoci:

✔️ le dimensioni del campo di gioco. Da un paio di stagioni la FIGC ha deciso di riportare (come in precedenza) l’u13 a giocare 9c9 e non più 11c11. Oltre a ridurre il numero di giocatori, inevitabilmente si sono  ridotti gli spazi. I primi mesi in u14 per più di qualcuno sono abbastanza problematici anche da questo punto di vista. L’adattamento può richiedere tempo, soprattutto in quegli elementi piuttosto tardivi dal punto di vista biologico. La categoria Giovanissimi è probabilmente una delle categorie dove il divario fisico è davvero più notevole (tra le varie squadre e anche all’interno della stessa rosa), a discapito degli elementi a livello condizionale più in difficoltà. Non ne faccio infatti una questione di centimetri, bensì di forza, velocità e resistenza.

✔️ quattro giocatori in più sul terreno di gioco aumentano inevitabilmente la complessità del gioco, seppur un minima parte. Anche se ritengo che questo sia un problema velocemente risolvibile, gli elementi tatticamente più indietro sono quelli che ne possono risentire di più.

✔️ il pallone, dal 4 al 5. Anche il peso del pallone maggiore, soprattutto nei più tardivi, crea ulteriori problemi di adattamento (visibile nella forza che si imprime alla palla).

✔️ il livello maggiore di campionato e avversari. Lasciando per un momento da parte chi milita nei campionati provinciali, partecipare ad un campionato regionale è tutt’altra cosa rispetto ai campionati indetti dalla FIGC per l’u13. Seppur sia stato introdotto il torneo Fair Play e almeno qui in Veneto si cerca di comporre i gironi tra scuole calcio élite, questa è un’altra delle differenze che gli stessi giocatori mi hanno confermato dalla passata stagione. “Gli avversari sono più forti e le partite più impegnative. In generale c’è più agonismo e intensità”. Se lo capisce facilmente un ragazzo, figuriamoci un adulto. Questa comporta inevitabilmente un maggior impegno e una richiesta, in termini tecnico-tattici, fisico-mentali, superiori. Chi magari riusciva ancora a dir la sua nel derby di provincia, a distanza di pochi mesi si trova catapultato in sfide tra le migliori realtà della regione e, all’aumentare del livello, aumentano i problemi. Lo sport è competizione. Credo sia fondamentale che ogni giocatore trovi la propria dimensione per poter esprimere quelle che sono ad oggi le sue reali capacità.

Capitolo genitori. A Maggio vedevano il proprio figlio giocare almeno un tempo. A Settembre gioca 10′ o addirittura non entra. “Ok, ti porto via da qui, quel mister è un imbecille”. Storie di quotidianità. Perché invece non provare a trasmetterli la voglia di lottare, di accettare le decisioni, di provare a “far saltare il banco” col proprio impegno?

Concludo da dove sono partito. Articolo probabilmente “forte” per i concetti che prova ad esprimere ma che vi assicuro parte da un’esperienza personale che, nel corso degli ultimi 7 anni, mi ha visto impegnato per 6 volte nella categoria Giovanissimi. Quello su cui vorrei farvi riflettere non è tanto se sia giusto o meno che un ragazzo partecipi alla gara, quanto come ci arriva e cosa ha “sacrificato” per meritarsi quei minuti. 

Non può bastare essersi presentati all’allenamento per poter sbattere i pugni e dire: merito di giocare.

L’Italia credo sia uno dei paesi meno meritocratici al mondo, non solo nello sport, ma in tutti gli ambiti della vita quotidiana (politica, lavoro, sport, ecc.). Questa regola, nel voler cercare di porre una soluzione ad un possibile problema (allenatori che escludono dalla partita dei ragazzini), ne crea inevitabilmente altri.

Photo by Jack Monach on Unsplash

Commenti

2
  • Giulio Ferro ha detto:

    condivido il tuo pensiero.

    nei piccoli amici e pulcini si deve lavorare senza la pressione del risultato, dando importanza a gesti coordinativi e tecnici che vengono eseguiti dai bambini dopo averli appresi negli allenamenti; la partita serve per far divertire i ragazzi e per rinforzare i gesti acquisiti negli allenamenti. A questo proposito io eliminerei le partitine nella categoria piccoli amici in quanto sono senza senso; il bambino non è in grado di relazionarsi con il suo corpo, figuriamoci con un oggetto estraneo come la palla o con dei compagni.
    Negli esordienti la minestra cambia: innanzitutto si entra in una fase pre adolescenziale in cui è il ragazzo stesso che vuole la competizione e quindi non si puo parlare di partite non competitive, senza graduatorie ne risultato.
    La partita a tre tempi è stata introdotta giustamente per limitare gli
    allenatori che vogliono solo portar a casa il risultato e secondo
    me è funzionale perche ti permette di gestire i ragazzi e farli giocare
    secondo una diversa intensità e con diverse richieste.
    la categoria esordienti dovrebbe però avere un risultato ed una classifica in modo tale che nella fase primaverile ci puo essere una suddivisione equa tra squadre forti e deboli cosicche ogni squadra puo confrontarsi con societa di pari livello senza conseguenti frustrazioni da parte dei ragazzi.
    attualmente uno dei problemi piu grandi è la motivazione nei ragazzi, alla prima difficolta mollano e se non hanno stimoli diversi si stufano; un bel problema per noi allenatori che corriamo ai ripari cambiando continuamente gli allenamenti per interessarli ed appassionarli(una volta mi ricordo che i miei mister mi facevano fare quei 40-50 esercizi per tutto l’anno). io sono convinto che con un risultato ed una classifica il ragazzo lavora in funzione di uno scopo e dunque è piu motivato nello sport.

    Precisazione: Il limite dato dai bambini meno dotati è un problema di allenamento e non di partita, poiche l’intensità dell’allenamento rimane bassa in quanto non tutti hanno lo stesso livello tecnico: la conseguenza è un blocco nella crescita tecnica tattica dei ragazzi piu dotati e delle difficolta future nel salto di categoria.

    complimenti per il sito 😉

  • Luciano ha detto:

    Salve, mi presento brevemente, sono un allenatore di calcio giovanile da circa 12 anni ed avendo sempre allenato le categorie menzionate nel suo articolo (sia a livello provinciale che regionale e addirittura nazionale) mi sento di poter dire che molto dipenda dalla linea che una società decide di seguire. Ci possono essere società che praticano il calcio come attività di aggregazione in sostituzione dei vecchi oratori e che dunque hanno ben donde e ragione a seguire la regola e altresì società che seguono una linea di insegnamento calcistico vero e proprio dove l’obiettivo è quello di insegnare il gioco del calcio sotto tutti gli aspetti, anche quello agonistico-sportivo cosa che cozza in parte con la regola della federazione. Se si è chiari e trasparenti dall’inizio con la linea che si vuole seguire anche il discorso della regola della federazione diviene relativo perchè all’interno della categoria esordienti rimarranno solo chi accetta tale linea e di conseguenza non si avranno problemi (o sicuramente meno) quando si passerà alla categoria Giovanissimi. Per quanto riguarda il diritto di ogni bambino a praticare lo sport questo è sacrosanto ma è ben diverso dal diritto di giocare la partita al sabato o alla domenica. Personalmente ritengo che il bambino o ragazzo abbia il diritto, una volta iscritto ad una società, ai servizi promessi e che gli venga insegnato il gioco del calcio, e questo avviene durante gli allenamenti, non c’è scritto da nessuna parte che abbia il diritto di giocare la partita al sabato o alla domenica. Ritengo che, sempre previa informazione, ad inizio anno una società debba informare i genitori che la retta che fa pagare è relativa ai kit, ai servizi e agli allenamenti settimanali ma non necessariamente alla partita. Questo è quello che avviene in ogni sport..ad esempio uno paga per le lezioni di tennis (diritto) ma non ha diritto a giocare il torneo di tennis…al nuoto, uno paga perchè il ragazzo venga istruito alla pratica del nuoto (diritto) ma non per partecipare alle gare etc…Credo che tutto sia nelle idee chiare della società e dell’informazione che questa da agli interessati. cordiali saluti

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